Il partito Radicale lancia un appello al Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, alla Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e all’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari Esteri e la Politica di sicurezza, Josep Borrell.

La Russia ha invaso l’Ucraina.
È in corso la tragedia dei bombardamenti indiscriminati che colpiscono le abitazioni dei civili nelle città del paese: da Spetsnaz a Kharkiv, da Ivano-Frankovsk a Mariupol, da Odessa a Kiev, ormai assediata delle forze russe. Centomila persone sono già sfollate e in fuga dal paese e si anticipano enormi ondate di rifugiati in tutta Europa. Secondo alcune stime saranno 5 milioni.
La popolazione non sa più dove nascondersi e in molti si sono rifugiati perfino nei vagoni delle metropolitane. La guerra di propaganda affianca quella delle armi e il mondo assiste incredulo al crollo dell’ordine mondiale post-guerra fredda, del sistema di sicurezza in Europa e delle sue istituzioni internazionali. Obiettivo, questo, ben noto di Mosca che disdegna gli ordinamenti liberali e punta a ridisegnare l’ordine mondiale post-sovietico, per riacquisire il ruolo perduto di grande potenza nella scena mondiale, schiacciando paesi sovrani. Putin ha lanciato da anni, con un’impressionante “crescendo” negli ultimi mesi, una ideologizzazione propagandistica estrema delle sue ultimative richieste contro l’Alleanza Atlantica e l’Unione Europea: con disinformazione, attività di destabilizzazione e di influenza politica mirate a tutte le più importanti e recenti consultazioni elettorali e referendarie, come la Brexit, che potessero indebolire le istituzioni e i princìpi di riferimento delle nostre democrazie.

Con l’aver spazzato via ogni accordo, ogni convenzione e trattato internazionale, Mosca sta mettendo in evidenza l’irrilevanza delle Nazioni Unite che sono state istituite dopo la seconda guerra mondiale e del loro Consiglio di sicurezza, sistematicamente bloccato dai veti di Russia e di Cina quando si tratti di questioni ritenute “sensibili” per i rispettivi regimi totalitari.
L’Onu anche in questo caso ha mostrato una cronica e strutturale incapacità ad affrontare le crisi, limitandosi semplicemente a formali e velleitari appelli.
L’Unione europea non ha ancora un sistema di sicurezza e di difesa comune.
Anche la Nato appare esitante nello schierare tempestivamente un adeguato sistema di difesa del fianco orientale per proteggere i suoi stati membri.
Le esitazioni dei paesi della Nato, di Bruxelles, dell’Onu, sono rappresentative dell’impotenza dell’Occidente nei confronti di chi con la forza delle armi fa carta straccia di ogni principio, regola e trattato internazionale.

Dopo la dissoluzione dell’Urss, il 26 dicembre del 1991, la Nato, così come l’Ue, non poterono che rispondere positivamente alle insistenti richieste dei governi democraticamente eletti che erano ansiosi di consolidare istituzioni e società finalmente libere, e di garantire la propria sicurezza dopo decenni di una “sovranità limitata” dall’Unione. Tuttavia, inglobando alcuni paesi dell’Europa orientale, Nato e Unione europea avevano finito col creare un dilemma di sicurezza per Ucraina, Bielorussia e Moldova che, essendo stati tenuti fuori, si erano trovati in una terra di nessuno con gli europei da un lato, non interessati ad inglobarli, e dall’altro la Russia che tendeva loro le braccia. Ragion per cui nella loro politica estera sono stati costretti a guardare sia a ovest che a est.
L’Ucraina è stata invasa nel 2014, dopo la rivoluzione “Euromaidan”, dalla Russia che aveva di fatto annesso la Crimea e sostenuto i ribelli indipendentisti filorussi del Donbas.
La Bielorussia, con Lukashenko, dopo aver sedato le manifestazioni filoeuropeiste del 2021, ha virato verso est.

Nonostante ciò in Ucraina il sogno europeista non si è spento e fino al giorno prima dell’invasione si sono tenute settimanalmente manifestazioni per la libertà, l’indipendenza del paese e la voglia di Europa. Kiev vede la sua salvezza esclusivamente all’interno della Nato e dell’Unione europea, lo hanno ribadito il presidente Volodymyr Zelenskyy e gli ex presidenti Viktor Juščenko e Petro Porošenko che aveva firmato il 27 giugno 2014 l’accordo di associazione tra Unione europea e Ucraina.

L’adesione del paese ex sovietico all’Unione europea è stata da sempre considerata dunque un traguardo fondamentale da raggiungere dai maggiori esponenti politici ucraini, mentre ogni avvicinamento all’Europa veniva invece ostacolato dai politici filorussi, come l’ex presidente Viktor Janukovyč.
Secondo un sondaggio dell’istituto Ukrainian Rating Group, pubblicato il 17 febbraio 2022, il 68% degli ucraini sostiene l’adesione all’Unione europea.
Attualmente, l’Ucraina è parte della Politica europea di vicinato e coopera con l’Unione europea nel quadro del partenariato orientale e ha allineato gran parte della sua legislazione e delle sue politiche economiche all’accordo di associazione con l’Unione europea entrato in vigore nel 2017.

Nel febbraio 2019, la Verkhovna Rada, il parlamento unicamerale ucraino, aveva incluso nella Costituzione il percorso per l’adesione alla Nato e all’Unione europea.
Una Carta decisamente europeista che nel suo preambolo fa riferimento alla “identità europea del popolo ucraino definendo irreversibile il percorso euroatlantico del paese” e nell’art. 102 amplia i poteri del capo dello Stato, che assume il ruolo di “garante” dell’attuazione del percorso strategico del paese per acquisire la piena adesione all’Unione europea e all’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico. L’Ucraina si stava preparando a presentare nel 2024 la domanda ufficiale di adesione all’Unione europea, con l’obiettivo di aderirvi nel 2030.
È in questo quadro di forte spinta europeista che vanno inquadrate le manifestazioni popolari di Euromaidan che iniziarono nella notte del 21 novembre 2013 a Kiev, già teatro della Rivoluzione Arancione del 2004, contro il presidente Viktor Janukovyč: questi si era rifiutato di firmare l’accordo di associazione dell’Ucraina con l’Unione europea, perché pressato da Mosca che aveva offerto, in cambio della rinuncia alla firma, un sostanzioso prestito in titoli di stato del valore di 15 miliardi di dollari, legando ancora di più il paese alla Russia.

Janukovyč fu messo sotto accusa dal suo Parlamento e fuggì in Russia, dopo che più di cento manifestanti, molti dei quali avvolti nella bandiera dell’Unione, furono trucidati quando il presidente diede l’ordine di far evacuare con la forza la Piazza dell’Indipendenza a Kiev.

Questa criminale aggressione, preordinata da tempo ed eseguita con costanti falsità e inganni dal Presidente Putin, richiede una decisione immediata, forte e impegnativa da parte dell’Europa: all’Ucraina deve essere riconosciuto, immediatamente, lo “status di paese candidato all’adesione all’Unione europea” con tutte le prerogative che ciò comporta per il legittimo Governo e le legittime istituzioni democratiche che in questo momento guidano il paese.

Questo è un prezioso contributo politico che in queste ore l’Europa può fornire ai cittadini di un paese in cui il fuoco europeista arde sempre; in un paese seppure amputato in parte di territorio dall’invasore russo.

In una dichiarazione congiunta dei presidenti di Polonia, Slovenia e Lituania si afferma che l’Ucraina merita lo status di candidato all’UE.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy e i suoi omologhi polacchi e lituani, Andrzej Duda e Gitanas Nauseda, si sono incontrati mercoledì 23 febbraio a Kiev per discutere della crisi e riaffermare la loro solidarietà. “Dati i notevoli progressi nell’attuazione dell’accordo di associazione e delle riforme interne, nonché le attuali sfide alla sicurezza, l’Ucraina merita lo status di candidato all’Ue e Lituania e Polonia la sosterranno nel suo cammino per raggiungere questo obiettivo”, si legge nella dichiarazione congiunta.

L’allargamento è lo strumento di politica estera più potente che l’Unione europea ha in mano. La storia recente lo dimostra.
L’Ue offrì una prospettiva di adesione ai paesi dei Balcani occidentali nel maggio 1999, all’apice della guerra del Kosovo.
Sembrava una follia, ma da allora, nell’agenda dei Balcani occidentali, ha fatto ingresso l’Europa che, seppur troppo esitante nel mantenere loro la porta aperta, resta ancora un modello e un riferimento.
Nessun paese europeo è più determinato dell’Ucraina nell’avvicinamento all’Unione, la quale è stata fermata prima di essere ammessa al processo di adesione per la miopia da cui i nostri leader politici sono affetti, troppo impegnati ad anteporre i propri gretti interessi elettorali.

Riteniamo dunque che sia giunto il momento di riconoscere ufficialmente all’Ucraina lo status di Paese candidato all’Unione europea e attivare il percorso di adesione di un paese che ha pagato a caro prezzo la sua sete di libertà e la sua forte aspirazione europeista.

Riteniamo che sia un forte segnale di una Unione europea aperta e inclusiva, fondamentale riferimento dei valori e dei diritti umani che in quanto tali sono universali, come il diritto naturale, storicamente acquisito, di ciascun individuo, alla libertà, alla democrazia e a un ordine internazionale fondato sulla pace e lo stato di diritto.

Chiediamo che sia convocato con urgenza il Consiglio europeo con all’ordine del giorno il percorso per l’adesione all’Ue dell’Ucraina affinché adegui con tempestività il proprio ordinamento interno all’acquis comunitario, attuando tutte le riforme necessarie, in particolare nel campo della giustizia e della lotta alla corruzione, e per rafforzare lo stato di diritto.

L’Unione europea ha necessità e urgenza di assumere il ruolo di potenza, soprattutto politica, dotandosi di un sistema di sicurezza e di difesa degno di un grande stato democratico con la sua forza economica-culturale di assoluto valore. Chiediamo che sia messa con urgenza all’ordine del giorno del Consiglio europeo anche la costruzione di una sua solida architettura di sicurezza e di difesa comune, altrimenti il sogno dei padri fondatori, di Spinelli, De Gasperi, Monnet, Schuman e Adenauer, svanirà all’alba di un triste risveglio.

Maurizio Turco, Segretario del Partito Radicale
Irene Testa, Tesoriere del Partito Radicale
Giulio Terzi, Presidente d’onore del Partito Radicale
Mariano Giustino, Corrispondente di Radio Radicale dalla Turchia

Redazione

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