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Eroi d’Italia: Operazione Mato Grosso

© Facebook Operazione Mato Grosso
© Facebook Operazione Mato Grosso

In un altro mio articolo pubblicato su Il Riformista il primo marzo del 2021, ricordavo che da tempo adotto la composizione degli italiani descritta da un mio compagno di liceo, oggi valente chirurgo vascolare. Grazie alla quale trovo la spiegazione a buona parte della storia italiana. Almeno quella contemporanea. Il mio compagno di bisbocce liceali, Dottore Giulio Andolfato, ama dividere gli italiani in: “un terzo di delinquenti, un terzo di ignavi e un terzo di eroi.

Non penso, scrivevo, che la maggior parte degli altri paesi del mondo abbiano un numero così elevato di eroi. Ma probabilmente neppure due terzi di delinquenti e ignavi, prima di affrontare la categoria dei traditori. Ma tra i tanti eroi di cui il nostro contraddittorio (forse più di altri) Paese dispone, vi sono certamente anche i volontari dell’Operazione Mato Grosso (OMG). Movimento spontaneo nato nel 1967, dal cuore e dalla fantasia di padre Ugo De Censi, salesiano, che educa i giovani attraverso il lavoro gratuito a favore dei più poveri dell’America Latina.

Mi ha fatto scoprire l’OMG, nella seconda metà degli Anni Ottanta, quando ero responsabile della rivista ufficiale della Guardia di Finanza (“Il Finanziere”), proprio un finanziere. L’allora Appuntato Salvatore Scino. Un finanziere considerato in modo particolare. Alcuni lo ritenevano legato ad ambienti dei cosiddetti “finanzieri democratici”. Che nelle vecchie gerarchie del tempo provocavano qualche preoccupazione. E che a me, invece, suscitava una curiosità semantica. Chiedendomi perché tutti gli altri finanzieri, che pure avevano giurato fedeltà alla Repubblica Italiana, ed osservanza alla Costituzione, non dovessero considerarsi altrettanto “democratici”.

Io compresi subito l’abito nobile e le grandissime doti umane di quest’uomo. Oltre che da Finanziere con la effe maiuscola. Rimasi particolarmente ammirato dalla sua dedizione a questa alla nobile causa dell’OMG. Che lo portava a sacrificare parte del suo non certo lauto stipendio, e tutto il suo tempo libero, a cominciare dalle sue ferie, per la causa dei più poveri tra i poveri. Nei lontani altipiani andini. Mi accorsi presto di non essere il solo, presso il Comando Generale della Guardia di Finanza, a restare ammirato da Salvatore, oggi Maresciallo Capo in congedo e, suo tramite, dalle figure carismatiche, alcune in aura di santità, che lo circondavano. E che, grazie a lui, tanti finanzieri hanno potuto conoscere, e poi sostenere. In una gara di generosità che ha coinvolto, e continua a coinvolgere, tantissimi appartenenti alla Guardia di Finanza. Tra i primi e più convinti sostenitori dell’operazione, ricordo ad esempio l’allora Comandante Generale, Luigi Ramponi, ed il generale Nicolò Pollari.

Grazie a Salvatore, che nel tempo è diventato un amico, ho scoperto l’esistenza di giovani, meno rumorosi di quelli che siamo abituati a vedere dalle cronache e sui social, che, attraverso un’opera silenziosa, iniziano un cammino che li porta a scoprire e a vivere alcuni valori fondamentali per la loro vita. La fatica fisica, il “dare via” gratis, la coerenza tra le parole e la vita, lo spirito di gruppo, il rispetto e la collaborazione verso gli altri, la sensibilità e l’attenzione ai problemi dei più poveri, la ricerca del senso della vita,  l’ imparare a voler bene alle persone.

Assieme a Salvatore Scino, determinato e tenace come un figlio di Calabria, tantissimi volontari si sono recati e si recano ogni anno in missione e intraprendono attività a favore della gente povera e abbandonata delle regioni andine. In Perù, Ecuador, Brasile, Bolivia. Non esaudendo la preghiera di Salvatore, il quale mi ha pregato di scrivere solo di Padre Ugo De Censi, Don Armando Zappa, che dopo la morte di Padre Ugo ne ha raccolto l’eredità del vivere tra i più poveri dei poveri, e della martire dell’Operazione, Nadia De Munari, non posso non parlare di lui. Perché devo a lui il merito di avermi fatto conoscere, con il suo esempio e la sua testimonianza di fatti concreti, e non solo di parole, l’Operazione Mato Grosso.

Mi piace in proposito ricordare, trascrivendola, la sua emozione raccontatami in un messaggio col quale mi ha dato notizia della sua partecipazione all’udienza con Papa Francesco: “Buongiorno carissimo Alessandro, il 6.5.21 il Santo Padre ci ha ricevuto come rappresentanza dell’Operazione Mato Grosso. È stata una   importantissima e bellissima carezza all’Operazione Mato Grosso, che abbiamo ricevuto in Vaticano dal Santo Padre Francesco, dai cardinali Parolin e Bassetti, dopo la drammatica aggressione e la morte della nostra volontaria Nadia De Munari, avvenuta il 21 aprile scorso nella missione di nuova Chimbote in Perù. Eravamo: Mons. Giorgio Barbetta (vescovo ausiliario di Huari, Perù) Padre Armando Zappa (parroco della baraccopoli di Nuova Chimbote (Perù),  rientrati per qualche giorno al seguito della salma di Nadia;  Padre Lele Lanfranchi, Padre Lorenzo Salinetti, Don Marco Gasparri, Massimo Casa ed io. Non sapevamo bene cosa ci attendesse e abbiamo ricevuto piena condivisione nel dolore di questo dramma, affetto e la benedizione di Papa Francesco. Meravigliose carezze che danno forza a tutto il nostro movimento a proseguire nel difficile lavoro con i poveri. Siamo usciti da questi incontri pieni di una grande ed indescrivibile commozione e riconoscenti. Ciao, Salvatore”.

 

Nadia De Munari è la volontaria laica uccisa a 50 anni il 24 aprile 2021, nel poverissimo quartiere di Nuevo Chimbote in Perù, dove era presente da 30 anni con gli operatori dell’Operazione Mato Grosso.  Originaria di Giovenale, una frazione di Schio (Vi), Nadia ha dedicato oltre metà della sua vita ai poveri e ai bambini della regione affacciata sulla costa peruviana sul Pacifico qualche centinaio di chilometri a Nord di Lima.  È stata aggredita di notte, presso la casa “Mamma mia” mentre dormiva da qualcuno che ha cercato di strangolarla e poi l’ha colpita mortalmente con un macete. Per rubarle solo qualche spicciolo e altri miserabili oggetti. Soccorsa dagli altri volontari, Nadia è poi morta nell’ospedale di Nuevo Chimbote, una città di mezzo milione di abitanti, in buona parte migranti dalla Sierra che vivono in una delle baraccopoli più pericolosa delle Ande.

Padre Armando Zappa ha raccolto Nadia morente, la mattina di quel terribile mercoledì nel centro educativo “Mamma Mia”, ed ha corso in auto per più di cinque ore per portarla il prima possibile all’ospedale di Lima, dove i medici hanno cercato inutilmente di salvarla. Ha poi accompagnato il feretro di Nadia in Italia. Originario di San Miniato (Pisa), don Armando è stato ordinato prete a 61 anni in Perù. La sua vocazione ha avuto un percorso singolare nell’ambito dell’Operazione Mato Grosso. Sposato con Marta, ha condiviso con lei per vent’anni la vita missionaria in Bolivia e Perù. Il 3 dicembre 2016, dopo la morte della moglie e con il consenso della figlia ormai adulta, è stato consacrato sacerdote nella chiesa dei Salesiani a Lima.

Ora vive all’interno di una baraccopoli, senza fogne e acqua, nella zona desertica di Chimbote, dove trova rifugio tanta povera gente sradicata dalla propria terra, proveniente dalla sierra e dalla foresta amazzonica. Nella baraccopoli padre Armando sta costruendo un Centro: scuole, asili, chiesa, mensa e altro ancora. Gli asili sono già operativi e i bambini possono ricevere un’educazione in un ambiente sereno. La mensa al momento fornisce 1.500 pasti al giorno! Resta però tanto da fare e don Armando ha bisogno dell’aiuto di tutti.  Sono tanti coloro che, la più parte in silenzio, ed appartenenti ad ogni schieramento politico, offrono la propria opera all’Operazione. Perché la generosità, al pari dell’eroismo di quel terzo di italiani di cui ho parlato, non conosce frontiere o etichette politiche, filosofiche, religiose, di genere o altro.

Avendo avuto il privilegio di leggere anche una corrispondenza, ad esempio, tra padre Ugo Censi e l’allora Ministro degli Affari Esteri del Governo Berlusconi Francesco Frattini. Non ha frontiere o etichette politiche o ideologiche quel terzo di eroi – di cui parlavo nel mio articolo sui vigliacchi d’Italia, poco più di un mese prima dell’uccisione di Nadia – come non le hanno gli autentici Patrioti italiani ed europei come me. Che amano il proprio Paese, perché diversamente sarebbe una contraddizione in termini, con lo stesso amore che hanno per l’unità europea. Grazie all’esempio di Salvatore, ho quindi deciso di dedicare i proventi derivanti dalla vendita di un libro che sto mandando alle stampe, e che raccoglierà i pensieri in libertà di un patriota italiano ed europeo, saranno dedicate alle opere per le quali Nadia ha dedicato, ed alla fine sacrificato, la sua vita. In onore di questi rappresentanti silenziosi del terzo eroico del nostro Paese, che il Maresciallo Capo Salvatore Scino ha fatto scoprire e conoscere quattro decenni fa.