Una volta in Toscana era tutto centrosinistra. E Siena non faceva certo eccezione. Adesso anche la città del Palio è stata investita dall’onda sovranista. La prima sindaca nella storia di Siena, Nicoletta Fabio, ha ottenuto il 52,2% contro il 47,8% di Anna Ferretti candidata del centrosinistra. “Sono la sindaca della sintesi tra centrodestra e civismo”, ha detto la neo-sindaca. “Le mie carte vincenti – ha perseguito – sono state spontaneità, naturalezza e semplicità”.

Il vero asso nella manica per la Fabio però è stato garantito dal classico “tafazzismo” che caratterizza l’azione della sinistra, anche in Toscana, da sempre divisa su tutto. “Perde la sinistra massimalista della Schlein – il commento di Italia Viva a Siena -. Soprattutto perde l’arroganza e la miopia di un gruppo dirigente autoreferenziale che ha rifiutato il dialogo con le forze riformiste presenti in città”. A pochi istanti dalla proclamazione della sindaca sono scattate le recriminazioni: effettivamente se ai voti di Anna Ferretti candidata del centrosinistra si fossero aggiunti quelli di Massimo Castagnini, espressione di una proposta riformista, l’esito sarebbe stato ben diverso. Il centrosinistra si sarebbe presentato in vantaggio al secondo turno, con un consenso del 36%, sei punti avanti alla candidata della destra.

Certo sarebbe occorso un candidato diverso. La pensa così anche Eugenio Giani, Presidente della Regione e riformista da sempre, al governo con Italia Viva (nonostante qualche mugugno, inascoltato, della sinistra del Pd). “Avrei voluto e vorrei un Pd più umile, che si prestasse a larghe coalizioni, a rispettare l’altro, che fosse più moderato e più a sinistra, in modo da presentarsi con un fronte più unitario – ha detto Giani all’indomani dell’esito elettorale catastrofico che fa temere anche per le amministrative a Firenze del prossimo anno e per le regionali del 2025 -. Questo ancora talvolta non avviene e quindi poi anche se i numeri potrebbero darci ragione cediamo al centrodestra perché sono più compatti. I valori dell’unità e della larga coalizione sono indispensabili, è la lezione che dobbiamo imparare”.

Sarebbe stata la strada più sensata, talmente chiara che anche Enrico Letta la comprese, allorquando dovette correre in questo territorio nell’ottobre del 2021: senza nessuna preclusione nei confronti di Italia Viva e dei riformisti, allora si optò per un’alleanza naturale che consentì al segretario di stare sereno e passare senza problemi. Furono decisivi i voti che Stefano Scaramelli, attualmente consigliere regionale, fece confluire verso Letta. Del resto il telefono di “Scara” per giorni risultò incandescente: era Letta che chiedeva appoggio (“Mi voti? Ma quanto mi voti?), consapevole che da lì sarebbe passato il suo eventuale successo.

Che infatti arrivò: prima, e unica, vittoria elettorale per il buon Enrico che sfiorò il 50% dei voti e passò in carrozza, seggio in Parlamento e ultimi mesi da segretario Pd al lavoro per il tanto vagheggiato “campo largo” con la fine ben nota a tutti. C’è chi pensa che proprio Scaramelli avrebbe consentito al centrosinistra di vincere questa tornata elettorale a Siena. Adesso si respirerebbe un’aria nuova e il segnale sarebbe arrivato forte e chiaro.

Del resto da queste parti lo sanno: “Scara” è l’uomo delle vittorie impossibili e dal consenso largo e aperto. È passato un anno e mezzo e tutto questo è stato rapidamente dimenticato – è la segreteria Schlein, bellezza! –. Nessun dialogo, nessun tentativo di convergenza con quelle forze che fino a poco tempo fa erano alleate preziose. Al Palio per i senesi è più importante che perda la contrada rivale piuttosto che vinca la propria. Anche in politica si è usato questa logica ma, sbagliando bersaglio, ed è stata debacle. L’ennesima.