La malata d'Europa
Francia, tre governi in un anno e i mercati non perdono tempo. Nasce la geopolitica predatoria
La Francia è di nuovo nel caos. Il premier Sébastien Lecornu si è dimesso poche ore dopo il giuramento, portando a tre il numero dei governi francesi collassati in meno di un anno. La sua permanenza all’Eliseo è durata così poco che Liz Truss, al confronto, sembra un monumento alla stabilità istituzionale.
Il leader del Rassemblement National, Jordan Bardella, ha fiutato il sangue e chiesto a Macron di sciogliere l’Assemblea nazionale e andare al voto. I mercati non hanno perso tempo. Il rendimento del decennale francese (OAT) è balzato al 3,57%, contro il 2,72% del Bund. Risultato: lo spread OAT-Bund è arrivato a 85 punti base, più ampio di quello tra Italia e Germania. Un paradosso impensabile fino a ieri: Roma come nuova isola di stabilità politica in Europa, mentre Parigi si sbriciola. Nel frattempo, i vincitori del lunedì sono stati i soliti due rifugi della paura: dollaro e oro. Il Dollar Index è salito dello 0,39%, mentre il metallo giallo ha toccato un nuovo record assoluto a 3.960 $/oncia (+1,92%). Negli Stati Uniti, l’S&P 500 ha segnato un nuovo massimo a 6.740 punti, trascinato dal +24% di AMD dopo l’annuncio della partnership con OpenAI: un accordo miliardario per costruire data center alimentati da chip AMD. OpenAI acquisterà chip per 6 gigawatt e riceverà 160 milioni di warrant sulle azioni AMD al raggiungimento di certi obiettivi.
È la nuova circolarità tossica della bolla AI: le aziende investono l’una nell’altra per comprare i propri prodotti. Lo schema è lo stesso di NVIDIA, che ha stanziato 100 miliardi di dollari in OpenAI — soldi che, guarda caso, finiranno per acquistare… chip NVIDIA. Non stupisce quindi che oro e azioni si muovano insieme: gli investitori, soprattutto in Europa, stanno adottando il cosiddetto “portafoglio turco” — 50% oro, 50% equity — perché i mercati sviluppati si comportano ormai come emergenti. Gli scettici dell’AI parlano apertamente di bolla dot-com 2.0: stesso linguaggio messianico, stessa illusione di una “nuova era”, stesse valutazioni stellari. Ma c’è una differenza: questa volta le aziende fanno davvero utili. E forse ha senso pagarle care, se il vero rischio non è la recessione ma l’esplosione fiscale degli Stati. Quando il debito diventa sistemico, l’unica via d’uscita è l’inflazione generalizzata, che cancella salari e risparmi.
L’oro — e, in parte, anche azioni e immobili — sta lanciando questo segnale: l’inflazione reale è già in corso, anche se i governi fingono di non vederla. Chi pensa che la corsa dell’oro sia solo frutto degli acquisti delle banche centrali emergenti sbaglia la domanda. Il punto non è chi compra, ma perché compra. Il sistema del commercio globale liberalizzato che per decenni ha tenuto a bada i prezzi si sta sgretolando, e le banche centrali si stanno attrezzando al ritorno dell’instabilità. Chi osserva i mercati da anni lo sa: l’era del libero scambio è finita. La nuova normalità è quella della geoeconomia predatoria, dove a contare non sono più le regole del WTO ma il potere di coercizione economica. Benvenuti nel nuovo medioevo globale, dove vale una sola legge: mangia, o sarai mangiato.
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