Chatham House, il think tank inglese (tra i più accreditati del mondo) che si occupa di politica estera, assegna ogni anno un premio ai contributi più significativi al miglioramento delle relazioni internazionali. Quest’anno il premio è andato ai cinque giudici della Corte suprema del Malawi, che, nonostante le pressioni, hanno invalidato le elezioni presidenziali del 2019 e ordinato la loro ripetizione dopo aver riscontrato estese irregolarità.
In merito al voto, Radio France Internationale (RFI) raccontava che «sui social media le elezioni presidenziali del 2019 nel Malawi sono state battezzate le ‘Tipp-Ex election’, facendo riferimento alla marca di un correttore, dopo che sono uscite schede elettorali con aree pitturate con il liquido bianco e soprascritte, alterando a quanto pare i risultati».
Chatham House plaude ai giudici e scrive: «I giudici della Corte costituzionale del Malawi hanno dato l’esempio ai loro colleghi di tutto il mondo difendendo la centralità dello Stato di diritto e la separazione dei poteri (…) Nonostante i tentativi di corruzione di alto livello e le minacce, il giudice Healey Potani, il giudice Ivy Kamanga, il giudice Redson Kapindu, il giudice Dingiswayo Madise e il giudice Michael Tembo – che sono arrivati in tribunale sotto scorta armata e indossando giubbotti antiproiettile – hanno emesso una sentenza di 500 pagine che ha rispettato la Costituzione e difeso i diritti democratici dei cittadini nelle circostanze più difficili (…) La sentenza del Malawi è senza precedenti in un paese in cui le passate elezioni sono state segnate da irregolarità, brogli elettorali e violenze. I giudici hanno affermato con successo la loro indipendenza di fronte a pressioni significative e al potere dell’incumbency». Il potere, detto altrimenti, di chi il potere ce l’ha.
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