Il 4 luglio 2024 è stato pubblicato il decreto-legge n. 92, successivamente convertito nella legge n. 112/2024. Secondo il Ministro della Giustizia, le innovazioni introdotte avrebbero contribuito a ridurre il sovraffollamento carcerario e a favorire l’“umanizzazione della pena” attraverso un intervento “vasto e strutturale”, senza cedere a “indulgenze gratuite” idonee a compromettere l’autorevolezza dello Stato, come affermato nella conferenza stampa del 3 luglio 2024. Particolari criticità sono emerse dalle modifiche, previste dal DL, alla disciplina della liberazione anticipata, beneficio consistente nella riduzione di quarantacinque giorni di pena per ogni semestre espiato riconosciuto ai detenuti o ai soggetti in misura alternativa che abbiano mantenuto una condotta regolare e dimostrato impegno nel percorso rieducativo.

Nella disciplina previgente, il magistrato di sorveglianza procedeva semestralmente, su istanza dell’interessato, alla valutazione sul suo comportamento, decidendo se concedere o meno la riduzione di pena. Pur comportando un elevato numero di procedimenti, questa procedura consentiva un controllo periodico sulla condotta del condannato che aveva funzione di stimolo e accompagnamento nel percorso rieducativo. La riforma, lasciando invariata l’entità della riduzione di pena, non ha prodotto alcuna diminuzione della popolazione detenuta e ha invece generato dubbi interpretativi e rilevanti difficoltà operative (di cui gli Uffici di sorveglianza non avevano certamente bisogno, visti gli enormi carichi di lavoro) tanto che sono state già sollevate più questioni di legittimità costituzionale attualmente al vaglio della Corte.

Con il decreto-legge n. 92/2024 è stato infatti introdotto un sistema fondato su verifiche molto diradate nel tempo (giustificate solo da ragioni specifiche, ad esempio in vista di istanze di accesso a benefici penitenziari), con la conseguenza che all’aumentare della durata della pena diminuiscono in modo significativo le occasioni di valutazione sulla condotta del detenuto. Ne deriva che numerose istanze di liberazione anticipata sono oggi dichiarate inammissibili non per carenza di meritevolezza, ma perché presentate in un momento non consentito. In chiusura, si è stabilito che il magistrato di sorveglianza provveda d’ufficio, in prossimità del fine pena, a valutare il comportamento del condannato in tutti i periodi precedenti non vagliati.

Il funzionamento complessivo della nuova disciplina veniva subordinato (art. 5 co. 4 del DL 92/2024) all’adozione, entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto-legge, di norme regolamentari che specificassero le modalità di comunicazione al magistrato di sorveglianza delle informazioni sulla condotta e, soprattutto, dell’approssimarsi del cosiddetto “fine pena virtuale” che il pubblico ministero dovrebbe calcolare (accanto al fine pena effettivo) all’inizio dell’esecuzione penale e nel suo corso, detraendo tutta riduzione di pena teoricamente conseguibile, così offrendo al condannato una sorta di incentivo psicologico alla buona condotta. Era infatti evidente che, in mancanza del cd. fascicolo elettronico del detenuto, fosse necessario stabilire dettagliatamente come e chi dovesse inviare le tempestive comunicazioni agli Uffici di sorveglianza, privi di scadenziari dei fine pena informatizzati.

Il regolamento attuativo (DPR n. 176/2025) entrato in vigore il 10.12.2025 sorprendentemente non ha previsto modalità idonee a garantire il monitoraggio automatico dei fine pena (sia effettivi sia “virtuali”) onerando di fatto gli Uffici di sorveglianza (in cui operano poco più di 200 magistrati) della gestione non informatizzata di scadenziari per circa 49.000 persone in misura alternativa e per quasi 48.000 detenuti definitivi (su un totale di oltre 63.000 detenuti presenti negli istituti penitenziari) – dati del Ministero della Giustizia al 30 novembre 2025.

Con estrema preoccupazione si deve dunque constatare che la riforma sulla disciplina della liberazione anticipata, dopo quasi 18 mesi, non ha ridotto il sovraffollamento, ha aumentato la complessità procedurale, ha attribuito alla magistratura di sorveglianza compiti non sostenibili in assenza di adeguati strumenti informatici gravandone ulteriormente il lavoro, e ha introdotto una disciplina che a molti giuristi pare in contrasto con il principio affermato dalla Corte costituzionale sin dal 1990, secondo il quale la valutazione periodica sulla condotta del detenuto svolta dal magistrato di sorveglianza assumeva un rilevante valore pedagogico nel percorso rieducativo del condannato.

Lara Fortuna - magistrato di sorveglianza di Padova

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