Semplifichiamo e banalizziamo: se la Cina acquista petrolio dagli Stati Uniti, in una misura quasi corrispondente, calerà le importazioni da un altro paese fornitore. E l’Europa? È forse possibile ipotizzare come gli Stati Uniti in parte riescano a sostituirsi come fornitori all’Europa? Bruxelles conosce bene l’andamento della bilancia commerciale dei Paesi membri vero la Cina: a parte la Germania che esporta un gran numero di autovetture, gli altri Paesi vantano il primato negativo delle importazioni di gran lunga superiori delle esportazioni. Il disavanzo commerciale verso la Cina è grave e noto. Quale politica commerciale può aiutare l’Europa a cercare, così come in questa prima fase hanno ottenuto gli Stati Uniti, a bilanciare i due piatti? In questi ultimi anni la politica commerciale di Donald Trump è stata fortemente criticata e condannata da buona parte dell’intellighenzia economica degli Stati Uniti (e non solo).

È certamente ancora presto per cantare vittoria, ma se la “Fase uno” darà buoni risultati il Presidente può vantare un successo insperato. Presumibilmente anche un successo con riscontri elettorali: gli agricoltori del centro America saranno contenti: gli acquisti della “Fase uno” prevedono 32 miliardi di dollari di prodotti della terra. Del suolo americano. Dal punto di visto scenografico il presidente degli Stati Uniti ha vinto: l’accordo è stato siglato non a Pechino ma negli Stati Uniti, a Washington. Il potente presidente cinese Xi Jinping ha preferito delegare il fidato e meno noto vice Liu He. La reciproca astiosità tra Stati Uniti e Cina calerà? Sul tavolo rimangono ancora molte questioni da risolvere: è molto probabile che la guerra tecnologica continui. Il primo round se l’è aggiudicato Donald Trump, vedremo il seguito. Nel frattempo l’Europa incominci a meditare.