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Un biglietto del tram per piazzale Loreto

Un biglietto del tram per piazzale Loreto

Di solito, il 25 Aprile mi viene da passare in Piazzale Loreto. In Via Doria c’è la stele commemorativa dell’architetto Castiglioni. I partigiani, nel giorno della Liberazione, vi depongono corone di fiori alla memoria. Il nome del Fogagnolo scolpito nella pietra mi riporta sempre alla canzone degli Stormy Six.

Le corone dei partigiani in piazzale Loreto

Di solito, cerco di vivere il 25 Aprile con indifferenza, la quale non è nient’altro che malcelata rabbia. Per una Liberazione mai realmente compiuta. Perché una vera libertà non è nella condizione umana. E forse questo è uno sprone a vivere. Però da Piazzale Loreto ci passo sempre. Ci sono affezionato.

E’ una piazza molto brutta. Una volta, con la nebbia e il grigiore lo era anche di più. Da bambino, la trovavo moderna, potente, trascinante. Abitavo nelle case popolari di San Siro. Quella piazza aveva un che di grandioso, di internazionale.

Adesso, sta per diventare bella. Milano è cambiata. Non è più la città con il bavero del paltò alzato e le teste basse, per sfidare freddo e umidità ed andare a lavorare. Oggi c’è il Covid, ma fino a poco tempo fa c’erano un sacco di turisti, di giovani, di locali, di vita. Tra qualche tempo, forse, tornerà come un anno e mezzo fa, chi lo sa. E Loreto dovrà cambiare. Il progetto ce la propone avveniristica, giocata su più livelli, con tanto verde. Una roba da sciuri, una sciccheria. Perfino il Palazzo di Fuoco tornerà a risplendere.

Restyling Loreto

Però qualcosa mi manca, qualcosa mi stona. Il benzinaio della Esso non c’è più, meno male. I tram è da anni che non passano di lì. La città cambia, si trasforma continuamente. Questo è positivo. E Loreto sarà la degna Porta Orientale di entrata ed uscita dalla città (non è vero, su quel fronte Milano finisce all’incirca con il fiume Lambro, ma rende l’idea).

Eppure, rimuovere la storia è sempre un grave errore. Viviamo nell’epoca delle bolle. Che separano i giovani dai vecchi, che separano inesorabilmente generazioni, gusti, preferenze, idee, percorsi. Loreto sembra essere l’ennesima cesura: un’operazione di oblio, che ci fa dimenticare da dove veniamo.

Siamo ancora in tempo: non un centimetro di terra è stato smosso. Non è necessario modificare il progetto. Basterebbe soltanto cambiare il nome della piazza, per rendere maggior giustizia alla storia. Non si tratta di forma, o di etichetta: il fascismo, si può dire, nasce e muore a Milano. Loreto è una finestra temporale che ha spalancato l’Italia nell’età moderna: l’età repubblicana, con le sue virtù ed i suoi vizi. Bene sarebbe ricordarlo. Specialmente in un momento storico come quello che stiamo vivendo, il quale molto probabilmente ci catapulterà per davvero verso l’Europa, dopo tanti anni di tentativi.

Allora varrebbe la pena pensarci, affinché Loreto diventi davvero una piazza di tutti, e non semplicemente un esercizio architettonico, per quanto ben riuscito.