Matteo Pugliese è ricercatore in sicurezza internazionale e analista senior dell’organizzazione lituana Debunk, ONG lituana fondata nel 2018 da Viktoras Daukšas, che dopo l’occupazione russa di Crimea e Donbass nel 2014 ha iniziato a collaborare con il portale di notizie dei Paesi baltici “Delfi” per smontare la disinformazione del Cremlino.

Tempo fa l’Italia era già finita sulle pagine della rivista statunitense Foreign Policy e del Guardian per la presenza di propagandisti russi. Perché l’Italia è tra i paesi più ben predisposti a credere alla propaganda?
La mia ricerca pubblicata nel 2023 sulla presenza di propagandisti russi sui canali televisivi come La 7 e Rete 4 ha in effetti avuto più visibilità all’estero che in Italia, dove la disinformazione russa ha trovato un terreno fertile e manca la percezione del problema per varie ragioni: un lavoro approssimativo di autori televisivi e stampa, il disinteresse di parte dell’opinione pubblica e delle istituzioni. Qui giocano un ruolo importante fattori come la bassa alfabetizzazione funzionale e digitale, ma anche le simpatie di lunga data per la Russia, che abbracciano settori dell’estrema destra e sinistra in un asse rossobruno.

Come vede i rapporti USA-Russia-Europa? Si ripeterà ancora lo schema per cui si dichiara che si è vicini ad un accordo di pace per poi cercare un risultato sul campo di battaglia?
Quello emerso dalle rivelazioni di Bloomberg è un caso preoccupante di asservimento dell’amministrazione Trump ai desiderata del Cremlino, per cui la piattaforma negoziale non è veramente mediata dalla Casa Bianca, che si limita a imporre tramite Steve Witkoff le condizioni dettate da Putin all’Ucraina, senza fare pressioni sulla Russia. L’Europa considera tali condizioni inaccettabili e hanno proposto un quadro alternativo, ma non ha la forza politica per imporlo. Il presidente russo è stato chiarissimo nelle sue ultime dichiarazioni: se l’Ucraina non rinuncia ai propri territori ce li prenderemo militarmente. Quindi non è disposto a un compromesso. Gli Stati Uniti hanno fatto capire di non essere un garante credibile della pace e della sicurezza in Ucraina, come già avevano assicurato nel 1994 con il memorandum di Budapest, e hanno persino messo in discussione l’articolo 5 della NATO. Mentre l’Europa è riluttante e forse incapace di sostituire l’assenza americana.

Cosa spinge maggiormente un occidentale a schierarsi dalla parte di Putin, a definire guerrafondai l’Europa e nazista l’Ucraina?
La guerra cognitiva del Cremlino non è iniziata nel 2022, è da un decennio che le narrazioni strategiche russe vengono inoculate nella percezione occidentale, talvolta sfruttando e ingigantendo questioni reali ma di scarsa rilevanza, talaltra inventando di sana pianta tesi infondate e disseminando disinformazione per inquinare il dibattito. Questa propaganda ha più successo dove trova una predisposizione mentale, tra quelle persone che vogliono sentirsi dire quelle cose per ideologia, che sia antiamericana o di nostalgia sovietica. La manipolazione russa ha la capacità di coltivare allo stesso tempo narrazioni opposte e contraddittorie: da una parte si afferma che l’Europa e l’Ucraina hanno perso i valori tradizionali e sono schiave dell’ideologia Lgbt, ma allo stesso tempo si dice che in ucraina governino in nazisti e sia necessaria una nuova lotta antifascista contro gli europei. Questi messaggi attraggono militanti di estrema destra e simpatizzanti reazionari, ma anche attivisti antifascisti di sinistra che odiano la comunità euroatlantica e vedono nella Russia putiniana un erede dell’Unione Sovietica.

Che norma servirebbe a livello europeo per contenere l’informazione dilagante soprattutto sui social? Impedire la registrazione a profili fake potrebbe essere d’aiuto?
Il divieto di canali di disinformazione del regime come RT e Sputnik è solo la punta dell’iceberg. I siti della rete Pravda non sono banditi dall’Unione Europea e continuano a generare con l’IA migliaia di articoli basati su fonti false. Pravda è al centro delle campagne di propaganda russa e la versione italiana del sito ha rilanciato un’intervista del Fatto Quotidiano ad Alessandro Orsini. Recenti analisi hanno dimostrato che gli articoli hanno pesantemente contaminato anche le risposte date da tutte le principali chatbot di IA sul mercato, con informazioni false e fatti distorti. Sui social continuano le operazioni con account bot automatici, ma a mio avviso l’impatto sugli utenti reali resta limitato. Sono stati fatti passi avanti importanti con il Digital Services Act e la regolamentazione delle piattaforme durante i processi elettorali, ma non sempre i social network, X di Musk e TikTok in testa, si attengono alle richieste di rimozione dei profili fake, dei contenuti di odio, delle teorie cospirative e dei materiali generati con l’IA. A mio avviso le due priorità sono la disciplina dei contenuti di IA e una maggiore reattività delle piattaforme alle richieste dei governi.

Secondo lei Trump è davvero “affascinato” dalla figura di Putin oppure tenta solo in tutti i modi di separare la Russia dalla Cina, dimostrando però il proprio disinteresse per la causa ucraina?
Credo che Trump sia affascinato dal modello di leadership rappresentato da Putin, la stessa fascinazione per l’uomo forte e il maschio Alfa che rende il dittatore russo apprezzato tra i nostalgici italiani del fascismo. Ma c’è di più, Trump è affascinato dal modello economico clientelare e oligarchico russo, che vorrebbe replicare sotto la sua amministrazione negli Usa, usando la presidenza per fare affari miliardari, come la sua criptomoneta acquistata dagli Emirati, i contratti milionari firmati da società di suo figlio e suo genero con il Pentagono per droni o con la Serbia per edilizia di lusso. Alla Casa Bianca c’è anche l’idea di separare Mosca e Pechino – per ora fallita – ma non è la priorità che guida le decisioni di Trump, che ha dimostrato un approccio affaristico e predatorio nei confronti dell’Ucraina come dimostra l’accordo sulle terre rare. Il suo vice, Vance, ha esplicitamente detto di non aver alcun interesse alle sorti di Kyiv, mentre i partner europei e Zelensky ripongono qualche speranza nel Segretario di Stato Rubio, che tuttavia non si è speso a fondo per timore di finire come Rex Tillerson o John Bolton nel primo mandato.

Situazione fact-checking in Italia, cosa c’è da migliorare?
In Italia ci sono varie organizzazioni e media che fanno attività di fact-checking e debunking, soprattutto sui contenuti diffusi online, ma ritengo che l’impatto di questa attività resti limitato per una serie di fattori. In primo luogo, la propaganda russa online si rivolge a delle bolle comunicative o camere di eco di persone che vogliono sentirsi dire certe cose e attiva meccanismi di bias di conferma, per cui la smentita non è efficace con loro. Inoltre, il maggiore problema riguarda la disinformazione e la misinformazione diffuse in tv da ospiti a cui i giornalisti non sono in grado di ribattere per impreparazione sui contenuti. La tattica più usata dai propagandisti è il cosiddetto “galoppo di Gish”, un metodo retorico che travolge l’interlocutore con una serie di affermazioni date per vere, ma che richiederebbero tempo per essere smentite, tempo che spesso non c’è nei talk show.

Come difendere l’Europa e le democrazie dalle autocrazie?
Si dice spesso che le democrazie combattono con una mano legata dietro la schiena perché per ragioni politiche ed etiche non possono permettersi di usare tutti i metodi disinvolti o persino scorretti e criminali impiegati dai regimi nella guerra ibrida. Tuttavia, in Europa e in Italia si sta finalmente aprendo il dibattito su quale sia il limite di questo perimetro. L’intervista al Financial Times del capo militare della NATO, l’ammiraglio Cavo Dragone, ha scatenato una reazione violentissima da parte di una certa stampa, a cominciare da La Verità e dal Fatto Quotidiano, che hanno maliziosamente travisato e distorto le sue parole. L’ammiraglio si riferiva evidentemente ad una strategia proattiva ed assertiva in campo cyber e di guerra ibrida, con attacchi preventivi alle infrastrutture digitali e ai gruppi hacker che compiono le incursioni per conto di Mosca, non suggeriva di certo un attacco convenzionale preventivo alla Russia da parte della NATO. Anche a livello politico si sono alzate voci contro le sue dichiarazioni da parte della Lega e del Movimento 5 Stelle, entrambi partiti che hanno in passato intrattenuto stretti rapporti con il regime russo. La Francia e il Regno Unito hanno già compreso che sulla guerra cognitiva non basta limitarsi a parare i colpi ma occorre passare al contrattacco, proponendo una propria narrazione che metta in crisi le menzogne del Cremlino. L’Italia è invece ostaggio di partiti e stampa complici della manipolazione russa, con un governo ancora troppo timido su questi temi.

Annalina Grasso

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