Il suo nome è comparso nella versione di greco di Platone all’esame di maturità 2024. Radamanto o Radamante è indicato dalle genealogie come terzo figlio di Zeus e di Europa, accanto a Minosse e Sarpedonte. Fu un re dell’isola di Creta, un semidio venerato anche nelle isole egee ed in Beozia. Visitò Calea, dove sposò Alcmena e guadagnò la reputazione di legislatore sapientissimo.

Il “giudizio di Radamanto”

Radamanto è quasi sempre rappresentato seduto su un trono accanto a Crono, con uno scettro in mano, sulla porta dei Campi Elisi. Platone riporta una tradizione in cui Radamanto, insieme a Eaco, Minosse e Trittolemo, è un giudice dei morti. Gli antichi infatti usavano l’espressione “giudizio di Radamanto” per indicare un giudizio giusto ma severo, riflettendo la sua grande equità. Nel Tartaro, Radamanto indagava sui delitti, obbligando i colpevoli a confessare gli errori della loro vita e a espiare i loro peccati dopo la morte. I giuramenti “radamantini” venivano fatti invocando animali o cose inanimate come testimoni. Radamanto, uomo probo, era tale proprio perché aveva ricevuto istruzione da Minosse. Il primo viene definito da Platone come “uomo giusto”, il secondo come  “selvatico duro e ingiusto”. Tuttavia, non aveva appreso l’intera arte del governare, ma solo quella parte che riguarda l’amministrazione della giustizia. E proprio per questo motivo, era conosciuto come un buon giudice. Minosse si avvalse di lui come custode delle leggi nella città, e di Talo per il resto di Creta.

Il paragone con Minosse

Nel testo si spiega che fu Minosse (che nell’Odissea fu addirittura rappresentato con un aureo scettro) ad essere lodato più di ogni altro re antico di Creta, e non Radamanto, che non fu rappresentato nemmeno intento a dialogare con Zeus. Dopo la sua morte, continuò a svolgere un ruolo di sovrano e giudice giusto nel Tartaro.

Redazione

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