"Dialogo Ue-Usa più facile ma..."
Fidanza: “Meloni da Trump, nessuno si indigni se alcuni settori dell’export italiano saranno risparmiati”

Giorgia Meloni è pronta a volare a Washington. Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia-Ecr, è ottimista sul faccia a faccia con Trump: se si riuscissero a salvare i settori importanti per l’export italiano, «nessuno si dovrebbe indignare».
L’Ue è pronta a rispondere con controdazi fino al 25% su alcuni prodotti americani. È un ulteriore passo verso la guerra commerciale?
«Dobbiamo mantenere calma e lucidità. La priorità per tutti è portare gli americani a un tavolo di negoziato solido e strutturato. Finora i tentativi dell’Ue non hanno avuto successo. Una risposta può essere necessaria come parte di una strategia negoziale. Ma l’obiettivo, anticipato da Giorgia Meloni e fatto proprio da Ursula von der Leyen, è di arrivare a meno dazi se non addirittura a un’area euroamericana a dazi zero sui prodotti industriali».
A Bruxelles ci sono spiragli per sospendere il Green Deal per l’automotive e rivedere il Patto di stabilità?
«Abbiamo un’occasione unica per accelerare quello che la Commissione Ue ha già iniziato a fare: rivedere le norme folli del Green Deal – a partire dall’automotive, ma non solo – e disboscare quella selva di regole che negli anni abbiamo imposto ai nostri produttori, danneggiando la loro competitività rispetto ai player extra-Ue. Una maggiore flessibilità sul Patto di stabilità e sul Pnrr può servire a sostenere le misure a favore delle nostre imprese. I nostri campioni del Made in Italy sanno che nessun governo potrebbe difenderli meglio di chi in questi mesi ha portato l’Italia sul quarto gradino mondiale tra i Paesi esportatori».
Giorgia Meloni è pronta a volare a Washington. Tratterà per conto di Bruxelles?
«In questa fase tutti i colloqui sono importanti e un incontro Trump-Meloni potrà essere utile per verificare le reali intenzioni del presidente Usa. Sosteniamo il negoziato affidato al commissario Šefčovič facendo valere, come sempre, il nostro interesse nazionale dentro a un quadro europeo».
Concretamente, e realisticamente, con quale accordo potrebbe uscire dallo Studio Ovale?
«È difficile fare previsioni, la priorità è avviare il tavolo che ad oggi non c’è a cui portare vari elementi: dal surplus commerciale Usa sui servizi digitali che compensa quasi integralmente quello Ue sui beni, all’Iva che viene erroneamente considerata dagli Usa come una barriera discriminatoria, fino al grande tema delle forniture di gas naturale americano. Ma la mia sensazione è che soltanto Meloni stia cogliendo la prospettiva più ampia di questa partita, che non è solo commerciale ma anche geopolitica: Trump si attende da noi europei un maggior impegno sulla Difesa e un’alleanza in funzione anti-Cina. Sulla Difesa qualcosa si muove, sulle politiche industriali siamo pronti a cambiare approccio?».
Nel faccia a faccia con Trump si potrà ottenere qualche «sconto» per l’Italia, magari con un’intesa bilaterale?
«Non si parte da questa ipotesi ma dalla volontà di sostenere il negoziato dell’Ue che, da trattati, ha la competenza esclusiva sul commercio. Dopodiché ricordo che, in una situazione simile durante il primo mandato Trump, alcuni settori importanti per l’export italiano furono risparmiati. Nessuno si indignò all’epoca e credo nessuno si dovrebbe indignare se accadesse un domani. È infatti probabile che, se malauguratamente il negoziato Ue non dovesse andare a buon fine, inizierebbe un certo viavai tra le capitali europee e la Casa Bianca. Peraltro a Bruxelles si parla con una certa sfrontatezza di mettere controdazi Ue su beni prodotti negli Stati americani a guida repubblicana, usandoli come leva politico-partitica; a quel punto sarebbe davvero paradossale rimproverare a Meloni di far valere i suoi buoni rapporti con Trump. Ma, lo ripeto, per noi questa è l’extrema ratio».
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