Ho letto con attenzione la replica dell’ufficio stampa Enel al mio articolo pubblicato su queste colonne sabato scorso. Concordo che “sia doveroso evitare analisi parziali che possano condurre a conclusioni fuorvianti” sulla narrazione delle FER buone a prescindere per abbassare le bollette. Perché più di un paragone storico sul prezzo pagato per l’elettricità dagli italiani, ha senso un confronto sul differenziale di quanto la pagano gli altri. Le nostre bollette sono incontrovertibilmente tra le più alte d’Europa, 35% sopra la media UE.

È vero che non tutti gli impianti fotovoltaici oggi in funzione (40GW a fine giugno) beneficiano degli incentivi, ma la realtà dei fatti è che il 44% degli impianti in Conto Energia operano con margini estremamente generosi portandosi a casa tra incentivo e remunerazione di borsa oltre 400€ per MWh. Risorse assorbite per produrre poco più del 7% del totale della generazione elettrica. Incentivi che pesano in bolletta, assieme al “trascinamento” dei costi di sistema che le fonti rinnovabili comportano: adeguamento della rete, accumuli e batterie, capacity market (centrali a gas tenute in stand by per intervenire quando sole e vento non producono).

Anche gli impianti installati successivamente ai 5 Conti Energia godono di incentivazioni con tariffe incentivanti fissate da aste in cui l’offerta spuntava la tariffa più alta in quanto l’assegnazione di contingenti era regolarmente superiore all’offerta. In definitiva gli impianti puramente merchant si contano sulle dita delle mani in Italia. Il punto non è demonizzare la potenza rinnovabile aggiuntiva ma interrogarsi se davvero servono tutti gli ulteriori 50GW di pannelli e 12 GW di pale previsti entro il 2030 dal Pniec.

Perché, se è vero che con i nuovi incentivi alle prossime aste al ribasso la base viene abbassata a 65€/MWh per il fotovoltaico, non va sottaciuto che l’eccesso di produzione (quello che verrà tagliato per garantire la stabilità del sistema elettrico) sarà comunque remunerato. E con l’aumento della penetrazione delle rinnovabili è un’eventualità non solo scontata ma abbastanza ricorrente. Innondare i territori del Mezzogiorno e isole di impianti per buttare energia senza instaurare un sistema davvero dissuasivo per ottimizzare la localizzazione di nuova capacità, comporterà – oltre allo scempio del paesaggio – un’ulteriore zavorra sulle bollette degli italiani. Infine, prendo atto dell’affermazione: “Enel è tutt’altro che assolutista: con pragmatismo, nel breve periodo, persegue l’aumento della quota di rinnovabili perché da subito realizzabile”. La mia speranza è ora che Enel si impegni concretamente in investimenti nel nostro Paese.

Patrizia Feletig

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