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Alessandra DeMichelis e la sospensione dagli avvocati per un video: aboliamo l’ordine!

Avvocato e scrittore
Alessandra DeMichelis e la sospensione dagli avvocati per un video: aboliamo l’ordine!

Si scrive dc_legalshow e si legge Alessandra DeMichelis. Di professione avvocato, con la “o”, come lei ama essere chiamata nella sua veste professionale, nel tempo libero modella e influencer.
La sua pagina Instagram è open e la può visitare chiunque: una collezione di foto a effetto, molto glamour, qualcuna vagamente osé, un ombelico ogni tanto, un paio di chiappette perizomate, immagini di posti esotici ricchi di bikini, qualche aperitivo, vestiti e moda.
Insomma molta allusione e illusione, effetti speciali, una pagina godibile.
Il problema però non è questo. La storia nasce diversi mesi fa, quando Alessandra DeMichelis e Federica Cau girarono una clip, pubblicata su una pagina Instagram, che in pochissimo tempo raccolse un numero incredibile di visualizzazioni e di follower.
Le due signore, peraltro molto avvenenti, sono due avvocati che nel tempo libero hanno deciso di divertirsi scattando immagini e girando video nello stile della pagina. “Un nuovo modo di comunicazione”, dicono entusiaste del successo.
Ma non tutto fila liscio. Secondo l’ordine degli avvocati il problema è che sono due iscritte all’albo.
Nell’ambiente forense di Torino, dove le due signore esercitano, nascono i primi pettegolezzi, le malignità, le invidie e partono le prime diffide.
La Cau molla e si ritira mentre Alessandra DeMichelis, intrepida e determinata, continua le sue pubblicazioni e la sua battaglia.
Dopo un tira e molla, durato qualche mese e condito da diffide e minacce di procedimento disciplinare, la DeMichelis viene sospesa dalla professione per ben 15 mesi, laddove 36 ne sono il massimo edittale.
Ovviamente la decisione è stata impugnata e sospesa e ora pende innanzi il Consiglio Nazionale Forense. “Andrò fino alla Cassazione”, tuona Alessandra.
Per lei è una questione di principio e per noi anche.
Perché diciamocelo, ma cosa diavolo avrebbe fatto l’Avv.DeMichelis di così brutto per meritare una sanzione così grave?
La professione forense, come tutte le professioni e come tutto il mondo, ha le sue devianze che non sono sufficienti ad autorizzare superficiali generalizzazioni del tipo “gli avvocati sono tutti…” ma che non sono neanche talmente esigue da essere trascurate o ignorate.
Ci sono molte violazioni disciplinari che sono anche violazioni del codice penale, e poi ci sono quelle di condotta nei rapporti con i clienti, con i colleghi e con i magistrati. E tra queste ci sono quelle sommerse, quelle di cui non si accorge nessuno, come quella dell’avvocato che va a parlare con il giudice, da solo e in assenza del contraddittore, per tentare di deviarne il giudizio a suo favore. E sono tante e se vogliamo anche abbastanza gravi perché l’attentato alla genuinità della decisione e alla imparzialità del giudizio è uno dei fatti più gravi che possano esistere nel mondo forense.
Ma tutto questo cosa c’entra con le foto e i video di Alessandra? Quali decisioni avrebbe tentato di accaparrarsi? Quali attentati alla indipendenza del giudice ha mosso?
Le motivazioni non si conoscono ancora, ma si parla di illecito o sleale accaparramento della clientela e di decoro. Ma che roba è?
Quindi qualunque avvocato che si staglia, tra la sua comunità, per notorietà perché magari è un bravo cantante, fa l’attore teatrale per passione, trasmette in una radio o, come me, scrive libri rischia di essere accusato di accaparrarsi slealmente la clientela. La notorietà diventa un crimine, anche se, come nel caso di Alessandra è meritata.
A quel punto, per una donna, anche frequentare il tribunale vestita in maniera accattivante o per un uomo essere elegante e bello rischia di diventare lo stesso veicolo.
No, no può e non deve essere questo.
A quattrocchi, la decisione che eroga la pesante sanzione sembra essere non solo sproporzionata ma del tutto fuori luogo ed evidenzia due ordini di problemi.
Il primo è che i consigli di disciplina degli ordini forensi non possono e non devono diventare il megafono delle sollecitazioni invidiose degli iscritti, delle malignità, dei pettegolezzi che spesso provengono da professionisti che hanno meno successo e non certo per colpa di altro o degli altri.
Il secondo è che il codice della deontologia forense è medievale.
Innanzitutto nella sostanza, perché contiene prescrizioni talmente generiche, come quelle “sul decoro”, che spesso consentono di sfociare nella vita privata, in fatti e questioni personali, in vicende intime che a volte sono anche sfortunate, oppure nel tipo di attività o hobby che un, o una, professionista conducono nel tempo libero, che non possono e non devono interessare né il mondo degli avvocati e tantomeno gli organi destinati alla amministrazione della categoria o delle vicende disciplinari.
E poi nelle pieghe procedurali perché nel loro interno, sebbene sia richiamato esplicitamente al Codice di procedura penale, non sono consentiti gli ingressi né dei procedimenti speciali tantomeno delle misure riparative.
Alcuni decenni oro sono, al tempo delle liberalizzazioni, si parlava di abolizione degli ordini.
Una misura eccessiva? Una cosa è certa: nel codice civile e in quello penale ci sono misure più che sufficienti anche a regolare e disciplinare le attività professionali, comprese quella degli avvocati. E gli ordini professionali hanno, a volte, con il passare del tempo, un vago sapore bizantino, ogni tanto il  sentore di satrapie destinate esclusivamente a creare e sostenere un potere sulle proprie comunità.
Questo sapore tra le labbra a volte si rafforza specie come quando quel potere si trasforma nella negazione di una libertà e nella repressione di vicende e attività che portano solo gioia e soddisfazione nella vita privata.
Chi scrive è socialista, riformista, libertario e anche un pochino anarchico.
Se questo narrato, se quello che è successo ad Alessandra, deve significare la esistenza degli ordini professionali, perché no? Aboliamoli.