La storia
Ritratto di Rosa Luxemburg, il suo pensiero eretico è ancora attualissimo
La concezione radicale della libertà nella Luxemburg
Lo dirà chiaramente in La Rivoluzione russa. Il testo è, ancor oggi, impressionante per la radicale idea di libertà che contiene e per la sua indissolubile connessione col processo rivoluzionario. La Luxemburg giungerà a dire che, quando la vita pubblica viene soffocata, risultano inaridite «la sorgente dell’esperienza politica e il proseguimento dello sviluppo». Si vorrebbe andare oltre nelle citazioni, per dare conto della forza straordinaria della sua critica a ogni restringimento della democrazia e della libertà e di come sia stato un errore drammatico e colpevole, quanto diffuso in tutto il movimento comunista, d’averla omessa e dimenticata. Rosa ci ha detto che sospendere le libertà porta all’imbarbarimento della vita pubblica e conduce all’arbitrio e spegne le energie vitali del proletariato e, ancora, contemporaneamente, spinge la società sotto la dittatura di un pugno di politici mentre nasce e si rafforza la burocrazia che viene in soccorso ai capi. Così invece di trasformare lo stato, esso viene semplicemente e duramente rafforzato.
La via d’uscita che viene proposta resta una lezione viva. Essa propone, infatti, di costruire un legame tra la democrazia e la rivoluzione socialista, perché solo così il proletariato può trasformare la società e liberare se stesso. Si deve trattare di una democrazia particolare e particolarmente ricca, capace di andare oltre la delega e la rappresentanza, contro e oltre lo stato; deve essere quella democrazia della vittoria del demos che, in qualche misura, la democrazia consigliare annunciava e prometteva. Dì nuovo ritorna la connessione, il legame tra il presente e il futuro che si invera nel processo rivoluzionario. Qui la libertà si presenta come “necessità” e come “imprescindibilità” nel processo, una necessità affinché si possa compiere e dispiegare la rivoluzione, una imprescindibilità perché solo così la classe operaia può prendere coscienza di sé e del suo compito storico.
Socialismo o barbarie
Colpisce come questa rivoluzionaria così pienamente immersa nel suo tempo risulti così acutamente, singolarmente e profeticamente preveggente su ciò che corroderà dall’interno l’esperienza della società post rivoluzionarie, del socialismo reale, fino a concorrere potentemente al loro fallimento finale. E si può capire, anche alla luce di quanto i tre grandi errori denunciati dalla Luxemburg abbiamo strisciato su tutta la “grande e terribile” storia del movimento operaio nel ‘900, sia le ragioni della mancata assunzione della sua lezione da parte delle grandi organizzazioni del movimento operaio e di tanta parte della sua intellettualità, sia le ragioni per cui in certi marxismi eretici e in certi momenti alti del conflitto sociale, siano stati accolti aspetti importanti della sua ricerca. A tutto questo ha concorso indubbiamente la costante riproposizione nel suo pensiero, come nella sua prassi dell’aut-aut. L’aver proposto sistematicamente l’esigenza insopprimibile della rottura, delle rotture.
L’aver proposto sempre la rivoluzione come inesorabile necessità della storia. Socialismo o barbarie. Un bivio che è arrivato sino ai nostri giorni che anzi ne propongono una singolare, quasi paradossale, rottura attualità. Del bivio, ecco una nuova pesante difficoltà, conosciamo la barbarie. La Luxemburg ne aveva colta la radice dove altri proprio non la potevano scorgere, cioè in quella forma della modernità portata alla luce dalla modernizzazione capitalistica. Il nostro tempo ci propone la barbarie come una condizione alimentata dalla natura del capitalismo finanziario globale e consentita dalla politica che ha perduto qualsiasi autonomia dal sistema. Conosciamo perciò bene la barbarie, ci pare di non conoscere o di non conoscere più il socialismo.
© Riproduzione riservata




