Francesco Alfieri non fa sconti, e da Friburgo non si risparmia di fronte all’ascesa mediatica e politica di Donatella Di Cesare. D’altronde il filosofo è discepolo di Oriana Fallaci, con cui ha intrattenuto importanti rapporti, e lo stile franco è un lascito che custodisce gelosamente. Alfieri ha conosciuto Di Cesare tramite i suoi scritti, e perciò mette in guardia dalla strumentalizzazione della cultura come trampolino di lancio per altri fini.

Professor Alfieri, a marzo 2024 era stato tagliente: «Donatella Di Cesare sfrutta lo spazio mediatico, è in cerca di visibilità». Dopo poco più di un anno la ritroviamo capolista di Avs in Calabria. Ci aveva visto lungo…

«Non c’è da meravigliarsi. Molti cattedratici, per sbarcare il lunario, utilizzano le loro cattedre come trampolino di lancio in politica o “vendono” le loro idee pseudocattoliche ai giornali cattolici per accreditarsi: o in politica o sotto il potere della Chiesa, cercano delle ali per ricollocarsi. Le cattedre spesso sono solo delle coperture per fini carrieristici. Nello specifico Di Cesare, andando tra poco in pensione alla soglia dei 70 anni, cerca l’àncora della politica per sopravvivere mediaticamente».

E spesso si esagera. È già stato rimosso lo scandalo per il tweet con cui rendeva omaggio alla brigatista Balzerani?
«Ha messo in imbarazzo e in difficoltà la Sapienza, sede d’insegnamento di Aldo Moro. In poche parole ha calpestato il suo sacrificio. Per cancellare questa uscita vergognosa è bastato parlare di Palestina e attaccare Israele, ed è diventata la nuova eroina dei pro-Pal. Il gioco è fatto».

Insomma, Di Cesare è l’ennesimo personaggio politico «costruito» dalla tv?

«Quando ascolto Di Cesare in tv mi viene in mente subito il pamphlet intitolato Cattiva maestra televisione, nella quale Popper metteva in guardia dal mezzo televisivo e faceva emergere come quei salotti culturali – in cui Di Cesare siede comodamente – siano dominati dall’incessante intrattenimento di massa. Lei incarna proprio la figura della cattiva maestra, rappresentante di una cultura ideologica e strumentale. Di Cesare ha voluto sempre combattere delle ideologie, ma ne ha creata una che è più grave e di cui si macchiano anche molti intellettuali di oggi».

Ovvero?

«L’autoreferenzialità e, di conseguenza, la mancanza di strumenti per un confronto fondato sull’ascolto. Solo monologhi. I salotti televisivi servono per costruire la celebrità di una persona, e dai discorsi di Di Cesare emerge una forma di pericolosità della manipolazione della cultura, ormai diventata più uno strumento di battaglia che una via per il pensiero. Basterebbe analizzare la sua carriera scientifica…».

A cosa fa riferimento?

«Ricordo ancora quando nel 2014 uscirono le prime raccolte dei Quaderni Neri di Martin Heidegger: Di Cesare tuonava sull’antisemitismo del filosofo tedesco. Già allora si poteva toccare con mano la strumentalizzazione che lei fa del linguaggio di Heidegger, ridotto e rinchiuso in chiave politica, soprattutto sulle presunte affermazioni contro il popolo ebreo. Ha sempre cavalcato l’onda della strumentalizzazione, contribuendo a distruggere – in Italia e altrove – l’eredità culturale di Heidegger».

Addirittura. Questa mi sembra un’accusa esagerata, forse è un po’ troppo ironico…

«Assolutamente no, sono serio. Attualmente vivo in Germania e mi accorgo della difficoltà che molti studenti e ricercatori affrontano per continuare a portare avanti le proprie ricerche su Martin Heidegger. È impossibile poter accedere al linguaggio di Heidegger se non si conosce tutto il sostrato della sua formazione culturale; senza ombra di dubbio è un linguaggio nuovo che non può essere utilizzato per strumentalizzazioni politiche».

Torniamo alla candidatura. La sinistra punta su Di Cesare, ma lei ha mai avuto a che fare con la politica?

«Ora Di Cesare punta sulle sue “radici”, ma la sinistra ha sempre disprezzato questo termine perché lo ha banalizzato ideologicamente. Lei ha dovuto ripiegare sulla Calabria perché forse era l’unico spazio in cui poteva trovare posto una sua candidatura. Non so quale sia il suo progetto politico, ma una cosa è certa».

Mi dica.

«Fino ad oggi le sue affermazioni pubbliche sono imbarazzanti e provocatorie. Figuriamoci quali potrebbero essere i suoi interventi in politica. Se un giorno venisse a mancare tutta l’“apparecchiatura” dei talk show – che promuovono le sue provocazioni pur di fare ascolti – rimarrebbe ben poco».

Il suo parere franco su Di Cesare non lascia ombra di dubbio. Ora però provi a scommettere: riuscirà a strappare un seggio o farà flop?

«Quella insignificante sinistra, che ancora sopravvive sotto le ceneri, avrebbe dovuto impedirne la candidatura. Qualcuno mi spieghi quale idea o pensiero di sinistra incarni Di Cesare. Togliamo slogan e tweet: rimane solo il moralismo di chi sentenzia su tutto e tutti. Non vedo futuro in questa candidatura. E non potrà che far schiantare ancora di più la sinistra».