"Eroi" per Zelensky e "nazisti" per Putin
Resa di Azovstal e caduta di Mariupol, il destino dei soldati ucraini e della brigata Azov: pena di morte, ergastolo, scambio prigionieri
“Ci sono ancora molte persone rimaste ad Azovstal e continuiamo a negoziare per farle uscire da lì”, ha detto alla BBC la viceministra della Difesa ucraina Hanna Maliar. È ancora in bilico e in evoluzione l’operazione di resa e salvataggio dell’acciaieria di Mariupol, la città martire della guerra in Ucraina scatenata dall’invasione russa partita lo scorso 24 febbraio. Caduta ormai dopo quasi tre mesi di assedio: un momento che può essere cruciale nel conflitto. L’acciaieria era l’ultima sacca di resistenza nella città finita sotto il controllo russo.
È incerta la sorte dei soldati ucraini che si sono arresi e di quelli ancora nell’acciaieria. Ancora non è chiaro quanti soldati siano ancora asserragliati tra i cunicoli dell’acciaieria. Presumibilmente diverse centinaia. Fino a tre settimane fa sia Mosca che Kiev parlavano di duemila combattenti, di cui seicento feriti, e un migliaio di civili. Quando il primo maggio sono cominciate le evacuazioni dei civili, si è scoperto che erano molti di meno. Maliar ha detto di conoscere il numero esatto ma di non poterlo rendere noto in quanto è un “dato sensibile”. Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha invece detto: “Abbiamo bisogno di eroi vivi”. Due giorni fa i primi 264 combattenti, di cui almeno 52 gravemente feriti secondo Mosca, si sono consegnati ai russi. Probabili divisioni all’interno delle forze: con i soldati regolari dei Marines e della Guardia Nazionale forse più propensi a consegnarsi. Non è detto che siano dello stesso avviso i combattenti del reggimento Azov.
Proprio il battaglione incardinato nella Guardia Nazionale e composto da elementi dell’ultra-destra è il principale pretesto che Vladimir Putin ha utilizzato per lanciare la sua “operazione speciale” di “denazificazione” dell’Ucraina. I bus dei militari sono stati destinati a due città nei territori controllati dalle Repubbliche separatiste e filo-russe del Donbass, quelle proclamatesi autonome nel 2014, stesso anno dell’annessione russa della Crimea. La viceministra Maliar ha annunciato che era stato raggiunto un accordo con i russi per uno scambio dei prigionieri che si sono consegnati. E Putin aveva assicurato: “Tratteremo i prigionieri secondo le regole di guerra”. Alla Duma, la camera bassa del parlamento russo, però la pensano diversamente.
“I criminali nazisti non dovrebbero essere scambiati, ma processati”, ha detto il presidente della Duma Vyacheslav Volodin. E già oggi potrebbe essere votata una risoluzione specifica. Per il deputato Leonid Slutsky i soldati “non meritano di vivere dopo i mostruosi crimini contro l’umanità che hanno commesso” – comincia insomma a circolare anche l’ipotesi della pena capitale, sospesa da una moratoria in Russia, per i militanti del reggimento. Altri sollecitano l’ergastolo. La procura generale ha chiesto alla Corte Suprema di riconoscere i combattenti della brigata come “organizzazione terroristica”. Per Maliar, gli appelli dei politici di Mosca a processare per crimini di guerra alcune delle persone prelevate dalle acciaierie “sono stati fatti molto probabilmente per la propaganda interna della Russia”.
Non tutti i combattenti che hanno resistito strenuamente a un assedio definito “medievale” fanno parte del Battaglione Azov e questa distinzione sembra essere considerata anche in Russia. L’agenzia di stampa Tass ha scritto che i soldati ucraini verranno tutti interrogati. Il capo del centro studi politici ucraino Penta di Kiev Volodymir Fesenko ha detto a Repubblica che un primo scambio di prigionieri potrebbe essere un esempio positivo per continuare i negoziati. Le considerazioni in arrivo da Mosca però non fanno ben sperare al momento. La vittoria a Mariupol segnerebbe una svolta e un momento decisivo nella guerra: la città affacciata sul Mar d’Azov permetterebbe ai russi di completare il corridoio di terra a ricongiungere il Donbass e la Crimea.
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