Un caso rimasto irrisolto per vent’anni, che ha visto la sua svolta solo grazie alla prova scientifica e alla definitiva ammissione dell’imputato. PQM si occupa questa settimana della scheda del processo del delitto dell’Olgiata, omicidio commesso il 10 luglio 1991 in una zona residenziale situata a nord di Roma, la cui vittima fu 42enne Alberica Filo della Torre. Nel 2011 la prova del DNA permise di identificare il colpevole in Manuel Winston Reyes, che confessò le sue azioni.

L’imputato

Manuel Winston Reyes, domestico, ex dipendente della famiglia. Come vedremo, il suo coinvolgimento è stato escluso per quasi vent’anni.

L’accusa

Omicidio e rapina. La vittima è Alberica Filo della Torre, nobildonna romana trovata morta nella sua casa dell’Olgiata il 10 luglio 1991. Dall’abitazione vengono trafugati alcuni gioielli di valore.

Le date:

10 luglio 1991 – Alberica Filo della Torre viene uccisa nella sua casa dell’Olgiata. La contessa è stata colpita con un corpo contundente alla testa e quindi strangolata. La prima ipotesi della Procura è che si tratti di un delitto passionale. L’inchiesta si incentra poi su Roberto Iacono, figlio dell’ex governante della contessa, e Manuel Winston Reyes, domestico della famiglia poi licenziato, ma gli esami del DNA sui reperti danno esito negativo.
Marzo 1993 – è il periodo dello scandalo dei fondi neri del SISDE, il servizio segreto civile dell’epoca, con l’accusa della Procura di Roma di appropriazione indebita a carico di alcuni dei suoi funzionari per 100 miliardi di lire. Si apre una pista investigativa che vorrebbe coinvolta la famiglia della vittima nei traffici illeciti. La pista si chiude definitivamente nel 1996, quando gli inquirenti escludono anomalie nei conti correnti della contessa e del marito, Pietro Mattei.
Giugno 2005 – il Pubblico Ministero Italo Ormanni richiede l’archiviazione del procedimento penale: è ignoto l’autore del delitto. Pietro Mattei, marito della vittima, assistito dal proprio difensore di fiducia, si oppone e richiede ulteriori accertamenti: secondo la parte offesa, le nuove tecniche scientifiche consentirebbero di compiere accertamenti ematici, chimici e genetici su quanto repertato all’epoca dai Carabinieri nella stanza della nobildonna (un lenzuolo, una canottiera, un completo intimo, uno zoccolo) e sui jeans sequestrati a Roberto Iacono e Manuel Winston Reyes.
Gennaio 2007 – la Procura di Roma riapre le indagini per compiere nuovi accertamenti sui reperti e sulle tracce organiche ivi rinvenute. Le investigazioni non sembrano condurre a risultati rilevanti e la Procura di Roma chiede nuovamente l’archiviazione. La difesa di Mattei si oppone.
25 giugno 2009 – la richiesta di archiviazione della Procura di Roma viene respinta dal Giudice per le Indagini Preliminari di Roma, Cecilia Demma. Questa volta è la stessa Procura, mutati i Pubblici Ministeri assegnatari, a cambiare orientamento ed associarsi alle richieste di Mattei. Il magistrato ordina un radicale e sostanziale riesame delle prove e l’acquisizione di nuovi reperti, ed assegna alla Procura un termine per svolgere gli accertamenti suppletivi.
Marzo 2011 – la prova del DNA sui reperti accerta la presenza di tracce biologiche di Manuel Winston Reyes sul lenzuolo utilizzato per avvolgere il capo sanguinante della vittima. La Procura, inoltre, nel riesaminare gli atti di indagine rinviene un’intercettazione di fondamentale importanza, eppure sino a quel momento trascurata dagli inquirenti: si tratta del colloquio di Reyes con un ricettatore al quale intendeva vendere i gioielli trafugati alla contessa.
1 aprile 2011 – Manuel Winston Reyes, tratto in arresto il 29 marzo, confessa l’omicidio della contessa. Italo Ormanni, PM delle prime richieste di archiviazione, commenta: “È la scienza che aiuta a chiudere i vecchi casi: nel 1991 il test del Dna non c’era”.

Com’è finita

Il 14 novembre 2011, all’esito del giudizio abbreviato, Manuel Winston Reyes è stato condannato per omicidio volontario a 16 anni di carcere dal Giudice per l’Udienza Preliminare di Roma, Massimo Di Lauro; il delitto di rapina è stato invece dichiarato estinto per prescrizione, essendo trascorsi 20 anni dai fatti. La condanna è stata confermata anche in appello nell’ottobre del 2012, con sentenza divenuta definitiva. Nel 2013 i familiari della vittima hanno presentato un esposto al Consiglio Superiore della Magistratura chiamando in causa i Pubblici Ministeri che si occuparono originariamente dell’inchiesta, Italo Ormanni e Cesare Martellino. Nell’ottobre 2021, dopo aver scontato la sua pena, l’imputato è tornato in libertà.

Marianna Caiazza

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