Che problemone le liste per Bruxelles.
Ci devo mettere la testa, dice Elly a Flavio, il suo portavoce.
Francesco, oggi, abbiamo altre auto candidature di Energia Popolare?, si rivolge preoccupata al suo capogruppo in Senato.
È che l’equilibrio del nuovo Pd, stenta ancora ad emergere.
Intanto troppi amministratori della minoranza, il famoso partito ombra che guarda a Stefano Bonaccini. Giorgio Gori al nord ovest, Dario Nardella al Centro, Antonio De Caro al Sud, forse lo stesso governatore della Regione Emilia Romagna al Nord Est (ma anche lui è ancora indeciso con una suppletiva alla Camera).

Più Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento Europeo, al quale va garantito un seggio al Sud, l’ibrido capogruppo uscente Brando Benifei che è tentato dall’abbraccio definitivo alla maggioranza, e la delusa Chiara Gribaudo, che si aspettava ogni carica, ma alla fine è ‘solo’ vicepresidente’ del partito. Troppo poco per una che ha avuto l’onore di condividere per qualche mese l’appartamento con Elly.
I fedelissimi sono ancora troppi pochi, Marta Bonafoni in corsa come capolista al Centro, Nicola Zingaretti suo numero due (si, ‘di lui ci si può fidare’, studia da capogruppo a Bruxelles), Laura Boldrini, tutte opzioni valide su una sola casella, quella del Centro, dove bisogna far posto anche al sindaco di Firenze. Un affollamento da autobus romano, per dire che stare comodi sarà un eufemismo, visto che bisogna anche raccogliere le preferenze.

Il problema è trovare il modo per distinguere il ‘nuovo’ Pd, insomma la firma di Elly. Intanto la segretaria non ha sciolto la riserva, ma al primo piano di Palazzo Madama, attorno agli uffici Pd, le malelingue dicono che non avrà il coraggio necessario, e alla fine non farà la capolista.
Formalmente però non ha ancora risposto, è sempre formalmente non ha trovato la personalizzazione richiesta.
La prima idea fu quella di mettere in testa di lista tutte donne, ma, ahimè, ci aveva pensato qualcuno prima di lei (Matteo Renzi nel 2014).
Poi il grande azzardo, ‘faccio da capolista in tutte le circoscrizioni’, poi il suo tutor, Francesco Boccia, le ha spiegato che era troppo rischioso.
Così ora al Nazareno sono a metà del guado. Marco Furfaro la fa facile, “anche un voto in più delle politiche sarebbe un trionfo”. Decisamente più complicato, e l’asticella un pochino più alta: almeno il 22,74, percentuale raggiunta nel 2019 da Nicola Zingaretti.

Sotto quella percentuale, il Pd si sveglierebbe in una situazione di guerra interna. Vicino a quella percentuale, Elly comunque non dormirebbe tra due guanciali.
E dire che intanto la segretaria del Pd ha trovato in Spagna la sua ‘Vox’: Yolanda Díaz, vicepresidente del governo, leader di Sumar, una piattaforma a sinistra dei Socialisti di Sánchez, e fino a poco tempo fa militante del partito comunista iberico. La Díaz sarà ospite alla festa nazionale dell’Unità, per confermare la linea sempre più a sinistra del Pd, che infatti in Francia ha come riferimento Jean-Luc Mélenchon.
Elly ha promesso di fare il punto tra ottobre e novembre, per arrivare ad uno schema prima di Natale. Intanto bisogna stringersi attorno a Marta Bonafoni, perché la capolista in pectore, deve trovare anche le preferenze ed uscire vincitrice dalle sabbie mobili della circoscrizione centrale, di gran lunga la più difficile per i dem.

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Vive a Roma ma è cresciuto a Firenze, è un antico frequentatore di corridoi, ha la passione per Philip Roth e per le melanzane alla parmigiana, predilige il paesaggio della Versilia