Forse preoccupati da altro ma sarebbe stato prudente negli ultimi da parte degli adulti nutrire più di un dubbio durante le feste di compleanno o le prime comunioni. Durante tali occasioni, mentre vengono scartati regali con tanto di dediche scritte a mano (penso a un libro, un maglione o un paio di scarpe), per i festeggiati il pensiero era rivolto a tutt’altro. E mentre nonni e zii si spingevano (con tanti sacrifici) alla tradizionale busta con i soldi fino al modesto libretto di risparmio; e i parenti più “cringe” optavano per la penna stilografica o un elegante orologio, nulla poteva eguagliare l’emozione del desiderio atteso e sognato per mesi ovvero possedere il primo smartphone che consente di dire: “eccomi sono connesso”, o, parafrasando Cartesio, “digito ergo sum”
Possiamo essere sconcertati quanto vogliamo, ma se persino il momento dell’unboxing viene condiviso poi dai genitori sui loro profili social, allora è necessario rivalutare il rapporto tra media e adolescenti, adottando un punto di osservazione completamente diverso e cercando di immergersi completamente in esso con tutte le scarpe. In questa sfida di comprensione, ci fornisce preziosa guida il libro “Il Futuro al Centro – Bambini e Adolescenti nella Scena Mediale Contemporanea”, edito da Egea e scritto da Mihaela Gavrila e Massimiliano Padula, un’opera che ho trovato straordinaria per la sua profondità e chiarezza del contenuto.
L’opera rappresenta un’analisi robusta del rapporto che dovrebbe ( e usiamo il condizionale poiché non lo è ancora pienamente) connettere le esigenze dei bambini e dei ragazzi con il panorama mediatico attuale. Sul punto, infatti, il saggio offre non solo dati verificati derivanti dalle più recenti ricerche ma anche indicazioni progettuali per colmare ciò che io definisco un vuoto di attenzione da parte degli operatori dei media verso le necessità dei piccoli posti nell’anonimo calderone dei consumers e non considerati come soggetti centrali dell’educazione, persone da tutelare in tutta la loro complessità e non taggati come semplici target di mercato.
Gli autori sono inequivocabilmente chiari e persino perentori in alcuni passaggi: i bambini e gli adolescenti non sono destinatari passivi dei processi mediatici ma detengono un ruolo attivo nell’apprendimento e nell’influenza sulla cultura mediatica.
Per questo incoraggiano insegnanti, educatori, famiglie ed istituzioni a tenere conto sempre degli interessi, delle aspettative e delle preoccupazioni dei giovanissimi i quali negli ultimi anni sentono con particolare sofferenza la mancanza di una seria attenzione da parte degli adulti in campo media-educativo. La situazione si fa progressivamente drammatica in una spirale tale per cui la povertà economica delle famiglie ha un forte impatto anche sui percorsi educativi. La forbice nei consumi educativi tra le famiglie di diverse condizioni economiche si allarga nelle regioni del Nord, dove a fronte di una quota di spesa destinata all’istruzione pari allo 0,6% del totale tra le famiglie in condizioni economiche più deprivate, tale valore raggiunge il 2,2% per quelle più abbienti, come emerge dalle elaborazioni di Save The Children su dati ISTAT.
Il mondo digitale sembra più appartenere ai “broadcaster” che agli utenti in particolare i più piccoli: l’orrore di Caivano passando per la violenza del branco di Palermo sono solo le ultime terrificanti epifanie di un degrado culturale a cui bisogna porre rimedio al più presto magari facendo la nostra parte di adulti e operatori dell’informazione. Sull’onda di tale indignazione è un ulteriore segnale positivo l’iniziativa del ministro Valditara che annuncia nuove linee guida affinché si parli del contrasto alla violenza e agli abusi a scuola. E questo perché i ragazzi abbiano ben chiaro, fin da adolescenti, che ogni comportamento che riguarda la sfera sessuale non può prescindere da due parole d’ordine: consenso e rispetto. E che, in caso contrario, le conseguenze possono essere molto serie.
In tal senso, il saggio è uno strumento validissimo. E’ un libro che ci fornisce, sintetizzerei, un’inchiesta del già e del tanto non-ancora sull’offerta mediale contemporanea, sull’offerta esistente e sui rischi di un’educazione mediale scomposta. Senza omettere le molteplici opportunità per tutelare al meglio i nativi digitali che – come io stesso ho scritto recentemente – lo sono sì anagraficamente ma sprovvisti di quelle necessarie consapevolezze che costruiscono la cittadinanza attiva e responsabile adeguata alla loro età.
Il baricentro teoretico-interpretativo del saggio trova una fondamentale ispirazione nel monito geniale di Papa Francesco, che esorta a spostare il focus dall’occupazione (sfrenata) di spazi all’attivazione (corresponsabile) di processi all’interno sempre di un patto educativo riformato e ricostruito. Questo patto, fondato sulla pietra angolare del rispetto della persona umana – dei suoi inalienabili diritti e dei suoi progressivi doveri all’interno della sua comunità di appartenenza – rappresenta il fondamento stesso di ogni azione educativa in quanto “nessuna tecnologia potrà mai sostituire il valore dell’essere umano.” Il primato della persona emerge come il nucleo centrale da cui scaturisce e converge un’autentica educazione digitale, in grado di affrontare le grandi e non facili sfide che caratterizzano il mondo odierno.
Dalla lettura del libro si viene guidati verso un equilibrio tra l’avanzamento tecnologico e la tutela dei valori umani fondamentali con un assunto di fondo ovvero che il futuro – di cui parla il libro – non è riducibile alle meri superficie degli schermi (gli oggetti) che accompagnano le giornate delle nuove generazioni ma questo futuro è declinato nel suo significato profondo e trasformativo: sono gli occhi dei nostri giovani (i soggetti), le finestre attraverso le quali possono esplorare il mondo e interagire con esso. Per converso, tutto ciò che va al di là o allontana da questa centralità della persona umana non è sostanziale e non incide sui processi educativi.
Il primato della persona è, in definitiva, fonte e culmine per un’educazione digitale degna delle sfide di oggi, un percorso che impegna le polarità della techno e dell’ ethos senza separazioni né contraddizioni.
Tutto il resto – per rimanere nel gergo social – sono stories che durano al massimo in giorno.
© Riproduzione riservata