Con Elly non arriviamo manco al 17%”, come pare abbia detto, secondo una ricostruzione del Foglio, Nicola Zingaretti scendendo dal palco della Festa di Ravenna. Gira che ti rigira, lo stesso problema. Elly Schlein può andare anche a tutte le feste dell’Unità dello Stivale, cantare Zombie a Castiglione del lago, emigrare per qualche ora a Parigi per fare una foto con la sindaca Hidalgo, sostenere un referendum che non c’è contro il Jobs Act, tanto il risultato non cambia. E non sono solo i sondaggi, anche se la prima volta che Fdi deflette, il Pd non si schioda dall’eterno 20%, ma soprattutto la percezione. Il messaggio della Segretaria non sfonda, non esce dalle colonne d’Ercole dello zoccolo duro. Che è esattamente la ‘cattiveria’ sfuggita all’ex segretario Zingaretti, che di ‘stillicidi’ è un esperto. Come se l’unica cosa di Elly veramente riuscita fosse l’intervista a Vogue Italia, quella sull’armocromista. Poi non è arrivato più nulla, solo rumori di fondo.

Così al Nazareno suona l’allarme, e inevitabilmente cresce la diffidenza. Ad esempio verso Stefano Bonaccini, che da settimane ha intensificato le presenze in Tv, fino quasi ad oscurare la solita velina da Tg, Elly che arringa i militanti da un palco. La segretaria ‘per caso’ ed il segretario ‘ombra’. Che cosa si è messo in testa quello, ci si chiede in Transatlantico?

Malignità che escono prevalentemente da parlamentari dem, ‘se vuole ribaltare l’esito delle primarie, non glielo consentiremo’, bofonchia un potentissimo esponente del Pd, uno del nuovo corso. Così è dovuto tornare in campo Francesco Boccia, che aveva già preso per mano Elly Alice nel corso delle primarie. Ora invece va difesa la segretaria di tutti, “non sono le elezioni di Elly Schlein, ma le elezioni del Partito democratico guidato da Elly Schlein che tocca ognuno di noi”, è l’avvertimento. Se proprio deve essere 17%, la responsabilità sarà equamente suddivisa, sentenzia il capogruppo.

Il punto è che l’estate militante è stata un mezzo flop, nessun risultato eclatante. Sul salario minimo, il campo largo si è infilato in un cul de sac, la ‘battuta’ sul jobs act ha fatto crescere il malumore, come l’improvvido stop alle spese militari, ha reso ancora più complicato il rapporto con la minoranza interna. Quel nido di ‘vipere’ che aspetta solo il tonfo di Elly alle elezioni di giugno, per poterla rimettere in discussione. La tecnica adottata è quella del fuoco lento ma costante. Immaginate un pentolone ed una rana che nuota tranquilla. Il problema è che per le ‘vipere’ di Energia Popolare, la rana è proprio l’attuale inquilina del Nazareno.

Boccia così consiglia di candidare tutti, Morani, Gori, Bonaccini, Ricci, Fiano, chi più ne ha, più ne metta, consiglia sottovoce agli svagati componenti del fan’s club, che lo ascoltano un po’ intorpiditi. Tutti corresponsabili, perché se il Pd dovesse salire, vincerebbe solo Elly, se dovesse rimanere nelle attuali secche, perderebbero soprattutto i candidati di Energia Popolare. E resta inteso, che in quel caso, per loro non ci sarebbe altro che il ‘patibolo’. Guerini? Via. Malpezzi? Via. Il sogno di un bagno purificatore, nel quale si mette in conto anche la ‘non vittoria’, ma che darebbe la significativa opportunità di fare un bel ‘repulisti’, troppe volte rinviato, spingono i più esagitati.

Poi come si fa a fidarsi? C’è la questione Zingaretti che rende bene l’idea. I vecchi leader che pubblicamente elogiano la leader, incassano il dovuto (come l’ex presidente della Regione Lazio messo a capo della Fondazione culturale del partito), e poi dicono quello che dicono. Come se ci fosse un Pd a microfono acceso, ed uno più ‘underground’ che popola i corridoi.

Si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare cattivo esempio”, la magica strofa di De Andre così fotografa perfettamente l’umore di un partito che non trova la postura giusta all’opposizione. E al primo piano di Palazzo Carpegna, nel corridoio del gruppo in Senato, sono di casa un po’ troppe ‘comari’.

Phil

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