L'intervista
Regionali Toscana, Alessandro Tomasi: “Casa, lavoro e diritto allo studio al primo posto. Il reddito è una follia. Il mio valore aggiunto? L’esperienza da sindaco”
Alessandro Tomasi, classe 1979, è sindaco di Pistoia dal 2017 e oggi candidato del centrodestra alla presidenza della Regione Toscana. Uomo di Fratelli d’Italia, sorride mentre si racconta: «Siamo destinati a rimanere giovani a lungo!». Ecco la sua visione per la Toscana.
Dal ruolo di sindaco alla prospettiva di governare una Regione centrale come la Toscana: quali sono le sue priorità, come immagina la sua Toscana?
«Il valore aggiunto che porto è l’esperienza da sindaco: pragmatismo, rapporto diretto con i cittadini, concretezza. Quella del sindaco è l’istituzione a cui la gente si rivolge per prima. Ho imparato che si ascolta, si risolvono i problemi, non si fanno solo proclami. E vorrei portare questo metodo in Regione».
Andiamo sul programma. Quali sono i grandi temi?
«Il primo sono i giovani. La Toscana invecchia, e se non costruiamo politiche per le nuove generazioni rischiamo il declino. Casa, lavoro, diritto allo studio: sono i tre pilastri. Gli affitti pesano troppo sui redditi dei ragazzi, dobbiamo sostenerli nell’avvio di un percorso di vita autonoma. Sul lavoro, la Toscana ha potenzialità enormi: manifattura, tecnologia, industria. Se diamo strumenti giusti – urbanistica, incentivi, semplificazione – possiamo trattenere talenti. Infine, lo studio: vogliamo attrarre studenti da fuori, offrendo un habitat positivo, qualità della vita e opportunità per restare qui».
Altro capitolo cruciale: la sanità.
«Oggi è in deficit strutturale: 200 milioni ogni anno, oltre un miliardo complessivo. Serve una riorganizzazione vera, non pannicelli caldi. Bisogna ridurre sprechi, rivedere il rapporto tra ospedali e territorio, costruire case della salute, ridurre l’afflusso improprio ai pronto soccorso. È un’emergenza che non si può rinviare».
Oggi il patto scellerato Pd-M5S le offre un gancio insperato. Il «Patto del non fare». Può essere l’autogol del centrosinistra?
«Sì. È un patto che dice solo no: no al termovalorizzatore, no alle infrastrutture, no all’aeroporto. È il patto del rinnegare. Hanno approvato sei mesi fa il piano dei rifiuti e ora dicono di volerlo riscrivere integralmente: significa sconfessare il lavoro della loro stessa maggioranza. È surreale. E poi si autoproclamano moralizzatori, come se gli altri fossero collusi. Eppure a Prato i 5 Stelle hanno governato con loro, salvo poi essere commissariati. È una politica che mente sapendo di mentire. Un autogol clamoroso».
In particolare, lei ha attaccato l’idea di un reddito di cittadinanza regionale.
«È una follia, sia politica che contabile. La Regione non ha i soldi: ha un miliardo di deficit e 200 milioni l’anno da coprire sulla sanità. Eppure promettono un sussidio che costerebbe miliardi. Le Regioni non erogano sussidi in quel modo, e comunque i risultati del reddito di cittadinanza li conosciamo già. Noi proponiamo altro: investire su giovani e studenti, ridurre i costi di mense e affitti, sostenere le università e incentivare le aziende ad assumere. Questo è costruire futuro, non distribuire illusioni».
Lei ha parlato spesso di «post-politica». Cosa intende?
«Che non esiste più un Partito democratico: esistono singoli che difendono la propria poltrona. Quel patto con i 5 Stelle non ha nulla a che vedere con la Toscana: è un laboratorio nazionale per provare a restare a galla a Roma. Hanno sacrificato identità, lavoro fatto e perfino dignità. Non è più politica, è solo sopravvivenza di potere».
A proposito di incrostazioni di potere, la macchina regionale è spesso accusata di immobilismo: cosa farebbe da presidente?
«Sono un amministratore: quello che funziona non si tocca, ma va migliorato. Voglio una Regione dove contano merito e capacità, non appartenenza politica. Da sindaco ho nominato persone di sinistra quando erano competenti: abbiamo risanato il teatro, rafforzato partecipate, scelto dirigenti validi. Con me la paura di esporsi finisce: non si governa con il conformismo, ma affrontando i problemi insieme. La macchina regionale oggi va a 20 all’ora, può andare a 200. E io voglio portarla a 200 all’ora per dare soddisfazioni a tutti i toscani. Non si va mai avanti se si guarda solo nello specchietto retrovisore. Guardiamo avanti, insieme».
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