Un mistero irrisolto dopo 39 anni di indagini, che rivivrà di nuovo sugli schermi con un documentario prodotto da Netflix. È la storia di Emanuela Orlandi, al centro della serie “Vatican girl – La scomparsa di Emanuela Orlandi”, realizzata dalla società di produzione televisiva inglese Raw con quattro puntate che saranno a disposizioni degli abbonati alla piattaforma di streaming dal 20 ottobre.

Trentanove anni di indagini sulla scomparsa della 15enne Emanuela Orlandi, figlia di un funzionario del Vaticano commesso alla Prefettura della casa pontificia, svanita nel nulla a Roma nel tardo pomeriggio del 22 giugno 1983 e da quel momento mai più ritrovata.

Un autentico mistero che nel corso degli anni ha scomodato le più svariate teorie, anche quelle più improbabili, tra presunti coinvolgimenti di Vaticano, organizzazioni criminali, servizi segreti italiani e stranieri, con ‘novità’ che periodicamente fanno capolino sui principali quotidiani nostrani.

La scomparsa di Emanuela

Il giorno della scomparsa, il 22 giugno 1983, Emanuela era stata a lezione di musica (suonava il flauto) in piazza Sant’Apollinare. Da una cabina del telefono all’uscita dalla lezione chiamò a casa, dove rispose la sorella: la 15enne disse che avrebbe tardato perché non arrivava l’autobus. Alla sorella racconterà inoltre di esser stata avvicinata da un uomo che le aveva proposto di distribuire volantini della ditta di cosmetici Avon nel corso di una presentazione presso la sede della casa di moda Sorelle Fontana, che si sarebbe svolta pochi giorni dopo, ma nel corso delle indagini l’Avon, sentita dalla polizia, negò di avere in programma la distribuzione di volantini. Quella sera Emanuela Orlandi non tornò a casa e la famiglia denunciò la sua scomparsa.

Ali Agca, i Lupi Neri e le trame vaticane

Poco più di una settimana dopo, il 3 luglio, Papa Giovanni Paolo II durante l’Angelus chiese ai responsabili della scomparsa di Emanuela di liberarla, confermando di fatto che dietro il suo sparire nel nulla vi fosse un rapimento.

Qui iniziano i ‘misteri’ della vicenda. Da quel mese di luglio vi furono 16 telefonate presso casa Orlandi di un uomo che parlava con un forte accento anglosassone, e che i giornali soprannominarono “l’amerikano”, che in cambio della liberazione della ragazza chiese la scarcerazione Ali Agca. Il terrorista turco era l’uomo che il 13 maggio del 1981 aveva sparato al Pontefice in piazza San Pietro.

I Lupi Grigi, organizzazione terroristica di estrema destra di cui faceva parte Ali Agca, rivendicarono a loro volta il sequestro della 15enne, facendo trovare anche un comunicato in cui annunciavano di avere tra le mani anche una seconda adolescente scomparsa a Roma nel 1983, Mirella Gregori.

Conferme sul rapimento turco non arrivarono mai. Anzi, dopo la caduta del muro di Berlino, un ex agente della Stasi (i servizi segreti della Germania Est comunista) disse che furono proprio loro a inviare dei falsi comunicati dei Lupi Grigi per sviare i sospetti dai servizi segreti dei Paesi comunisti dell’Est Europa.

Nel 2010 il fratello di Emanuela, Pietro, incontrò in carcere Ali Agca. A lui il terrorista confermò che l’adolescente era stata rapita dal gruppo su ordine del Vaticano, senza mai spiegarne il movente, ma spingendo a chiedere informazioni al Giovanni Battista Re, che negò ogni coinvolgimento o di essere a conoscenza di informazioni.

I servizi segreti

Altra ‘pista’ spunta fuori nel 2011 quando Pietro Orlandi è ospite di una trasmissione dell’emittente Romauno. Nel corso della puntata in cui era presente il fratello della 15enne, un uomo che sosteneva di essere un ex agente del servizio segreto del Sismi, il Servizio per le informazioni e la sicurezza militare, raccontò che il rapimento dell’adolescente avvenuto 28 anni prima era da collegare all’omicidio del banchiere Roberto Calvi, trovato morto l 18 giugno 1982 a Londra sotto il Ponte dei Frati Neri il 18 giugno 1982, e al fallimento del Banco Ambrosiano.

La banda della Magliana

Nel 2005 il caso Orlandi venne collegato alla banda della Maglia, l’organizzazione criminale che in particolare tra gli anni ’80 e ’90 fu molto potente nella Capitale, anche per i suoi rapporti con i servizi segreti italiani e con l’estrema destra.

La svolta avvenne durante una telefonata anonima alla trasmissione di Rai3 ‘Chi l’ha visto?’, in cui un uomo disse che per capire cosa vi fosse dietro il sequestro bisognava andare a vedere chi fosse sepolto in tomba nella basilica di Sant’Apollinare e “controllare il favore che Renatino fece al cardinale Poletti”. Quel ‘Renatino’ era Enrico De Pedis, il boss della Magliana, mentre Poletti, morto nel 1997, era stato presidente della Cei, la Conferenza Episcopale Italiana.

E in effetti fu così che si scoprì che De Pedis, assassinato nel 1990, era stato sepolto a Sant’Apollinare accanto a cardinali e a personaggi illustri vicini alla Chiesa, in virtù dei suoi ‘rapporti’ col Vaticano e delle ingenti donazioni fatte in passato.

Di un coinvolgimento della banda della Magliana nel sequestro Orlandi parlarono anche alcuni ex membri poi pentiti, come Antonio Mancini, detto Accattone. In particolare Mancini legava il sequestro al tentativo della banda di ottenere dal Vaticano le ingenti somme di denaro investite nello Ior, l’Istituto opere religiose, tramite il Bano Ambrosiano. Stessa tesi era stata avanzata da un secondo pentito, Maurizio Abbatino, detto Crispino, che parlò anche di rapporti tra De Pedis, Franco Giuseppucci, altro capo della banda criminale, e l’allora segretario di Stato vaticano Agostino Casaroli.

Il fotografo Accetti e il legame con l’omicidio Skerl

Si passa al 2015, quando entra, o meglio ritorna in scena, il fotografo romano Marco Accetti. Nel dicembre 1983 il suo nome fece capolino nelle cronache nazionali per la morte di un bambino undici, figlio di un diplomatico uruguayano.

Il 20 dicembre il bambino uscì di casa per recarsi dal barbiere nel quartiere Eur di Roma, ma fu ritrovato privo di vita nella nella pineta di Castel Porziano, a Ostia. Lì venne fermato proprio Accetti, che confessò di aver investito accidentalmente il bambino venendo condannato ad un anno di reclusione per omicidio colposo.

Trentadue anni dopo Accetti, dopo aver parlato con un magistrato della Procura di Roma, rivelò le indicazioni per trovare il fluato che secondo lui era appartenuto ad Emanuela Orlandi. Il Dna presente però era troppo esiguo per delle analisi accurate.

Ma le indicazioni erano state possibili perché Accetti confessò di aver partecipato al rapimento dell’adolescente nel 1983. Secondo la ricostruzione del fotografo, Emanuela era finita al centro di uno scontro tra due fazioni della Chiesa su fronti opposti nella politica anticomunista di Papa Giovanni Paolo II. Secondo Accetti i rapitori di Orlandi facevano parte della fazione avversa al Pontefice, quella che voleva abbandonare il sostegno ai movimenti anti-comunisti.

Anche per questo la fazione anti-comunista avrebbe ‘reagito’ con l’omicidio di Katty Skerl, 17enne figlia di un regista svedese, militante femminista e iscritta alla federazione giovanile comunista. Di Skerl si erano perse le tracce il 21 gennaio 1984, quando uscì di casa a Roma per andare ad una festa: il suo corpo venne trovato l’indomani in una vigna di Grottaferrata, nella periferia sud-est di Roma, strangolata.

Le indagini sull’omicidio non portarono mai ad una pista e nessun avevo correlato la sua morte a quella di Emanuela Orlandi. Accetti fu indagato per sequestro di persona e occultamento di cadavere e fornì ai magistrati una particolare versione dei fatti: disse infatti che al momento della sepoltura Skerl indossava una camicia bianca con la scritta “Via Frattina 1982”. Un riferimento a via Frattina era presente anche in una lettera inviata negli anni ’80 alla famiglia Orlandi dal Fronte Turkesh: Accetti così accusava la fazione del Vaticano che sosteneva l’anticomunismo del Papa, di aver usato quel dettaglio della camicetta per inserirlo in una lettera alla famiglia Orlandi, dando così un segnale alla fazione avversa.

Il fotografo disse anche che il cadavere della ragazza svedese venne fatto sparire per eliminare la camicia e quel riferimento, così da nascondere il collegamento tra le due vicende. Nel luglio 2022, dunque sette anni dopo le rilevazioni di Accetti, la polizia ha eseguito un controllo nel cimitero del Verano scoprendo che in effetti il cadavere della Skerl era scomparso.

La teoria Netflix

In questo contesto arriva dunque la nuova docuserie di Netflix. La tesi che porterà in onda “Vatican girl – La scomparsa di Emanuela Orlandi” riguarda il presunto coinvolgimento di un alto prelato del Vaticano nella scomparsa della ragazza.

La ‘fonte’ è una donna all’epoca dei fatti amica di Emanuela Orlandi: stando al suo racconto l’adolescente le raccontò che un prelato l’aveva avvicinata tentando un approccio. Una ricostruzione non nuova, visto che già in passato il rapimento della giovane era stato collegato a un possibile delitto con movente sessuale.

Redazione

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