Kiev non chiude la porta al dialogo. Il governo dell’Ucraina punta ad avere un summit di pace entro fine febbraio, preferibilmente alle Nazioni unite e con il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres come possibile mediatore, più o meno nel periodo dell’anniversario dell’inizio della guerra da parte della Russia. Lo ha detto il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, in un’intervista ad Associated Press. Durante l’intervista, che si è tenuta al ministero degli Esteri, Kuleba ha dichiarato che l’Ucraina farà tutto il possibile per vincere la guerra nel 2023 e ha aggiunto che la diplomazia gioca sempre un ruolo importante.

“Ogni guerra finisce per via diplomatica”, ha detto. “Ogni guerra finisce come risultato delle azioni intraprese sul campo di battaglia e al tavolo dei negoziati”, ha aggiunto. A proposito del summit di pace che ha riferito che il suo governo vorrebbe arrivare ad avere entro fine febbraio Kuleba ha detto: “Le Nazioni Unite potrebbero essere la sede migliore per tenere questo vertice, perché non si tratta di fare un favore a un certo Paese” ma “si tratta di coinvolgere tutti”. Quanto all’eventuale ruolo di Guterres, il ministro degli Esteri ucraino ha dichiarato ad Ap: “Ha dimostrato di essere un mediatore e un negoziatore efficiente e, soprattutto, un uomo di principi e di integrità. Quindi saremmo lieti di una sua partecipazione attiva”. Alla domanda se inviteranno la Russia al vertice, Kuleba ha risposto che prima Mosca dovrà accettare di essere perseguita per crimini di guerra da un tribunale internazionale: “Solo in questo modo possono essere invitati”.

L’apertura di Kiev segue di poco l’accorato appello del Papa. Bergoglio è tornato ad affacciarsi dalla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano, ieri lo ha fatto per recitare l’Angelus con i fedeli e i pellegrini riuniti in Piazza San Pietro. Sempre tante le bandiere dell’Ucraina: “Chiediamo la pace per questo popolo martoriato”, ha ribadito il Pontefice che aveva dedicato la messa di Natale alle vittime delle guerre. “Venti di guerra continuano a soffiare gelidi sull’umanità”. È la denuncia che Papa Francesco aveva fatto alla benedizione Urbi et Orbi di Natale impartita dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro. “Il nostro sguardo si riempia dei volti dei fratelli e delle sorelle ucraini, che vivono questo Natale al buio, al freddo o lontano dalle proprie case, a causa della distruzione causata da dieci mesi di guerra Il Signore ci renda pronti a gesti concreti di solidarietà per aiutare quanti stanno soffrendo, e illumini le menti di chi ha il potere di far tacere le armi e porre fine subito a questa guerra insensata! Purtroppo, si preferisce ascoltare altre ragioni, dettate dalle logiche del mondo. Ma la voce del Bambino, chi l’ascolta?”. Così Bergoglio.

Dal Vaticano al Cremlino. La Russia è pronta a negoziare per porre fine alla guerra, l’Ucraina però non è disponibile. È il quadro che il presidente russo Vladimir Putin delinea in un’intervista alla tv Rossiya 1. “Stiamo agendo nella giusta direzione, stiamo tutelando i nostri interessi nazionali, gli interessi dei nostri cittadini, la nostra gente. E semplicemente non abbiamo altra scelta che proteggere i nostri cittadini”, le parole di Putin. “Ma siamo pronti a negoziare con tutti i soggetti coinvolti in questo processo su alcune soluzioni accettabili: ma non siamo noi a rifiutare i negoziati, sono loro”. La Russia è pronta a riaprire il gasdotto Yamal verso l’Europa. Lo dice in un’intervista alla Tass il vice premier russo Alexander Novak aggiungendo che nonostante la guerra il mercato europeo rimane «aperto» per il Gnl russo e che in 11 mesi del 2022 le forniture di gas naturale liquefatto sono aumentate a 19,4 miliardi di metri cubi, con una previsione di 21 miliardi entro fine anno.

«Oggi – conclude Novak possiamo dire con certezza che c’è richiesta del nostro gas» da parte dei consumatori europei, «quindi continuiamo a vedere l’Europa come un potenziale mercato dei nostri prodotti. È chiaro tuttavia che contro di noi è stata avviata una campagna su larga scala, che si è conclusa con il sabotaggio del Nord Stream». Sul fronte di guerra, il portavoce dell’aviazione dell’Ucraina, Yurii Ihnat, parlando ieri alla tv ucraina non ha riconosciuto in modo diretto il coinvolgimento di Kiev nell’attacco con un drone alla base aerea russa di Engels, nella regione russa di Saratov sul fiume Volga, ma ha dichiarato che “queste sono le conseguenze dell’aggressione russa”. “Se i russi pensavano che la guerra non li avrebbe colpiti nelle retrovie, si sbagliavano di grosso”, ha aggiunto. I funzionari ucraini non hanno mai confermato attacchi di droni in Russia e hanno mantenuto l’ambiguità su precedenti attacchi di alto profilo, compresi gli attacchi di droni alle basi militari russe dell’inizio di dicembre.

Ieri l’esercito russo ha riferito di avere abbattuto un drone ucraino che si avvicinava alla base aerea di Engels, che si trova oltre 600 chilometri a est del confine con l’Ucraina, il che solleva domande sull’efficacia delle difese aeree russe se dei droni riescono a spingersi così tanto all’interno del Paese. Il ministero della Difesa russo ha dichiarato che l’incidente è avvenuto nelle prime ore di lunedì e che 3 militari sono rimasti uccisi da detriti nella base aerea di Engels, che ospita i bombardieri strategici a capacità nucleare Tu-95 e Tu-160 che sono stati coinvolti in attacchi contro l’Ucraina. Il ministero ha precisato tuttavia che nessun velivolo ha subìto danni. Lo scorso 5 dicembre attacchi di droni senza precedenti su Engels e sulla base di Dyagilevo nella regione di Ryazan, nella Russia occidentale, avevano ucciso complessivamente 3 militari, ferendone altri 4.

“Le forze ucraine hanno respinto nella giornata di ieri diversi attacchi russi in varie località dell’oblast di Kharkiv, in quello del Lugansk e nella regione del Donetsk”. Lo riporta il Kyiv Independent. A darne l’annuncio, ieri, lo stato maggiore delle forze armate ucraine riferendo inoltre che l’esercito russo ha lanciato cinque missili oltre 90 attacchi contro l’Ucraina, causando vittime civili e colpendo le infrastrutture. E sempre ieri in un altro attacco russo al centro della città di Kherson sono morti almeno dieci civili e ne sono rimasti feriti altri 55, diciotto dei quali sono in gravi condizioni, secondo il governatore dell’Oblast di Kherson, Yaroslav Yanushevych. Le forze ucraine hanno colpito quattro zone di comando russe, un sistema missilistico antiaereo S-300 e altri tre siti strategici. È il 305° giorno di guerra.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.