La celebrazione del 70 anniversario della Nato
La Cina detta la linea politica all’Europa e allega minacce
Uomo avvisato è uomo mezzo salvato. Pechino ha scagliato un’affilata freccia al centro del paglione. Londra, settantesimo anniversario della firma del Trattato del Nord Atlantico dove sono presenti ventinove capi di Stato e di Governo. Il Global Times, quotidiano in lingua inglese del governo di Pechino, pubblica un articolo dall’eloquente titolo: “Prendere di mira la Cina significherà autoisolamento per la Nato”. Seguito da: «L’Europa non deve farsi ingannare dai trucchi degli Stati Uniti. È tempo che questi Stati membri prendano in seria considerazione le situazione e facciano la scelta giusta». Perché – prosegue l’organo di diffusione del Partito comunista cinese – «Gli Stati uniti stanno costruendo una Nato come un’alleanza basata sull’ideologia volta a contenere la Cina […] Prendere posizione con gli Stati Uniti non è in linea con gli interessi dell’Europa».
Il messaggio proveniente da Pechino è come di consuetudine chiaro e diretto: l’unilateralismo appartiene a un’epoca tramontata ora “bisogna fare la scelta giusta”. Poche ore dopo sempre il Global Times pubblica un rassicurante comunicato: «Esperti cinesi hanno dichiarato che il tentativo degli Stati Uniti di forzare gli alleati della Nato nella lista nera della tecnologia 5G costruita in Cina nel nome della sicurezza informatica non riuscirà poiché vìola gli interessi nazionali degli alleati e le loro esigenze di tecnologia». Dopo settant’anni dalla firma gli scenari sono cambiati, la Cina è diventata potente protagonista globale che amplia la sua sfera influenza e cerca di ridimensionare il Washington consensuse imporre una de-dollarizzazione negli scambi internazionali. L’Europa dovrà prendere delle decisioni, come riuscire a barcamenarsi tra Washington e Pechino e, soprattutto, come arginare o amministrare gli slanci di alcuni stati che per interesse o per miopia rivolgono insistentemente la propria attenzione alla Cina? È possibile ipotizzare una linea di contenimento comune della Cina?
Quando il 4 aprile 1949 nasce a Washington l’Alleanza atlantica, l’Italia è membro fondatore, gli interessi strategici erano noti: trentasei milioni, tra civili e militari, i morti europei della Seconda guerra, l’Urss, il comunismo e la nascente Guerra fredda. Occorreva creare stabilità all’interno dell’Europa, la firma del Trattato del Nord Atlantico era finalizzato anche ad incoraggiare l’integrazione politica europea (obiettivo evidentemente non pienamente raggiunto), ma, soprattutto, arginare il pericolo comunista e creare un ombrello comune di sicurezza. Tra gli articoli del Trattato più citati e significativi il quinto: «Un attacco armato contro uno o più di loro (stati membri) era da considerare un attacco contro tutti loro». Ora le cose sono cambiate. A Londra la politica e gli avvisi di Pechino non sono il solo nodo d’affrontare. La Turchia non è membro dell’Unione europea, ma lo è della Nato dal 1952. La politica di Recep Erdogan non sembra rientrare in quella della Alleanza atlantica: non solo per l’attacco alla Siria, ma anche per l’acquisto del sistema missilistico di nuova generazione S-400 Triumph dalla società di stato russa MKB Fakel. Quando il Regno Unito attuerà la Brexit quale l’influenza nella formazione di una difesa unica europea? Senza dimenticare che il tema dell’esercito unico deve superare gli interessi di alcuni singoli Stati non tanto disposti a cedere parti della difesa e quindi della propria sovranità.
Un altro importante tema che i rappresentati dei ventinove stati devono affrontare è quello della cyber security, in particolare della cyber defense: lo spazio cibernetico è il quinto dominio (dopo terra, mare, aria e spazio) delle operazioni militari. Non solo la cyber security per scopi militari, ma anche civili come la possibilità d’influenzare processi decisionali, anche politici. Il Presidente degli Stati Uniti, ideatore dell’American first, vede la Nato costosa e vorrebbe che gli stati dell’Europa partecipassero con quote più alte. Alla vigilia dei festeggiamenti del settantesimo anniversario del Trattato, Donald Trump ha alzato la posta minacciando d’applicare nuovi dazi che andrebbero a colpire alcuni beni francesi di lusso in risposta alla volontà di Parigi d’applicare la digital tax che daneggererebbe le grandi società americane del web. Recentemente Emmanuele Macron al settimanale The Economist ha parlato di “morte cerebrale” dell’organizzazione internazionale ed ha evidenziato il “disallineamento” della politica Usa dal progetto europeo e l’emergere della potenza cinese che «mette chiaramente l’Europa a margine». Insomma, la Cina, con severità, ammonisce ogni possibile sbilanciamento dell’Europa verso gli Stati Uniti, quest’ultimi annunciano rappresaglie commerciali verso alcuni Paesi dell’Europa mentre la Gran Bretagna vuole attuare la Brexit e la Turchia stringe accordi con Mosca. Non in ultimo la Grecia, Paese dell’Unione europea e membro della Nato è ormai sotto l’influenza economica e politica della Cina e sempre più lontana da Bruxelles. Alla Nato la grande sfida d’adattarsi velocemente a questi incredibili cambiamenti, agli scenari internazionali così velocemente mutevoli e così differenti di quanto il nostro ministro degli Esteri Carlo Sforza il 4 aprile 1949 firmò insieme ad altri dodici ministri il Trattato Nord Atlantico da cui nacque l’alleanza difensiva North Atlantic Treaty Organization da cui l’acronimo Nato.
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