Sulla carta, anche se lo spoglio finirà quasi all’alba, è un pareggio tondo. Non c’è stata la spallata della Lega in Toscana. E neppure quella di Fratelli d’Italia in Puglia. Su sei regioni contese tre vanno al centrodestra e tre al centrosinistra. Ma mai s’è visto un pareggio con così tanti vincitori e vinti e per di più mescolati da una parte e dall’altra. Trasversali. Tanto che, alla fine, l’unico vincitore potrebbe essere colui che non è sceso in campo: il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Dopo il sonoro “vaffa” preso a metà agosto all’appello per l’alleanza locale Pd-M5s (che però sono andati divisi), non ha più voluto voluto soffermare lo sguardo sull’election day regionali-referendum. Il premier ha pensato bene invece di blindarsi in Europa con la promessa della ripartenza post pandemia grazie ai soldi del Recovery fund, ha trovato la presidente Ue Ursula von der Leyen alleata e ha lasciato che i partiti della sua maggioranza e dell’opposizione si scannassero in una campagna elettorale noiosa, strana, inedita, con pochi contenuti.
Le urne chiuse alle 15 consegnano, però, anche un secondo vincitore: l’assemblea degli elettori. L’affluenza ha raggiunto una media del 53 per cento in tutte le regioni per il referendum (il più votato degli ultimi anni) con picchi superiori al 60% (Toscana) nelle regioni chiamate al voto. Nonostante l’inedita campagna estiva, l’allarmismo sul Covid e la temuta stanchezza degli elettori dopo due anni e mezzo di campagna elettorale permanente, la gente ha voglia di politica. E questa è forse la notizia più bella. Prima di analizzare l’eventuale vittoria di Conte, è necessario valutare le tante facce di questo insperato, da qualunque parte lo si voglia vedere, pareggio. Delle sei regioni al voto (più la Valle d’Aosta che per meccanismi di voto legati all’autonomia fa storia a sé) il centrosinistra perde le Marche (è la prima volta in settant’anni) ma conserva la Campania (unico risultato sempre stato sicuro), la Puglia e la Toscana fino all’ultimo date per incerte. Anzi, adesso si può dire, i sondaggi negli ultimi giorni continuavano a dare il testa a testa in Toscana tra Eugenio Giani (centrosinistra) e Stefania Ceccardi (centrodestra) e Michele Emiliano, governatore uscente della Puglia del centrosinistra, addirittura tre punti dietro Raffaele Fitto, l’ex berlusconiano poi passato nelle file di Fratelli d’Italia.
Fratelli d’Italia mette a segno il risultato nelle Marche ma perde in Puglia (Acquaroli e Fitto erano entrambi suoi candidati). Forza Italia perde la sfida in Campania con Stefano Caldoro schiacciato al 18%. Salvini perde quella in Toscana ma la Lega, anzi Zaia, incassa percentuali bulgare in Veneto (76%). E la vittoria di Giovanni Toti in Liguria con “Cambiamo” (“mai il centrodestra è stato così avanti in Liguria”), movimento nato da una costola di Forza Italia, diventa quasi un case history nell’area del centrodestra per un modello di destra moderna, europea, che sa governare. Tra pandemia e crollo e ricostruzione del ponte Morandi, il governatore Toti ha saputo governare.
Il risultato secco consegna un paese a maggioranza di centrodestra che però il centrodestra non riesce a governare: nel 2018 il centrosinistra governava in 15 regioni su venti; due anni e mezzo dopo, che coincidono con quelli di questa strana legislatura, la situazione è speculare e invertita. L’unica cosa che resta uguale a se stessa è Giuseppe Conte. Ma ci arriviamo tra un po’. Si diceva di un pareggio, un 3 a 3, che però ha da raccontare un sacco di cose. E divide il campo in vincitori e vinti spesso mescolati nei tre poli parlamentari. Il Pd tiene nel consenso, anzi cresce, e porta a casa risultati insperati. Per il segretario Zingaretti questa è certamente una vittoria. Resta da vedere se è merito della linea politica della segreteria. O dell’ennesima apertura di credito che l’elettorato di centrosinistra ha garantito al suo partito. Una mobilitazione effetto solo del rischio destre. Oppure il riconoscimento per come Toscana, Campania e Puglia sono state governate in questi mesi difficili. «Siamo vincitori, ha vinto una squadra, una comunità, una passione che ci abbiamo messo tutti. Non si vince mai da soli ma insieme. Io odio l’io e amo il noi», è stata la prima dichiarazione di Nicola Zingaretti. Nelle chat dei parlamentari Pd ieri sera girava un breve video del segretario sorridente con la mascherina tra la folla.
Colonna sonora: “Io sono ancora qua”, Vasco Rossi. «Nelle Europee del 2019 il Pd in Toscana è arrivato al 33%. Un anno dopo e due scissioni dopo, siano al 35%: un eccellente risultato», ha dichiarato ieri sera il segretario regionale del Pd Simona Bonafè. Che doveva essere candidata ma poi decise di restare all’Europarlamento. Di sicuro il 3 a 3 rinvia al momento ogni progetto di congresso del Pd. Non è un mistero che nelle ultime settimane le correnti, da Base riformista a Orlando e Orfini, abbiano fatto trapelare, a volte con vere e proprie dichiarazioni, il proprio dissenso rispetto a una segretaria giudicata “subalterna” al Movimento 5 Stelle. Il congresso del Pd resta al momento congelato. Perché la “vittoria” che poi è un pareggio ma sarebbe anche una sconfitta visto che è stata persa un’altra regione “rossa”, dovrà presto fare i conti con l’azione di governo. Tempo 48 ore e le correnti del Pd torneranno a spingere Zingaretti a essere “più incisivo”, “meno timido” e farsi “rispettare dall’alleato”. Cioè il Movimento 5 Stelle. Che, referendum a parte, esce parecchio malconcio da questo election day visto che galleggia intorno al 10 per cento.
Anche la famosa “alleanza strutturale Pd-M5s” ha perso: nell’unica regione in cui è uscita, la Liguria, il candidato-esperimento Ferruccio Sansa, giornalista del Fatto quotidiano, è stato staccato di quindici punti percentuali da Toti. Nelle Marche il candidato grillino Gian Mario Mercorelli si è fermato all’8,8%, Acquaroli (cdx) è arrivato al 48 e Mangialardi (csx) al 37,3. I numeri dicono che un un’unica candidatura avrebbe sfidato testa a testa il vincitore Acquaroli. Meglio in Campania e Puglia: Valeria Ciarambino ha raggiunto il 13,1 e Laricchia, in Puglia, è arrivata all’11,1. Troppo poco visto che in Campania Luigi Di Maio aveva scatenato tutta la sua potenza di fuoco e in Puglia ha fatto il suo ritorno sulla scena politica addirittura Alessandro Di Battista. Persino la vittoria netta del Sì al referendum sul taglio dei parlamentari, è stata insufficiente per coprire la netta perdita di consenso. Ora abbiamo davanti in maniera plastica il paradosso di un Movimento anticasta che governa il paese dal palazzo ma non dal territorio. Agli Stati generali per ridare un assetto al Movimento. Di Maio si ripropone come leader. La scissione resta nell’aria.
Tutto questo dovrebbe nel breve periodo consentire a Zingaretti di bussare alla porta di Conte e passare all’incasso su due o tre dossier: Mes, immigrazione, riforme. Quelle che mancano per evitare che il taglio dei parlamentari diventi un arretramento di democrazia e rappresentanza. Anche nel centrodestra ci sono vincitori e vinti. Uno più di tutti: Matteo Salvini. Nonostante il cambio di registro nella campagna elettorale – più istituzionale e meno sovranista – la spallata in Toscana è fallita. Ha fatto paura, Susanna Ceccardi è arrivata al 40 per cento, otto punti meno di Giani ma una decina in più delle Europee del 2019. Più in generale i risultati di Ceccardi, Fitto e Caldoro – tutti ex che ritornano – dimostrano che il centrodestra fatica a trovare una classe dirigente nuova all’altezza della sfida.
Nello specifico, il risultato della lista Zaia in Veneto (47%) contro il 15% della lista Salvini, ci dicono che anche nella Lega a breve si presenterà un problema di leadership. Così come nel Pd la vittoria di Emiliano e De Luca racconta che hanno vinto quelli che una volta si chiamavano i cacicchi. Ma può Zingaretti vantare in quota Pd l’azione politica dei due governatori? È una storia di mezze vittorie e parecchie debolezze questa delle regionali 2020. Ecco perché alla fine “vince” l’unico che non è sceso in campo: Giuseppe Conte. D’ora in poi, però, anche per Giuseppi, non ci potranno essere più rinvii.
