Il diabete colpisce oltre 463 milioni di persone in tutto il mondo e la sua prevalenza negli Stati Uniti è del 10,5%. Il diabete di tipo 2 rappresenta il 90%–95% di tutti i casi di diabete. Gli italiani affetti da diabete tipo 2 sono circa il 6% della popolazione, cioè quasi 4 milioni di persone. Si stima, tuttavia, che a questo numero possa aggiungersi circa 1,5 milione di persone che hanno la malattia ma ancora non lo sanno. La prevalenza aumenta al crescere dell’età fino a un valore del 21% nelle persone con età uguale o superiore a 75 anni (dati Istat 2020).
La malattia si presenta in genere in età adulta (circa i due terzi dei casi di diabete interessano persone di oltre 64 anni), anche se negli ultimi anni, un numero crescente di casi viene diagnosticato in età adolescenziale, fatto questo correlabile anche all’aumento dei casi di obesità infantile. Il diabete di tipo 2 è quasi sempre associato a sovrappeso e obesità e lo stile di vita, da una parte ne favorisce l’insorgenza, dall’altra deve essere parte integrante della terapia poiché ormai la letteratura scientifica ha solide basi nell’affermare come dieta e attività fisica siano due pilastri terapeutici da associare alle terapie farmacologiche nel combattere questa malattia.
Durante qualsiasi tipo di attività fisica i miglioramenti della sensibilità insulinica e del controllo glicemico possono durare da 2 a 72 ore dopo lo svolgimento della stessa, con una riduzione della glicemia strettamente associata alla durata e intensità dell’attività fisica svolta, con miglioramento della funzione delle cellule beta del pancreas, della sensibilità insulinica, del microcircolo e del microbiota intestinale che si traduce in una riduzione del rischio di malattia oppure in un migliore gestione della stessa. L’allenamento aerobico dalla camminata veloce, alla corsa, alla bici, al nuoto migliora, come ormai confermato da numerosi studi, la glicemia negli adulti affetti da diabete 2 con un una riduzione della emoglobina glicosilata dello 0,5% – 0,7% e un miglioramento del colesterolo, dei trigliceridi e della pressione arteriosa indipendentemente dalla perdita di peso. L’allenamento con esercizi di resistenza sia con pesi che a carico naturale, ad esempio le flessioni sulle braccia o i piegamenti sulle gambe, si traduce in genere in miglioramenti del 10% – 15% in termini di forza, densità minerale ossea, pressione sanguigna, profilo lipidico, massa muscolare scheletrica e sensibilità all’insulina negli adulti diabetici di tipo 2, ma combinando l’esercizio aerobico all’esercizio con i pesi gli effetti sulla salute fisica generale e soprattutto su quella metabolica sono superiori rispetto a eseguire solamente una delle due attività.

La perdita di peso dovuta alla sola attività fisica è generalmente piccola e avviene solamente quando la durata, la regolarità e l’intensità dell’esercizio sono strettamente associate ad esempio a una o più ore di esercizio quotidiano di intensità moderata o alta negli uomini e nelle donne con obesità o un’ora di esercizio aerobico quotidiano – di moderata intensità – ha indotto una perdita di peso simile alle sole restrizioni dietetiche, con riduzioni simili del grasso sottocutaneo addominale e viscerale osservate in entrambi i gruppi.
Un altro aspetto da non sottovalutare è come l’attività fisica nei pazienti affetti da diabete 2 possa incidere sia sullo stato psicologico, migliorando gli stati di ansia e depressione spesso associati alla malattia, ma anche quelle disfunzioni cognitive come la scarsa concentrazione, l’alterazione della memoria visiva e verbale e la velocità di elaborazione e della esecuzione del pensiero che spesso sono associate alla malattia diabetica. Anche altre forme di attività fisica a parte quelle sopracitate sono molto importanti nei pazienti diabetici di tipo 2: dallo stretching, al pilates, al TaiChi. Tutti esercizi in grado di migliorare la circolazione sanguigna, la flessibilità articolare e muscolare e lo stato infiammatorio generale.

Uno degli ostacoli quando proponiamo ai nostri pazienti l’attività fisica come vera e propria terapia del sovrappeso, dell’obesità nel diabete 2 è rappresentato da quella che potremmo definire una “mentalità sedentaria”, oppure dalla mancanza di tempo riferita dai pazienti stessi e che spesso non è una scusa ma il risultato di uno stile di vita che ha sconvolto la nostra biologia perché siamo nati per muoverci non per stare incollati ad una sedia per gran parte della nostra giornata. Ecco dunque che i cosiddetti “snack motori” – che non sono altro che dei semplici esercizi come il piegarsi sulle gambe, eseguire delle flessioni al tavolo o al muro, sollevare dei piccoli pesi, anche delle semplici bottiglie d’acqua da 1.5 litri, salire più volte le scale, camminare velocemente mentre andiamo a fare una commissione, possono essere assolutamente utili se eseguiti con continuità e più volte nel corso della giornata e per produrre quegli effetti metabolici positivi che ci aiutano nel controllare la malattia riducendone le possibili complicanze cardio e cerebrovascolari.
Dal punto di vista nutrizionale si dovrebbe mirare ad un’ora co” con netta riduzione di cibi che hanno un forte impatto sulla glicemia come quelli ricchi di zuccheri semplici, pane, dolci, merendine, snack vari, cibi confezionati e ultraprocessati ricchi di grassi saturi e sale, a favore del pesce, delle carni bianche, della verdura, della frutta (ma con moderazione), dei cereali integrali, dei legumi e della frutta secca oleosa, ma non c’è ancora una identità di vedute condivisa sulla gestione nutrizionale del diabete di tipo 2, a parte i benefici chiari ed evidenti di uno stile alimentare di tipo mediterraneo che però, a volte, si presta ad astruse interpretazioni. Le altre strategie nutrizionali prevedono quasi sempre una drastica riduzione dei carboidrati sino al 5%, come nelle diete chetogeniche, con una forte riduzione calorica che poi non mette questi pazienti nelle migliori condizioni metaboliche per svolgere un’attività fisica costante e che non sono sostenibili a lungo termine.
In conclusione, l’attività fisica di qualsiasi tipo dovrebbe essere parte integrante della nostra giornata a prescindere da eventuali malattie per i noti effetti sulla composizione corporea, sul profilo metabolico e sul nostro tono dell’umore, ma nella malattie croniche non trasmissibili, come il diabete 2, essa diventa non solo una forma importante di prevenzione ma una vera e propria terapia che unita ad una terapia nutrizionale, e se necessaria farmacologica, può essere veramente efficace nel controllo della patologia.