La ministra sotto accusa
Chi può controllare il Green pass: tra Lamorgese e il garante della privacy il pasticcio dei controlli
La pezza serale, la circolare del ministero dell’Interno, non spegne l’incendio che da 48 ore ha messo sulla graticola il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese “colpevole” due volte: per aver messo sul tavolo il dossier della cittadinanza; per aver detto che il controllo del green pass nei ristoranti non può essere a carico dei gestori e neppure dei poliziotti che hanno altro e di più importante da fare. «Scriveremo tutto in modo chiaro nella circolare di attuazione del provvedimento» ha annunciato lunedì il ministro. Solo che pare che al Viminale siano “impazziti” per mettere in piedi una circolare che non smentisca nessuno degli attori primari di questa faccenda. I tecnici hanno dovuto combattere con sofismi figli di questa stagione. Ad esempio: «Il Dpcm è chiarissimo ma la richiesta di documenti da parte di un non pubblico ufficiale necessita di una norma primaria». Peccato che il Garante della privacy abbia detto il contrario in determinate situazioni.
Sullo ius soli la proposta del ministro Lamorgese è di buon senso ma alza prevedibili muraglie con Lega e partiti di centrodestra: «Non se ne parla, le priorità sono altre: salute, lavoro e sicurezza». Anche sui controlli del Green pass nei ristoranti il ministro dice cose di buon senso che sottintendono il senso di responsabilità di ciascuno di noi ma vanno anche a toccare l’argomento più divisivo in questa calda estate alle prese ancora con la pandemia. Di conseguenza arma le tifoserie di favorevoli e contrari. Con tutto quello che ne consegue di polemiche, attacchi, ironie e sarcasmi. Un inciampo che il premier Draghi avrebbe volentieri evitato visto che ci sono già altri dossier divisivi sul tavolo al rientro dalle brevi vacanze: il terzo decreto sul green pass, quello su lavoro e trasporti; i decreti sulla riforma del fisco e sulla concorrenza; la riforma della giustizia in Senato; i provvedimenti sul lavoro, dalla riforma del reddito di cittadinanza a quella degli ammortizzatori che è ancora in alto mare per via soprattutto delle coperture.
E infatti sarebbe stato il premier ieri a parlare al telefono con la ministra Lamorgese invitandola – qualcuno al Viminale parla anche di “toni seccati” – a chiarire quanto aveva detto qualche ora prima. E a scrivere una circolare che non smentisse lo spirito del strumento green pass e al tempo stesso ne tutelasse la funzione e l’efficacia: garantire standard di vita “normali” seppur conviventi con la pandemia. Detta meglio: non chiudere più le attività, tutelare la salute e invitare il più possibile i cittadini a vaccinarsi. Il fatto è che la ministra – un tecnico senza cappelli politici al netto di una stima particolare da parte del Quirinale – quando ha parlato è riuscita nell’impresa di scontentare un po’ tutti: governo, maggioranza e persino le sue truppe, gli uomini e le donne della Polizia di Stato. E ha fornito materia prima alle opposizioni che non vogliono il green pass. E a quei pezzi di Lega – si parla di una ventina di parlamentari – che hanno già detto che non lo voteranno. Claudio Borghi in testa.
Così come altri provvedimenti legati alla pandemia, anche il green pass ha avuto da subito sostenitori e detrattori e il governo ha faticato non poco a spiegarne il vero significato. Le opposizioni e alcune categorie commerciali sono subito andate a nozze sull’applicazione. Come si controlla? Chi controlla? Il tutto tra ristoratori in parte collaborativi e in parte no. In questa situazione lunedì pomeriggio la ministra ha parlato. E ha detto in sostanza che «i gestori dei locali dovranno controllare con l’apposita app solo il green pass. Non possiamo pretendere che facciano i poliziotti e quindi non possiamo pretendere che chiedano i documenti di identità quando verificano il possesso del green pass». D’altra parte, ha aggiunto la ministra, «non possiamo neppure pensare che venga svolto dalle forze di polizia perché significherebbe distoglierle dal loro compito prioritario che è garantire la sicurezza». Quindi né i gestori né i poliziotti. I controlli saranno fatti “a campione”. Che è come dire ammettere che no possono essere fatti. Hanno gioito Confcommercio e Confesercenti. «Resa del governo sul green pass: impossibile fare controlli» ha potuto titolare La Verità che non aspettava altro che questo autogol.
«A dir poco perplessi» sono rimasti i funzionari di polizia, coloro che devono dare applicazione alla norma. «I gestori possono controllare i documenti degli avventori. L’esperienza comune – spiegano fonti dell’Associazione nazionale funzionari di polizia (Anfp) – dimostra come non si debba essere poliziotti per chiedere un documento. Non lo sono i tabaccai che devono evitare di vendere le sigarette ai minori, i cassieri del supermercati o i baristi che non possono vendere alcolici ai minori. E anche al cinema se il film è vietato o se si vuole aderire a prezzi scontati per gli over 65 il documento viene chiesto e mostrato serenamente. Potremmo fare tanti esempi». È chiaro quindi che il problema non è giuridico ma “politico e di opportunità”. Il che provoca “sconcerto” dopo la perplessità iniziale.
«Escludere i gestori dei locali dalle verifiche dei clienti – spiega ancora l’Anfp – va in direzione opposta e contraria a quel principio di sicurezza partecipata che ormai da anni è alla base del sistema sicurezza e per cui ciascuno fa la propria parte per costruire un sistema più sicuro». Vedi gli steward negli stadi o negli eventi con grande afflusso di pubblico o la sicurezza negli aeroporti. «Questa inversione di tendenza anche culturale – aggiungono – è ancora più pericolosa in un periodo di conflittualità sociale come quello che stiamo vivendo. È evidente a tutti come la pandemia ed i provvedimenti connessi al suo contenimento siano diventati elementi fortemente divisivi tra le forze politiche e soprattutto tra le persone. In un contesto del genere, in un periodo in cui sono quotidiani gli interventi delle forze dell’ordine per far rispettare le regole anti assembramento e altrettanto quotidiani sono gli attacchi alle forze di polizia, scaricare i controlli nei ristoranti solo sulle forze dell’ordine ci appare francamente inopportuno».
Il timore adesso è che questo pasticcio di parole «vanifichi gli effetti del Green pass almeno sui ristoranti». Chi fa cosa? E che reazioni ci saranno visto che non c’è chiarezza neppure nel decisore politico? «Perché delle due l’una – conclude l’Anfp – o i controlli saranno così sporadici da essere una farsa, oppure saranno fonte di ulteriori tensioni e di riduzione nel contrasto alle diverse forme di criminalità per cui è necessario essere poliziotti». Chissà se la circolare riuscirà ad evitare l’autogol.
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