Tra le tracce proposte all’esame di maturità c’è anche quella di Giuseppe Galasso, uno storico, giornalista e politico italiano, esponente di punta del Meridionalismo contemporaneo. Un brano tratto da Storia d’Europa, Vol. III, Età contemporanea. Il testo è inserito nella tipologia b, spunto per testo argomentavo.

Chi era Giuseppe Galasso

Nato il 19 novembre 1929 a Napoli, figlio di un artigiano vetraio, Giuseppe Galasso perse la madre nel 1941. Per sostenere la famiglia, svolse diversi lavori, tra cui sguattero e facchino. La sua passione precoce per la lettura orientò la sua vita. A Napoli, ottenne prima l’abilitazione magistrale nel 1946 presso l’Istituto Magistrale «Pasquale Villari» e poi, come privatista, la licenza liceale al Liceo Umberto I nel 1947.

La vita accademica, fu professore di Storia Medievale

Si laurerò in storia medievale e successivamente in lettere presso l’Università Federico II di Napoli, vinse una borsa di studio dell’Istituto Italiano per gli Studi Storici nel 1956, di cui divenne poi segretario. Dal 1963 iniziò a insegnare nelle università di Salerno, Cagliari e Napoli, dopo aver ottenuto la libera docenza.

Dal 1966 fu professore ordinario di Storia Medievale e Moderna presso l’Università Federico II, e preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dal 1972 al 1979. Insegnò anche storia moderna all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Successivamente divenne presidente della Biennale di Venezia e dal 1982 al 1988 della Società Europea di Cultura. Dal 1977 fu socio dell’Accademia dei Lincei.

Il ruolo politico

In campo politico, Galasso fu esponente del Partito Repubblicano Italiano. Dal 1970 al 1993 fu consigliere comunale a Napoli, ricoprendo il ruolo di assessore alla Pubblica Istruzione dal 1970 al 1973. Incaricato sindaco nel 1975, rinunciò poiché non riuscì a formare una giunta. Fu deputato alla Camera dal 1983 al 1994, e sottosegretario al Ministero dei Beni Culturali e Ambientali dal 1983 al 1987, promotore della legge Galasso per la protezione del paesaggio nel 1985. Fu anche sottosegretario al Ministero per l’intervento straordinario nel Mezzogiorno.

L’attività giornalistica e la direzione delle riviste

Galasso ebbe anche un’intensa attività giornalistica, partecipando a dibattiti culturali e collaborando con vari quotidiani e periodici nazionali, come Il Mattino, il Corriere della Sera, La Stampa e L’Espresso. Fu direttore della rivista Comprendre della Fondazione veneziana “Società Europea di Cultura”.Diresse la rivista Prospettive Settanta, fece parte del comitato direttivo della Rivista Storica Italiana, la Storia d’Italia edita dalla UTET e la rivista L’Acropoli edita dalla Rubbettino.

Il caso Tangentopoli

Coinvolto nelle inchieste di Tangentopoli, fu processato e assolto dalle accuse. A detta Emanuele Macaluso, Galasso fu una delle figure culturali italiane che si impegnarono anche politicamente, contribuendo significativamente al dibattito culturale e politico del Mezzogiorno e dell’intero Paese.

La traccia alla Maturità 2024

Storia d’Europa di Giuseppe Galasso è una delle due tracce del testo argomentativo. Invita i maturandi a riflessioni sull’uso dell’atomica

Questo il passo:

La condizione così determinatasi nelle relazioni internazionali, e in particolare fra i grandi vincitori della guerra e in Europa, fu definita «guerra fredda». La definizione, volutamente antitetica, esprimeva bene la realtà delle cose. Lo stato di pace tra le due massime potenze dei rispettivi campi e tra i loro alleati non poteva ingannare sulla realtà di un conflitto ben più consistente e, soprattutto, ben diverso nella sua cronicità, nelle sue manifestazioni e nei modi del suo svolgimento rispetto alla consueta contrapposizione di posizioni e di interessi nei rapporti fra potenze anche nelle fasi di grande tensione internazionale. A conferire al conflitto questo aspetto inedito valse certamente, e fu determinante, l’«equilibrio del terrore» affermatosi con l’avvento delle armi atomiche. E tanto più in quanto nel giro di una dozzina di anni i nuovi armamenti e i sistemi di piazzamento, lancio e destinazione fecero registrare perfezionamenti di tecnica, di precisione e di potenza tali da lasciar prevedere senza possibilità di incertezza che un conflitto atomico avrebbe provocato una catastrofe totale delle possibilità stesse di vita dell’intera umanità non solo e non tanto per le perdite e le rovine che avrebbe provocato quanto per l’alterazione insostenibile che avrebbe arrecato all’ambiente terrestre “dal punto di vista, appunto, della sopravvivenza stessa del genere umano.
Si prospettava, insomma, un tipo di conflitto i cui risultati finali, chiunque fosse il vincitore, sarebbero stati relativi proprio a questa sopravvivenza più che a qualsiasi altra posta in gioco. Ciò costringeva tutti i contendenti al paradosso di una pace obbligata, di un confronto che poteva andare oltre tutti i limiti tollerabili in una condizione di pace e perfino giungere all’uso di armi potentissime, ma pur sempre non atomiche, armi «convenzionali», come allora furono definite, ma non poteva e, ancor più, non doveva superare la soglia critica segnata da un eventuale impiego delle armi atomiche. Come non era mai accaduto prima, l’uomo restava, così, prigioniero della potenza che aveva voluto e saputo raggiungere. Uno strumento di guerra, di distruzione e di morte di inaudita efficacia si convertiva in una garanzia, del tutto impreveduta, di pace a scadenza indefinita. La responsabilità gravante sugli uomini politici e sui governi dei paesi provveduti di armi atomiche superava di gran lunga, nella sua portata e nella sua stessa qualità morale e politica, qualsiasi altro tipo di responsabilità che fino ad allora si fosse potuto contemplare nell’esercizio del potere. Sorgeva anche subito il problema della eventuale proliferazione di un siffatto tipo di armamenti. Che cosa sarebbe potuto accadere se essi fossero venuti nella disponibilità di un gran numero di paesi e, soprattutto, se si fossero ritrovati nelle mani di leaders che non fossero quelli di grandi potenze aduse a una valutazione globale dei problemi politici mondiali e continentali e fossero, invece, fanatici o irresponsabili o disperati o troppo potenti in quanto non soggetti al controllo e alle limitazioni di un regime non personale e alle pressioni dell’opinione pubblica interna e internazionale? La lotta contro la proliferazione delle armi atomiche e per il disarmo in questo campo divenne perciò un tema centrale della politica internazionale e vi apportò un considerevole elemento sedativo (per così dire) di eventuali propensioni a varcare la soglia del temibile rischio di una guerra atomica.”

Viene chiesto qual è secondo lo storico l’espressione del significato guerra fredda ed equilibrio del terrore, di spiegare per quale motivo l’uso dell’atomica provocherebbe “una catastrofe totale della possibilità stessa di vita dell’intera umanità”, e quali siano le considerazioni che motivano la lotta contro ‘la proliferazione delle armi atomiche per il disarmo”

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