Virginia Raggi tenta di lasciare un segno del suo passaggio come sindaco. Roma. La candidatura della Capitale per l’Expo 2030 annunciata oggi dal presidente del Consiglio Mario Draghi potrebbe essere la più importante eredità del primo cittadino grillino.

Nella Roma che si appresta ad andare alle urne il 3-4 ottobre Raggi è infatti in difficoltà, almeno secondo gli ultimi sondaggi pubblicati prima dello stop imposto dalla legge, e rischia seriamente di non andare neanche al ballottaggio.

Raggi che lascia Roma in preda all’emergenza rifiuti, con i cinghiali che scorrazzano liberamente in città e servizi per i cittadini sempre più deficitari.

Ma l’Expo, come detto, potrebbe essere un regalo d’addio eccezionale: dopo il ‘no’ tra le polemiche alle Olimpiadi del 2024 la possibilità di ospitare la manifestazione è un cambio di rotta fondamentale, che può dare alla Capitale il grande evento capace di dare nuova linfa allo sviluppo della città.

Sembrano dunque lontani i tempi del Movimento 5 Stelle del ‘no’, quello di Beppe Grillo che strepitava dai comizi contro l’Expo di Milano 2015, l’esposizione mondiale che ha cambiato il volto di Milano e permesso al suo manager, Beppe Sala, di diventare sindaco della città.

Basta andare indietro nel tempo, al 15 marzo 2014: all’epoca Grillo, dopo aver visitato i cantieri di Expo assieme a decine di parlamentari del Movimento 5 Stelle, criticò pesantemente la scelta di organizzare l’Expo a Rho, periferia nordovest di Milano: “Ma chi è che viene a Rho? Ditemi! Ho chiesto a Milano, «sei mai andato a Rho?» «Mai, mi toglierei i coglioni per andare a Rho»”.

In una conferenza stampa nel maggio di quello stesso anno, dall’evocativo titolo “La grande abbuffata“, il comico genovese invocava invece l’intervento della magistratura: “La magistratura blocchi l’Expo, è una peste rossa con cento variazioni di grigio che vanno dalla destra di Mangano alla sinistra di Greganti”.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia