Misure veramente eccessive
Sbagliato il nuovo codice della strada, fare la voce grossa non serve: puntiamo su controlli e prevenzione
Nel “Si&No” del Riformista spazio al nuovo codice della strada approvato in Consiglio dei Ministri i cui testi dovranno ora passare al vaglio del Parlamento. Giuste le modifiche al codice della strada? Favorevole il senatore della Lega Gianluca Cantalamessa secondo cui “il nuovo disegno di legge prevede maggiori tutele per i cittadini“. Contrario Andrea Marcucci, presidente Liberal Democratici Europei. “Già ci sono leggi severe, puntiamo su controlli e prevenzione” dichiara.
Qui il commento di Andra Marcucci:
Le leggi giustamente severe già c’erano e penso soprattutto a quella sull’omicidio stradale introdotta dal governo di Matteo Renzi nel 2016. Il punto è che le leggi, anche fossero draconiane, servono a poco. Il problema sono i controlli, le sanzioni, gli organici delle forze di polizia, gli input che vengono trasmessi agli agenti. Per la strada viaggiano troppi automobilisti che sanno di poterla fare franca nove volte su dieci. Nessuno li fermerà, nessuno li multerà. E non certo perché manchino le leggi, che sia prima di Salvini o dopo. E quindi sgombriamo il tavolo dagli equivoci. Fare la voce grossa, come sta facendo il ministro dei trasporti Matteo Salvini, non porterà automaticamente ai risultati desiderati da tutti.
Quello che rende funzionante un codice stradale, non sono tanto le norme, o meglio non solo, ma soprattutto gli operatori che le rendono reali, oltre che una vasta rete di prevenzione ed educazione a partire dalle scuole. Intervenire sulle leggi, magari sull’onda di drammatici casi di cronaca, renderle più pesanti, può essere congeniale alla popolarità di un ministro, ma non attenua purtroppo il fenomeno dei tanti pirati della strada, la sensazione diffusa di non incorrere in multe di alcun tipo. Perché poi in strada, non ci sarà nessuno a farle, pochi agenti a controllare. Così il vero limite del disegno di legge del governo è che rischia di essere aleatorio ed ingiusto verso i giovani, che sono i principali bersagli del Codice. Poi per l’appunto si tratta di un disegno di legge, passerà dalla lettura di Camera e Senato, in pratica sappiamo come entra, non sappiamo come uscirà.
Il suo limite è evidente, punitivo nelle intenzioni, evanescente nelle misure di controllo. Con una confusione di fondo, come fosse un patchwork di misure che non hanno in mente la realtà della strada e dei mezzi che vi circolano. Misure veramente eccessive per biciclette e monopattini, come se non esistessero alternative neanche nelle città per le auto private. L’unico risultato, in questo caso, sarà quello di ridurre allo stremo gli operatori economici del comparto. Introdurre casco e targa per i monopattini non ha proprio senso, bisognerebbe anche in questo caso sanzionare le persone che infrangono le regole, giovani che salgono sul mezzo in tre, che non rispettano i divieti, e via di seguito. Il ministro invece ha scelto di affossare un settore, così l’unico risultato che può ottenere sarà solo quello di congestionare ulteriormente le aree metropolitane, oltre che indebolire un comparto, mi riferisco alle bici, che vale 3,2 miliardi di euro.
Intervenire con mano dura sulla micromobilità, non attenuerà gli effetti delle stragi stradali, rischia piuttosto di allontanare le persone da scelte di diversa mobilità, che pure sono utili per fermare l’aumento delle morti su strada in città, per le quali l’Italia detiene il triste primato in Europa. Nelle città avvengono infatti oltre il 70% di tutti i sinistri stradali, ed è da qui che si dovrebbe partire. Ed allora che senso ha limitare, scoraggiare, le zone a traffico limitato? Qual è l’obiettivo? Un caso lampante di una legge che a parole si prefigge di essere a tolleranza zero, nei fatti rischia il cappotto di zero titoli. Il Codice della Strada avrebbe bisogno di una riforma strutturale, che si prenda la briga di riscrivere i cardini di una mobilità moderna, che rispetto al passato prevede più mezzi a disposizione. Ed ho già scritto che secondo me nelle città, la scommessa passa dall’offrire ed incoraggiare modalità alternative di trasporto a tutte le ore, rispetto alle autovetture. Cosa che il ministro Salvini si guarda bene da fare.
Il leader della Lega anzi sembra molto più attento a confermare un vecchio detto, non troppo amichevole nei nostri confronti, ma che ahimè contiene pure una qualche verità, soprattutto se si riferisce alla strada: «In Italia puoi avere tutte le leggi che vuoi. Purché non vengano applicate». Il codice Salvini da questo punto di vista può passare anche come modello.
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