Una crisi alla nitroglicerina
Cosa rischia Trump, riuscirà l’ex presidente Usa a salvarsi grazie al Quinto Emendamento?
«Con il dovuto rispetto, faccio appello al Quinto emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America che mi permette di non rispondere a domande che potrebbero portare alla mia incriminazione». Questo dirà stamattina Donald Trump in Tribunale dopo averlo ieri annunciato alla stampa. Ha detto di aver preso questa decisione dopo essere stato convocato dall’ufficio dell’Attorney General, dello Stato di New York che lo inquisisce su tutta la sua carriera imprenditoriale: un filone di accuse separato da quello – tuttora oscuro e inquietante – che ha spinto il Federal Bureau of Investigation a irrompere nella sua residenza di “Mar A Lago” in Florida e a procedere ad una perquisizione talmente brutale da aver autorizzato l’uso della fiamma ossidrica per aprire la cassaforte personale dell’ex Presidente.
Mai nulla di simile era accaduto a un ex Presidente degli Stati Uniti, nemmeno a Richard Nixon quando, al termine di una violenta campagna di stampa orchestrata dallo stesso Fbi, fu costretto a dimettersi per evitare un processo.
Ciò che sta accadendo a Donald Trump conferma ciò che analisti come George Friedman prevedono da alcuni anni e cioè che l’America, paese di sua natura più instabile della nitroglicerina, sia periodicamente sconvolto da crisi esistenziali devastanti.
La nuova guerra di Trump, o a Trump è un sintomo profondo e un portavoce di questa crisi che da tempo viaggia sul filo di una guerra civile con elementi emotivi che noi europei in genere non siamo in grado di cogliere.
Trump è in questo momento inquisito a raffica su fronti diversi e contemporanei trovandosi in una situazione che se fosse avvenuta in Russia o nell’ex Unione Sovietica, allarmerebbe tutti, non si parlerebbe d’altro. Invece accade in America e facciamo tutti finta che in fondo ben gli sta: avevano detto che Trump era una bestia odiosa? E allora, che crepi.
Ma questo sarebbe un pensiero corto. Trump adesso si è visto recapitare l’ordine di sottomettersi a un interrogatorio come nel processo di Kafka. Sarà interrogato sotto giuramento (il che comporta il rischio di un arresto per spergiuro a discrezione del giudice) ma non è chiaro (a lui stesso) su che cosa. Ieri i giornali sostenevano, brancolando nel buio, che Trump sarà sottomesso ad inquisizione totale su tutti i suoi beni economici, le sue attività di imprenditore figlio di un altri imprenditore di successo. Oppure sarà interrogato su presunte carte segrete illegalmente sottratte alla Casa Bianca quando ha lasciato l’ufficio a Joe Biden e ricoverate nel villone che porta il nome misterioso e italianeggiante di “Mar A Lago” dove due notti fa un distaccamento del Fbi– i bravi ragazzi in doppiopetti grigi e una mantella col nome della ditta – è piombato come per una operazione antiterrorismo
La super polizia dovrebbe agire in nome e per conto del Dipartimento di Giustizia, cioè del governo e dunque del Presidente stesso, anche se non formalmente.
Tutti sono d’accordo, sui giornali e nei talk, che la questione delle casse di documenti non può essere di per sé un capo d’accusa perché esiste una grande elasticità di interpretazioni possibili sull’uso dei documenti da parte di chi ha ricoperto la carica di Presidente e la questione già si pose con Jimmy Carter e Bill Clinton. Mentre appare chiaro che al centro dell’attacco contro Trump ci sia l’onnipotente organizzazione di Quantico (sede centrale e scuola) del Fbi che talvolta agisce di propria iniziativa, oppure fabbrica iniziative utili per essere servite ai politici.
Quando Richard Nixon fu costretto alle dimissioni dopo un complotto ordito dal Fbi usando un suo agente detto in gergo “gola profonda” che fornì le dritte a due giornalisti immeritatamente celebrati, nessuno andò più ad inquisire Nixon, il quale diventò poi un consigliere segreto di Bill Clinton alla Casa Bianca. Il repubblicano aveva simpatia per il democratico, anche se Nixon ha poi scritto di aver visto lampi di malvagità in Hillary, moglie di Bill e futura aspirante alla Casa Bianca.
Nixon era repubblicano, era astato il vicepresidente di Dwight Eisenhower, ex comandante delle armate alleate contro la Germania nazista. Ma Nixon stava sulle palle al FBI di Edgar Hoover, il fondatore e organizzatore di una polizia più simile al KGB sovietico che alla Metropolitan Police inglese.
Torniamo alla perdizione di George Friedman che ha uno dei migliori siti di analisi disponibili sul Web. Secondo Friedman la specificità americana consiste nel fatto che gli Stati Uniti sono una miscela instabile, i suoi cittadini in gran parte detestano l’America e sono fortemente antiamericani, sia pere questioni razziali che risalgono allo schiavismo, sia per le nuove vie che ha preso la antica vocazione libertaria americana. Gli Stati uniti hanno avuto una rivoluzione e guerra d’indipendenza violentissima fra gente della stessa lingua ed etnia, e poi una guerra civile condotta militarmente dalle due parti di violenza ancora sconosciuta in Europa, e poi la segregazione dei neri e la dura lotta, prima di John Kennedy e poi di Lyndon Johnson, per imporre con la forza dell’esercito la fine della segregazione razziale.
A quei traumi non seguì la pace ma la crisi esistenziale per la guerra del Vietnam fino all’apparente fine della guerra fredda. Tutto è sembrato calmo e il mondo apparentemente unipolare, finché è comparsa la coda del trauma: l’America non è affatto leader unico del pianeta e deve decidere che cosa vuol essere: isolazionista come sostiene Trump, o mantenere lo stretto e vitale rapporto con il mondo delle democrazie liberali alleate, come vogliono i democratici?
La vittoria di Biden – lo abbiamo scritto più volte su queste pagine – avrebbero sicuramente riaperto il dossier russo per una resa dei conti. Il che non vuol dire affatto che l’amministrazione Biden sia in alcun modo responsabile dell’invasione russa dell’Ucraina, ma il Cremlino non ha mai fatto mistero di considerare i democratici come nemici e che una loro vittoria avrebbe richiesto una o più loro adorabili “operazioni speciali”.
Potrebbe in via non soltanto ipotetica Donald Trump ricandidarsi e vincere le prossime elezioni di novembre e dopo due anni tornare alla Casa Bianca? La risposta è sì, è possibile. E questa possibilità scatena evidentemente iniziative e attività poliziesche che sembrano persino autonome dagli ordini della magistratura e dunque prendono le sembianze di attività persecutorie. Ne va anche della polisca estera americana e dunque nessuno può escludere il ruolo delle tante agenzie interne degli Stati Uniti.
Il motto di Trump era “America First” che quasi tutti interpretarono in Europa come una esibizione di potere dispotico Trump alimentò un elettorato tuttora folto, che si raccoglie dietro di lui perché Trump promette una America sganciata dal pianeta Terra con cui può accettare scambi di merci ma senza impegni. Secondo la dottrina Trump, l’America è difesa naturalmente quanto basta, protetta dai due oceani, Messico e Canada ma anche con la più forte e moderna macchina militare del mondo a proteggere i suoi commerci.
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