Emergenza climatica
Cop25, l’ecodiplomazia ha fatto fallire il vertice a Madrid
Gli accordi di Parigi erano vistosamente insufficienti. Per due motivi: il primo è che, ove anche fossero stati integralmente rispettati, sono compatibili con un aumento della temperatura non di 1,5 °C o di 2,0 °C, bensì di 3,0 °. E in ogni caso quegli impegni erano solo morali, scritti sull’acqua. Prova ne sia che gli Stati uniti con Donald Trump li hanno denunciati senza pagare alcun dazio. E così hanno fatto, in buona sostanza, altri Paesi, ivi incluso quel Brasile di Jair Bolsonaro che ospita la più grande foresta tropicale del mondo: l’Amazzonia. A Parigi si era consapevoli di queste inefficienze. Per questo l’ecodiplomazia si diede appuntamento a Cop 26, cinque anni dopo, per fare il punto della situazione ed eventualmente intervenire con nuove azioni.
Ora veniamo agli argomenti degli scienziati fatti propri da Greta (e dal suo movimento globale) e da Francesco I (e parte della sua chiesa), oltre che dalle tradizionali organizzazioni ambientaliste. Ebbene, negli ultimi quattro anni le conoscenze scientifiche sono aumentate. E non solo hanno ribadito gli scenari precedenti, ma ne hanno proposto uno ancora più drammatico. Se vogliamo restare sotto la soglia degli 1,5 °C – è scritto in un rapporto dell’Ipcc, il panel di scienziati che lavora per le Nazioni Unite, presentato nel novembre 2018 – dobbiamo fare in fretta: abbattere le emissioni di gas serra in maniera significativa entro il 2030 e raggiungere il traguardo “emissioni zero” entro il 2050.
Detta in altri termini: dobbiamo cambiare rapidissimamente il paradigma energetico fondato sui combustibili fossili e proporne un altro, fondato su fonti rinnovabili e “carbon free”, senza emissioni di carbonio. Non è una proposta velleitaria: si può fare, con le tecnologie già a disposizione. Basta volerlo. Inutile dire che un simile cambio di paradigma tocca nel vivo interessi economici enormi. Quali sono le conseguenze se non rispettiamo l’obiettivo indicato dall’Ipcc? L’aumento della temperatura causa lo scioglimento dei ghiacci; l’aumento del livello dei mari (Venezia, da ultimo, ne sa qualcosa); l’erosione della biodiversità e la migrazione delle specie; esplosioni di nuove e vecchie malattie infettive; eventi meteorologici estremi sempre più frequenti e, appunto, estremi; migrazioni di milioni, forse di centinaia di milioni, di persone e latro ancora.
Uno scenario decisamente non desiderabile. Uno scenario che impone rapidità di azione. Occorre fare presto, sostengono – anzi, implorano – gli scienziati. Madrid era l’occasione per accelerare. Invece tutto è rimasto fermo. Anzi, possiamo dire, che qualcosa è addirittura tornato indietro. L’unico passo avanti è stato fatto dall’Unione europea, che con la nuova presidente della Commissione, la tedesca Ursula van der Leyen, ha annunciato un piano di investimenti volti ad abbattere del 50% e possibilmente del 55% le emissioni dei Paesi dell’Unione entro il 2030 per poi raggiungere la “neutralità climatica” entro il 2050.
© Riproduzione riservata









