Piazza bella piazza. Che poi è strano non averci pensato prima, naturale che la segretaria del Pd, nata a Lugano ma a 18 anni trasferita a Bologna, facesse prima o poi riferimento al grande cantore della Torre degli asinelli, a Lucio Dalla. Per di più dopo un fine settimana ad alta tensione, con le chat dei parlamentari in ebollizione.

Velocissimo riepilogo: la prima volta di un segretario Pd alla festa del Fatto Quotidiano, il bacio con Marco Travaglio, la rilettura dei pidocchi di Togliatti (“ci rendiamo conto che qualcuno può non sentirsi a casa in un Pd che si batte per l’ambiente, i diritti e il lavoro di qualità, allora forse l’indirizzo lo aveva sbagliato prima”), l’apoteosi di Giuseppe Conte alla Festa nazionale dell’Unità di Ravenna, la conclusione della stessa, con Elly che canta con il pubblico Bella Ciao, stavolta però senza accompagnamento musicale.

Ed è proprio in Romagna che la segretaria svela il sequel dell’estate militante: “ci aspetta una grande mobilitazione per l’autunno, a partire dal tema della sanità pubblica”. Il Pd farà le prove generali il 7 ottobre nella piazza convocata dalla Cgil, per poi misurarsi in proprio verso metà mese.

L’espediente è tradizionale, il Nazareno, alle prese con una minoranza sempre più insofferente (“Un Pd piccolo e radicale non serve”, aveva spoilerato Stefano Bonaccini) ricorre ad un classico della tradizione gauchista. Dario Nardella, che si aspetta una candidatura significativa alle europee di giugno, è il più lesto a cogliere la palla al balzo: “Sarebbe importante una grande manifestazione”. Il sottinteso è parliamo d’altro.

La direzione di Elly intanto ormai è incontrovertibile: “Ogni tanto ci accusano di aver spostato il partito a sinistra, non so se ho questa colpa e non so se sia una colpa”, ha detto dal palco di Ravenna. Inutile questionare.

Il giorno prima, alla casa del jazz di Roma, aveva risposto ai trenta dirigenti che avevano abbandonato il Pd: “Forse avevano sbagliato ad iscriversi”, una battuta, che il Migliore avrebbe sottoscritto. Sinistra e piazza, Hidalgo (la sindaca di Parigi, incontrata nel viaggio lampo nella capitale francese) e Diaz (la ministra spagnola di Sumar invitata a Ravenna), Cranberries (ha interpretato Zombie a Castiglione del lago) e Daniele Silvestri (il cantautore di riferimento), Marco Furfaro (presto incoronato numero due) e Marta Bonafoni (la fedelissima che sarà capolista alle Europee), questo il nuovo Pantheon proposto dalla segretaria alla fine dell’estate militante, prendere o lasciare. Il tutto a suo rischio e pericolo, perché ieri il sondaggista Noto ha ribadito che la svolta a sinistra non porta voti e che il Pd resterà ancorato al 20%, che sarebbe il fine corsa di Elly.

Nel weekend democratico però anche un altro evento, sempre a Ravenna. Sabato, il giorno prima del gran finale, è arrivato Giuseppe Conte, con Stefano Bonaccini come sparring partner. Intanto anche in questo caso la prima volta che non viene concesso un palco in solitaria per il presidente del partito, ma l’accoppiamento era una piccola punizione per entrambi. Il leader del M5S si è portato la claque da casa, agli ordini dell’ex senatore Gabriele Lanzi le truppe grilline occupano militarmente le prime fila, e scandiscono l’ovazione. La strategia funziona, i duemila militanti si spellano le mani, Giuseppe, Giuseppe. Chiaro che il feticcio da attaccare sia Matteo Renzi: “che ha fatto cadere il governo in piena pandemia”. Meglio non specificare che al suo posto venne Mario Draghi, e partì la campagna di vaccinazione. Non propriamente dettagli.

Houston, abbiamo un problema: Pd e M5S si rivolgono sempre di più allo stesso elettorato, quindi continueranno a contendersi il consenso, almeno fino a quando uno dei due non cederà sfinito. In gioco c’è la leadership della sinistra radicale. Vincerà il camaleonte, l’uomo con la pochette, rotto a tutte le alleanze, o l’intrepida segretaria che ha rifondato Articolo Uno, portandosi dietro anche qualche militante del Pd?

Phil

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