Dal Cardarelli al Policlinico, dal Cotugno al Monaldi. Per la Procura di Napoli c’era un sistema di estorsioni e di gestione degli appalti controllato esclusivamente dalla camorra, con la compiacenza di alcuni imprenditori e di funzionari pubblici e sindacalisti che facevano da informatori, pronti a segnalare ai referenti dei boss nuovi appalti o nuove iniziative all’interno degli ospedali su cui allungare le mire. Cinquantatré gli indagati: per trentasei il gip ha disposto la misura cautelare in carcere, per dieci quella agli arresti domiciliari, per altri due il divieto di accesso e dimora in tutto il territorio della regione Campania.

L’ipotesi dell’accusa è che ci sia stato un controllo assillante da parte dei clan, in particolare da parte dell’Alleanza di Secondigliano e dei gruppi del Vomero ad essa collegati. I boss pretendevano una percentuale su ogni appalto, dalla gestione delle macchinette distributrici di cibo e bevande al servizio di pulizia, dalle ambulanze e trasporto dei malati alle onoranze funebri, fino agli affidamenti a imprese di costruzione e alle assunzioni di personale. L’inchiesta, nata da un filone dell’indagine sulla Sma, la società in house della Regione Campania, per lo smaltimento dei fanghi prodotti dai depuratori, si era presto estesa agli appalti ospedalieri. Lo spunto lo avevano dato le dichiarazioni di un imprenditore coinvolto nell’inchiesta Sma che nel maggio 2016 decise di collaborare e svelare agli inquirenti collusioni tra imprenditori, pubblici amministratori e criminalità organizzata, dando il via a una capillare attività di intercettazioni telefoniche e ambientali che hanno portato agenti della squadra mobile e pm sulle tracce degli oltre quaranta indagati per cui ieri sono scattate le manette.

Tra questi ci sono anche dipendenti del servizio pulizie dell’ospedale Cardarelli di Napoli. Era il 25 maggio 2016 quando l’imprenditore che decise di collaborare cominciò il suo lungo racconto e questa data assume importanza se si considera che in quello stesso periodo il servizio di pulizie presso il Cardarelli, il più grande ospedale del Sud, era gestito dalla Romeo Gestioni, la società dell’editore di questo giornale. Perché sottolinearlo? Perché ieri, quando si è diffusa la notizia degli arresti e dell’inchiesta, in tanti, anche la Procura, hanno preso una svista accostando il nome della Romeo Gestioni ad alcuni personaggi protagonisti dell’inchiesta, limitandosi a un generico, troppo generico, «dipendenti della Romeo Gestioni» senza chiarire che non si trattava più di dipendenti ma di ex dipendenti, tra l’altro confluiti nell’organico della Romeo Gestioni solo e semplicemente perché quando a ottobre 2014 la Romeo Gestioni stipulò con il Cardarelli un contratto per l’appalto del servizio di pulizia il passaggio di cantiere (si chiama così il passaggio dell’appalto, maestranze incluse, da una ditta a un’altra) avvenne nel pieno rispetto di quanto previsto dal Contratto nazionale di lavoro per le società multiservizi e cioè nella piena salvaguardia di tutti i posti di lavoro.

Vuol dire in pratica che la Romeo Gestioni, subentrando alla Florida 2000 nell’appalto al Cardarelli, dovette assorbire nel proprio organico i dipendenti della Florida 2000. Successivamente, fu la stessa Romeo Gestioni a presentare cinque esposti alla Procura di Napoli e inviare note alla Prefettura e alla Questura di Napoli, alla Regione Campania, ai carabinieri del Nas e all’Anac, evidenziando di aver attivato ogni possibile azione di tutela giuslavoristica nei confronti del personale in termini di richiami, contestazioni, trasferimenti e, nei limiti del possibile, licenziamenti, ma che tali azioni da sole non potevano bastare per una bonifica ambientale ripetutamente richiesta alle autorità competenti senza alcun esito. Le note e gli esposti risalgono al periodo tra la fine del 2014 e settembre 2015, quindi ben prima che alla Procura di Napoli giungessero le confessioni dell’imprenditore.

Inoltre, dal 30 giugno 2020 la Romeo Gestioni non ha più l’appalto per le pulizie al Cardarelli; ha chiesto espressamente di recedere dal contratto quando si è vista sola e inascoltata di fronte alle denunce contro la camorra. Gli uffici della Procura, che hanno lavorato all’inchiesta su camorra e appalti ospedalieri, dovrebbero quindi conoscere tutti questi dettagli. E allora perché negli atti il nome della Romeo Gestioni viene ancora accostato all’appalto al Cardarelli e a quei dipendenti (tra l’altro uno di essi non lo è nemmeno mai stato, sicché alla svista si aggiunge l’errore) lasciando intendere che si tratti di accostamenti validi e attuali?

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).