Nell’ottobre 2019 il Relatore Speciale ONU sui diritti umani e la povertà estrema, Philip Alston, presentando un rapporto sulle ineguaglianze che scaturiscono dal crescente uso delle tecnologie, ha scritto: “i cittadini diventano sempre più visibili ai governi, ma non il contrario.” Con la pandemia, la tecnologia ha fatto un ingresso deciso e massiccio anche in molte aule parlamentari, dove i lavori sono proseguiti da remoto o con tempi più diluiti. Per capire quale effetto abbia prodotto sugli esecutivi e sui meccanismi deputati al loro controllo, con il Comitato Globale per lo Stato di Diritto “Marco Pannella” abbiamo realizzato un’analisi di uno degli strumenti a ciò predisposti: il question time al Primo Ministro britannico. Considerando un periodo di oltre dieci anni, dal gennaio 2010 al maggio 2020 (incluse dunque le sessioni adattate alle nuove misure in risposta alla pandemia da COVID-19) abbiamo cercato di capire come funziona questo strumento con cui l’operato e la linea del governo sono sottoposti sia all’esame parlamentare che all’attenzione del pubblico. Nella ricerca è stato possibile contare sulla pronta risposta degli uffici della House of Commons (Camera dei Comuni) che ci hanno fornito le informazioni richieste nell’arco di qualche ora.

Assai diverso da quello italiano, il question time alla Camera dei Comuni si tiene settimanalmente dal lunedì al giovedì ed è il momento in cui i deputati, in diretta tv e online, di tutti partiti possono rivolgere domande al governo. Ogni mercoledì intorno a mezzogiorno spetta al Primo Ministro rispondere alle interrogazioni per circa mezz’ora. Tuttavia, alcune sessioni possono prevedere una durata più lunga, come per esempio quella del 25 marzo 2020 che, a causa dell’emergenza dalla COVID-19, si è prolungata per un’ora. Gli onorevoli interroganti sono scelti a sorte tra coloro che ne hanno fatto richiesta. Ma come vedremo, non è l’unico modo.

Lo scenario è quello di un confronto diretto con l’esecutivo stesso, durante il quale i deputati sollevano i problemi degli elettori del collegio elettorale a cui appartengono oppure tematiche che spaziano dalla sicurezza al servizio sanitario nazionale, dall’immigrazione alla politica ambientale, dalle politiche sul lavoro al trasporto pubblico, dall’istruzione alla crisi sanitaria. Il ruolo dello Speaker (il Presidente della Camera) è duplice perché, oltre a distribuire la parola rapidamente e mantenere l’ordine in sede di dibattito, ha la responsabilità di garantire un bilanciamento tra maggioranza ed opposizione e una parità di anzianità e di genere negli interventi. In questo senso, ai deputati estratti a sorte, intramezza altri che chiedono di intervenire al momento e la cui domanda, generalmente, è ignota al Primo Ministro. Questo significa che ogni mercoledì il Primo Ministro si espone a domande su cui non necessariamente è preparato.

E’ qui che il question time acquisisce valore: oltre alle domande inserite nell’Ordine del Giorno, i deputati hanno la facoltà di formulare una domanda supplementare connessa al tema trattato, ma di cui il Primo Ministro non è a conoscenza. Queste domande si sommano a quelle di deputati scelti casualmente dallo Speaker ad ogni seduta. Il question time risulta quindi particolarmente interessante perché nella maggior parte dei casi il Primo Ministro è informato dai ministeri sui temi che verranno trattati, ma non conosce nel dettaglio le domande che gli verranno indirizzate.

Venendo ai dati. Dal 6 gennaio 2010 al 6 maggio 2020, si sono tenute ben 326 sessioni, per un totale di 9770 domande, di cui indicativamente 4250 il Primo Ministro era a conoscenza della tematica e 5520 di cui non lo era. La media delle domande poste per sessione è di 29,9. Altro dato impressionante è il numero delle presenze. In dieci anni si sono succeduti quattro Primi Ministri – Gordon Brown, David Cameron, Theresa May e Boris Johnson – e in totale le assenze sono state solo 25. In quel caso subentra il Vice Primo Ministro. I quattro hanno replicato rispettivamente a 246, 5305, 3012 e 442 domande. Il Leader dell’Opposizione ha diritto a 6 domande, mentre il leader del secondo partito di opposizione ha diritto a due. Nel decennio osservato, dal 2010 al 2020, i leader di opposizione che si sono succeduti hanno rivolto 1961 domande al Primo Ministro, mentre i leader del secondo partito 340.

Inteso come un vero duello tra Parlamento e Governo, il question time rappresenta un pilastro fondamentale per la democrazia parlamentare britannica. Tutt’altro che noioso e condito con uno spiccato humour inglese, esso consente al Parlamento di esercitare una funzione di controllo sull’esecutivo di estrema efficacia. Si tratta di un meccanismo conoscitivo democratico straordinario che permette ai cittadini di vedersi riconosciuto quel diritto alla alla conoscenza che non dobbiamo mai dare per scontato. A quante domande hanno risposto e rispondono i Presidenti del Consiglio in Italia?

Matteo Angioli e Federica Donati

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