La scomparsa
Emanuele Severino, il filosofo inattuale nemico del relativismo
Severino è talmente originale da non essere inquadrabile in nessuna corrente o movimento filosofico contemporaneo. È fondamentalmente un pensatore “inattuale”, che si oppone allo “spirito dei tempi”: al “pensiero debole” di Gianni Vattimo, che è più in generale la cifra odierna della filosofia, egli ha opposto un pensiero a tinte forti, anche ostico e tortuoso. Vattimo, d’altronde, è stato una sorta di suo alter ego filosofico: come lui conosciuto e studiato all’estero, anche se poi paradossalmente Severino non ha mai viaggiato molto.
Il fatto strano è che però, forse anche grazie al suo stile ieratico e alla sua oratoria, la difficoltà del suo pensiero, che non ha mai nulla concesso al pop, non lo ha reso impopolare: le sue conferenze pubbliche erano sempre seguite da un folto pubblico, che forse non afferrava tutti i passaggi del suo pensiero ma che comunque lo ascoltava in religioso silenzio e lo stimava. Parlava spesso di sé in terza persona, non per spocchia ma per oggettivarsi quanto più possibile in un pensiero che seguiva un rigoroso filo logico del tutto estraneo al mondo empirico. Non gli mancava però qualche tratto di vanità quando, prima di concedere un’intervista (credo di avergliene fatte una decina), si assicurava che essa ottenesse almeno uno “strillo” in prima pagina.
Una delle ultime interviste l’ha concessa addirittura a Giuseppe Conte, che l’ha pubblicata nell’aprile scorso su Repubblica. Al presidente del Consiglio che parlava di “buona politica”, Severino proponeva di concepire una “Grande Politica”, all’altezza del tempo del predominio della Tecnica. Contro ogni naturalismo, egli ribadì allora che “l’uomo è infinitamente di più di quel che crede di essere”. Severino è stato il più teoretico dei filosofi italiani, ma anche paradossalmente quello che ha saputo narrare nel modo più speculativamente attendibile la storia della filosofia (La Storia della filosofia dalle origini a oggi, in più edizioni, Rizzoli, è a mio avviso la migliore in commercio).
Come già Hegel e Heidegger, si considerava il culmine di un processo di pensiero che si era svolto, in Occidente, lungo una linea di sviluppo di rigida conseguenzialità. Accademico dei Lincei e editorialista del Corriere della sera, Severino lascia una immensa bibliografia. Ricordo qui solo qualche titolo: La struttura originaria (1958); Techné. Le radici della violenza (1979); Il nulla e la poesia (Adelphi 1990, un saggio su Leopardi, che lui considerava un filosofo a tutti gli effetti); Oltrepassare (Adelphi, 2007); Democrazia, tecnica, capitalismo (Morcelliana, 2009); Sul divenire. Dialogo con Biagio De Giovanni (Mucchi, 2014); Cervello, mente, anima (Morcelliana, 2016); Storia, gioia (Adelphi, 2016); Il tramonto della politica (Rizzoli, 2017).
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