Se conti fino a cento passa quasi tutto, diceva la mamma. E invece non passa: muta, o in qualche maniera viene digerito. Quello che serve per fare di una bambina una ragazza e poi una donna e di un bambino un uomo non ce l’hanno pronto e non lo donano i grandi, gli adulti. Devono sparire gli adulti. L’enigma di Morsi, secondo romanzo (edito da Bompiani) di Marco Peano, scrittore ed editor presso Einaudi, classe 1979 è un mistero che soltanto Sonia e Teo possono vedere.

Camminano in questo paese bloccato, isolato dal mondo, dalla nevicata più epica da decenni, sferzato da un vento tagliente che ha portato un’Apocalisse, sorta di contagio – pretesto, per fortuna. È subito momento Stranger Things (e tutti quei riferimenti della serie tv) quando, da soli, pre-adolescenti in un mondo pre-telefonini, devono affrontare qualcosa di troppo più grande di loro, troppo più grande per chiunque. È successo che in questo paesino di provinciaLanzo Torinese: orfano dei turisti in villeggiatura, le feste comandate e sempre uguali, il paese a fianco sempre meglio con i macchinoni e tre televisioni e perfino una playstation per casa, il “truciolato dell’esistenza”, sempre questo chiacchiericcio di sottofondo, le facce dei paesani subito riconoscibili – dove non succede mai niente è successo l’indicibile – è il 1996: proprio mentre, insieme con numerosi casi di cronaca verificatisi in provincia, esplode il fenomeno letterario dei Cannibali.

“L’incidente”: la professoressa Cardone si è trincerata in aula e davanti ai bambini ha fatto qualcosa di indicibile. La scuola un altro topos: che cambia da luogo familiare, un valico da attraversare per crescere, a casa stregata. E precipitano come la neve gli eventi, le certezze degli adulti, il presepio scosso dalla cronaca nera, il tono innocente e candido del romanzo verso il perturbante, splatter, horror per riassumere – che poi non è che la versione pop e paillettata delle favole popolari popolate da masche e masciare.

Qualcosa di magico (echi di Ammaniti, qualcosa da Signore delle Mosche) permea anche Sonia, bambina nipote di nonna Ada che ha fama di guaritrice e che sogna le parole e non ne capisce il motivo. È diversissima da Teo, rappresentano due parti del paese: il dialetto e l’italiano, la scuola dalla quale smarcarsi e la scuola nella quale brillare, a casa di uno si ascoltano cose che i bambini non dovrebbero sentire e a casa dell’altra si fa più attenzione, lei con un misterioso ciuffo bianco tra i capelli e lui con un codino inguardabile. Quando spariscono gli adulti affrontano la perdita e accettano l’avventura – ma che cosa se ne faranno dopo tutto questo dell’adolescenza?

“Ormai era chiaro a entrambi che diventare grandi significa imparare a dire addio”, scrive Peano. A morsi (dal titolo) viene strappata dalla vita l’innocenza. Simbolo sul quale l’embargo – e la censura dello spoiler – non permette molto altro. Scriveva Jorge Luis Borges che “todo lo que comemos, es, a la larga, carne humana”. A scarnificarsi tra rimpianti e ricordi questi adulti, gente tracimata e devastata dal senso del dovere. E dal senso di colpa.

Non è detto che una misteriosa corrispondenza a distanza di anni possa mettere a posto le macerie che gli adulti hanno lasciato verso il futuro. Teo diventa il maschio più coraggioso in un romanzo di uomini poco influenti. Sonia raccoglie un testimone e realizza che non si è mai la somma o la rifrazione o il riflesso dei propri genitori e basta. Qui dove il corpo cambia, la sapienza può destare sospetto, la metamorfosi un trauma: crescere è un film dell’orrore. Che cosa te ne puoi fare degli adulti a un certo punto: di queste madri onnipresenti, dei padri sempre assenti.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.