«Mi piace sempre guardare questo film, ma devo ancora capirne completamente il significato». Capita, con Stanley Kubrick, di non intendere fino in fondo cosa ha voluto dire con quel dato film. E se lo dice un grandissimo esperto come Paul Duncan (“Tutti i film di Stanley Kubrick”, Lindau) deve essere vero. Alzi la mano chi possa giurare di aver colto appieno il significato di “Shining” (a questo capolavoro era riferita la frase citata) o certi passaggi di “Odissea nello spazio” o “Eyes Wide Shut”. La accurata guida di Duncan pertanto si raccomanda perché aiuta a rivisitare i film di questo genio assoluto del cinema che per molti è il più grande, non fosse per la incredibile ecletticità della produzione: dal grottesco “Stranamore” a un film di guerra come “Orizzonti di gloria”, da un noir come “Rapina a mano armata” a un affresco storico come “Barry Lyndon” alla fantascienza di “Odissea nello spazio”, e via dicendo.

L’autore, film per film, ripercorre trama e notizie molto accurate. È noto che Kubrick richiedeva molti ciak della stessa scena; Scatman Crothers (che in “Shining” è “Dick“, il nero che “comunica” con il bambino Danny) una volta arrivò a contarne 148. «Gli attori avevano opinioni diverse in proposito. Alcuni pensavano che Kubrick lo facesse per cercare di ottenere interpretazioni che nascessero dall’estremo, dalla spossatezza»; altri che «adorava fare tanti ciak, perché gli consentivano di coltivare una memoria muscolare che lo aiutava a manovrare la steadicam con il massimo della precisione».

L’autore di questo libretto fornisce un personale voto su ciascun film: e qui, come si dice, si apre il dibattito. Ognuno ha il “suo” film, e il bello è che nessuna scelta è criticabile. Duncan infatti assegna diversi indiscutibili “10” (colpisce semmai il “6” al celebratissimo “Arancia meccanica”) a film molto diversi tra loro, da “Stranamore” a “Barry Lyndon” a “Eyes Wide Shut”. Sono tutti capolavori, i film di Kubrick (in questo senso, come lui, forse solo Charlie Chaplin e Billy Wilder), ma leggendo questo libro scopriamo mille cose di cui anche il più attento frequentatore del Nostro non si era accorto, o non sapeva. Per esempio, parliamo di “Full Metal Jacket“, «tutte le location per il campo di Parris Island e per le sequenze in Vietnam furono trovate in un raggio di 80 chilometri dalla tenuta di Kubrick. Il quartiere di Beckton, bombardato durante la Seconda guerra mondiale, era stato progettato dagli stessi architetti francesi che avevano lavorato a Hue in Vietnam». Non si tratta di coincidenze. È il genio del cinema.

Nell’altro grande film di guerra di Kubrick, “Orizzonti di gloria”, per le scene di battaglia, alcune delle quali furono ripetute più di 30 volte, «vennero sperimentate tecniche inedite per produrre l’effetto di autentiche esplosioni, con fango e pietre scagliati in aria invece delle usuali nubi di polvere. Il tecnico degli effetti speciali, Erwin Lange, dovette presentarsi davanti a una speciale commissione per ottenere il permesso di accumulare l’immensa quantità di esplosivo necessaria. Solo nella prima settimana di riprese venne utilizzata più di una tonnellata di materiale esplosivo».

Peccato che il film su Napoleone che il regista inglese aveva in testa non si realizzò mai: pensate che avrebbe inventato per le scene di battaglia dell’Imperatore! Certo, è impossibile anche per il più attento “kubrickofilo” rintracciare un unico senso del suo alto messaggio artistico. “Qual è il suo messaggio?”, si chiede Duncan. E prova a rispondere: «L’uomo è in costante conflitto con il suo ambiente, sociale o politico, è in conflitto con i suoi simili, più spesso con sé stesso». In “Il bacio dell’assassino”, “Lolita” ed “Eyes Wide Shut” i protagonisti cercano l’amore. In “Rapina a mano armata” e “Barry Lyndon” vogliono i soldi. In “Orizzonti di gloria”, “Spartacus” e “Arancia meccanica” cercano la libertà, fisica o mentale, ma la società troppo rigida non lo consente. In “Il dottor Stranamore”, “2001”, “Shining” e “Full Metal Jacket” detestano l’ambiente in cui vivono e vogliono cambiarlo, ma è l’ambiente a cambiare loro. In “2001”, Bowman si trasforma fisicamente diventando il “feto astrale”. Troppo, per qualunque altro regista. Non per Stanley Kubrick.