L’attentato a Giovanni Paolo II nel 1981 compito da Alì Agca, all’epoca 23enne, la colpì profondamente. Elena Rossi aveva solo 14 anni all’epoca ma successivamente a quell’episodio decise di iniziare a scrivere lettere in carcere a quell’attentatore per comprenderne le motivazioni e la personalità. Quell’uomo, anni dopo, sarebbe diventato suo marito, con cui attualmente vive in Turchia. Sposati da 7 anni, con lui condivide un bagaglio di verità e ricordi, tasselli di quei grandi intrighi e misteri che aleggiano intorno alla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori.  “Bisogna riaprire il caso Gregori/Orlandi! Ci sono tante cose ancora da chiarire e responsabili da sentire anche dalla parte italiana! Non vengano separati i due casi, altrimenti si va nel fosso!”, ha scritto su Facebook qualche giorno fa.

Quella tra Elena Rossi e Alì Agca è stata una storia d’amore incredibile. Elena Rossi, che oggi è Elena Hilal Ağca, dopo il matrimonio e la conversione, 55 anni, nata a Ravenna, l’ha raccontata per la prima volta al Corriere della Sera. Da ragazza cattolica rimase molto impressionata dall’attentato al Papa che Wojtyla stesso poi inquadrò nell’ambito della profezia del Terzo Segreto di Fatima. Iniziò così a scrivere lettere in carcere ad Agca. “La cosa durò per qualche anno, poi lasciai perdere”, ha raccontato in una lunga intervista al quotidiano.

“Il mio interesse per lui si è riacceso quando venne a Roma sulla tomba di Papa Wojtyla, nel dicembre 2014 – ha raccontato Elena – Cominciai a cercare un suo contatto, lo trovai e gli mandai una mail, specificando che ero quella stessa Elena che gli scriveva in carcere. Lui si ricordava delle mie lettere, così cominciammo a scriverci e a telefonarci. A fine gennaio 2015, venni a Istanbul per la prima volta. Ci innamorammo entrambi e io mi innamorai anche di Istanbul e della Turchia. Lui sognava un po’ l’Italia, ma io compresi fin da subito che la mia dimora definitiva sarebbe stato questo Paese, con lui. Sono convinta che a legarci sia il destino. Un destino che ha trovato compimento nei modi e nei tempi stabiliti. Lui non mi rimprovera di non essere mai andata a trovarlo in carcere, anzi ritiene che se lo avessi fatto, sarebbe stato straziante per entrambi a causa della sua lunga detenzione e rovinoso per il nostro rapporto”.

Racconta del loro rapporto tra qualche gelosia di lui che ritiene un uomo “molto buono, gentile, premuroso, a volte mi sembra che mi veda più come una figlioletta che ha adottato, piuttosto che come una moglie. Il buono è che un matrimonio può finire, ma l’adozione è per sempre!”. L’amore scoppiò subito e dopo qualche mese di convivenza decisero di sposarsi. Alla sua famiglia disse che aveva sposato un turco ma senza specificare che si trattasse di Alì Agca. “Già all’epoca non stavano molto bene, così ho preferito non dire nulla, ma probabilmente l’avrebbero accettato – dice – Adesso un po’mi rammarico di non aver detto loro la verità. Gli amici che ho in Italia sono piuttosto curiosi ed entusiasti, alcuni sono già venuti a conoscerlo e altri verranno. Anche i pochi parenti che mi restano hanno accettato bene la cosa”.

Elena condivide con Agca ogni pensiero e i racconti di un passato che negli ultimi giorni è tornato con prepotenza alla ribalta delle cronache. “Lo conosco da più di sette anni, come tutte le mogli, so cosa passa per la testa di mio marito, raccolgo quotidianamente le sue confidenze e quello che posso affermare in tutta coscienza, è che, Alì, nella lettera di sei pagine inviata a Pietro Orlandi, ha detto la pura verità sull’attentato al Papa e sulla vicenda Orlandi-Gregori – racconta Elena Hilal Ağca – Nella lettera esistono notizie di reato molto gravi e precise che dovrebbero essere prese in esame dalla Procura. Spero esista un magistrato onesto e volenteroso, disposto a farsi carico di questa patata bollente. Ho faticato molto per convincerlo a parlare di cose mai dette prima, decisamente pesanti, che secondo lui metteranno a rischio la nostra sicurezza famigliare. Io non pretendo di salvare il mondo, ma nella dimensione del qui e ora, ritengo che ciascuno di noi abbia il preciso dovere, quando può, di raddrizzare ciò che è storto! O almeno di provarci. E in questa brutta storia di cose storte e false ne esistono davvero tante. Se si corre qualche rischio, pazienza. Certo che Ali é stato manovrato, da uomini del Sisde, dai Servizi vaticani, dalla Cia, e per Cia intendo Gladio, quanto c’é di più pericoloso al mondo, secondo Alì”.

La moglie di Agca racconta che dietro l’attentato al Papa non c’era nessuno e che il marito sarebbe stato strumentalizzato dopo. “I vari soggetti sopracitati si sono scatenati dopo, in quanto pretendevano che Alì accusasse i Servizi bulgari e quindi il Kgb sovietico, in realtà totalmente estranei all’attentato. Il sequestro di Emanuela e di Mirella si collocano esattamente in questo contesto. Alì lo spiega bene nella lettera a Pietro Orlandi”, continua il racconto.

E sulla scomparsa di Emanuela Orlandi dice: “Come ha sempre detto a Pietro Orlandi, Alì ritiene che entrambe le ragazze siano state prese direttamente dal Vaticano; e che siano state collocate in un convento di clausura. Ne è veramente convinto. In quanto a Emanuela, ha avuto rassicurazione, fino a tre anni fa, da parte di un sacerdote, che era viva. Gli hanno mentito? Forse o forse no. In ogni caso, lui ritiene che se dovesse essere venuta a mancare, é stato per cause naturali, ‘perché la Chiesa non uccide il suo gregge’”. Sul caso della scomparsa di Mirella Gregori invece afferma che “la situazione di Mirella é meno chiara”. E spiega: “Da parte italiana il Sisde ‘chiedeva informazioni’; in una telefonata l’Amerikano ne annunciò l’esecuzione imminente. E il prete che ha visto Alì anche in Turchia, gli ha detto che su Mirella ‘non è dato di sapere’. Francamente non lo so. Non abbiamo elementi certi per affermare niente. Tutte le risposte sono in Vaticano”.

Per Pietro Orlandi ha parole di stima: “Ci siamo scambiati alcuni messaggi, e mi sembra una persona veramente esasperata da una lotta infinita e da tante menzogne o mezze verità che gli sono state dette da tutte le parti. Comunque non si arrende, é assolutamente determinato a conoscere la verità sulla sorella e non molla mai. Lo ammiro molto per questo, vorrei aiutarlo di più, ma francamente più di così non posso. Essendo dentro la storia da quasi quarant’ anni, di certo ha intuito molte più cose di tutti noi messi insieme. Dopo tanto tempo, questa criminosa omertà dovrebbe finire, almeno sul versante italiano”.

Redazione

Autore