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La politica come un alieno sul palco dell’Ariston

Giornalista
La politica come un alieno sul palco dell’Ariston

Ora che Sanremo 2024 è finito, uscite l’identità dell’alieno di Ghali.
Sempre bene conoscere per tempo tutti i candidati in lista per le prossime elezioni. Lui/lei/esso (?) e il rapper tunisino ci insegnano che sì, si può e si deve parlare di politica sul palco dell’Ariston. Quale migliore vetrina per mettere in scena temi d’attualità importanti e stimolare il pubblico dibattito se non il Festival della città dei fiori seguito da mlioni di italiani che, prima ancora che telespettatori, sono cittadini ed elettori?
Ma per farlo ci vuole coraggio.

Inutile, per intenderci, riempirsi la bocca di slogan pacifisti alla Miss Italia che prendono applausi e tolgono dignità ai sacri valori di libertà, uguaglianza, solidarietà tra i popoli. Come il “viva le differenze, viva la libertà di pensiero sempre e comunque” di Mahmood o il “Viva la musica, viva la libertà, viva la pace” dei Negramaro, giusto per citarne alcuni. Nè tantomeno serve gridare a TeleMeloni o canticchiare Bella Ciao in conferenza stampa. Bastano poche parole, purché ragionate, ponderate, difese con convinzione.

Casa mia, casa tua, che differenza c’è?”. Ghali canta l’identità, il sentimento d’appartenenza a una comunità che, se non trova radici nella nazionalità, le affonda nella condivisione di una stessa cultura.“Come fate a dire che qui è tutto normale? Per tracciare un confine con linee immaginarie bombardate un ospedale, altro che amore”. Parla di guerra, di sofferenza, di umanità. Dulcis in fundo, non ha paura di dire a voce alta “Stop al genocidio”, suggeritogli all’orecchio dal Compagno alieno. Ebbene, gli alieni siamo noi che ci illudiamo di poter ignorare il bisogno impellente di costruire ponti e abbattere muri, mentre Ghali è stato un galantuomo.

Niente a che vedere, per esempio, con la paraculaggine di Dargen D’Amico, che ha affrontato il problema dell’immigrazione, protagonista del suo brano, anche in un intervento breve ma intenso, da standing ovation. “Nel mar Mediterraneo in questo momento ci sono bambini sotto le bombe, senza acqua e cibo e il nostro silenzio è co-responsabilità – ha dichiarato – La storia, Dio, non accettano la scena muta: cessate il fuoco”. Verità Santa. Peccato che se la sia poi rimangiata giustificandosi: “Non volevo essere politico, ho fatto tante cazzate nella mia vita e ho compiuto tanti peccati, anche gravi, ma non ho mai pensato di avvicinarmi alla politica“. Beh, buon per noi, mi verrebbe da ribattere.

La politica, caro Dargen, è una cosa per pochi. Un’arte nobile, seria, impegnativa, insita di responsabilità. Altro che cazzata. E non dobbiamo mai dimenticarcene sebbene la non presa di posizione politica aprioristica sembri ormai essere diventata una tecnica di sopravvivenza in una società che rifiuta il confronto delle idee, perché teme le idee.