Di fragole, lacrime e nobiltà. Potrebbe essere il titolo di una di quelle commedie amare che si giravano qualche decennio fa. Una farsa tragica. Ingredienti e titoli di una storia di successi, finiti nella polvere a mischiarsi con una terra ingrassata da pesticidi e fitofarmaci.

Guglielmo Stagno D’Alcontres, bocconiano brillante, progenie del casato normanno fondato ottocento anni fa da Berengario Estanol, di stanza in Sicilia ed espansione lombarda, sospettato dalla guardia di finanza di Milano di sfruttare i migranti, che per questo gli ha sequestrato azienda, immobili e beni strumentali.

Per i finanzieri, la StraBerry di Cassina de Pecchi, pochi passi alle spalle di Segrate, per produrre fragole, mirtilli e lamponi, dentro due serre fotovoltaiche, pagava ai braccianti 4,50 euro l’ora, li teneva piegati sulle ginocchia per nove ore al giorno, facendoli pungolare a sforzi severi da ligi sorveglianti dell’azienda.

E se è vero, la tragedia più grande, la sofferenza, è quella dei lavoratori sfruttati, provenienti dai centri di accoglienza, che fra le terre migliori in Italia, avevano sperato di finire in terra lombarda, considerata la meglio di tutte.

E se è vero, la farsa più grande, sarebbe quella in cui è caduta Coldiretti, associazione di categoria storica, che un paio di anni fa aveva, con enfasi, consegnato all’imprenditore, con sangue pregiato e studi lussureggianti, l’Oscar Green, il premio per le produzioni biologiche, il sigillo della qualità.

Ora, se sono vere le testimonianze raccolte dai finanzieri, per dare colore smagliante ai frutti di bosco, nella terra e sulle piante si abbondava nell’uso di pesticidi e fitofarmaci. Le magie, più che la terra, le compiva il mago della chimica. E i furgoni multicolori che portavano in giro i prodotti della StraBerry, facendo luccicare gli occhi dei bambini al proprio passaggio, se è vero, non trasportavano miracoli naturali. I migranti, quelli che arrivano in Italia, al Nord soprattutto, a portare via il lavoro agli italiani, si portavano a casa solo gli spiccioli per sopravvivere, nutrire la loro fatica a vantaggio di un padrone, se è vero, per cui il tempo si era fermato alle galee.

I “neri”, quelli che portano il covid, stavano ammassati gli uni sugli altri, si spartivano un unico bagno chimico, irridendo alle norme sul distanziamento, alle regole contro la pandemia. È una storia questa, se è vera, che fra lacrime, nobiltà e successo, sta nel filone della commedia italiana amara, nella farsa che poi diventa tragedia e spiega che gli italiani, non tutti, non siano brava gente, che quella della terra in cui tutto finisce a tarallucci e vino è una grande balla.

Sappiamo essere spietati, e il sangue blu, i master universitari, non sempre sono sinonimi di bontà. E nemmeno le coppe, i trofei, le medaglie, assicurano su tutto. E degli eroi, dei paladini, bisogna sempre controllare l’orto dietro casa.

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E' uno scrittore italiano, autore di Anime nere libro da cui è stato tratto l'omonimo film.