Salute
Futuro del Servizio Sanitario Nazionale: il nostro sistema rischia il collasso. Quattro cardini messi in discussione
La discussione parlamentare in premier time del Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni ha rappresentato un’occasione mancata per discutere del futuro del Servizio Sanitario Nazionale, purtroppo sono prevalsi i toni accesi delle reciproche tifoserie e ognuno è stato dedito a scaldare gli animi e strappare l’applauso consapevoli che, purtroppo, i problemi elencati non troveranno risposta.
Ci sono due termini che non abbiamo sentito: prevenzione e diseguaglianze. L’Italia è il Paese più vecchio in Europa, nel pieno della più rilevante transizione demografica del secolo e questo comporta che più della metà della spesa sanitaria va per le malattie croniche, questo dato è destinato progressivamente a peggiorare.
I cittadini nonostante un aumento della aspettativa di vita sono destinati a trascorrere la maggior parte degli ultimi dieci anni affetti da malattie croniche o disabilità. Dovremmo concentrarci sulla aspettativa di vita sana e questo chiama in causa un approccio totalmente diverso da quello attuale ovvero puntare sulla Prevenzione, incidere sui fattori di rischio evitabili. Riformare il nostro sistema sanitario partendo dalla prevenzione come pilastro fondamentale per il benessere individuale e collettivo.
Partire dall’infanzia mira a preservare la salute in età adulta e ridurre l’incidenza delle malattie croniche. La prevenzione non riguarda solo gli individui ma richiede uno sforzo collettivo da parte delle istituzioni. Il nostro sistema sanitario va riformato assumendo il cosiddetto approccio One Health per garantire un futuro più sano a tutti. Ma di questo ovviamente non si parla sovrastati dallo scontro amletico tra livello di finanziamento nominale o in relazione al prodotto interno lordo, su cui purtroppo il divario del nostro Paese cresce con il resto d’Europa.
Non si riesce a dire una cosa molto semplice quantifichiamo esattamente i livelli di assistenza essenziali sanitari e socio-sanitari e vincoliamo il finanziamento a questo denominatore. Se la salute è un diritto fondamentale per la Costituzione allora deve essere garantito il livello di finanziamento minimo sotto al quale non si può scendere.
L’altro termine che non si è sentito nella discussione parlamentare è Diseguaglianza, basti pensare che nel nostro Paese a secondo della fortuna di dove si nasce vi è una aspettativa di vita che può arrivare sino a tre anni di differenza tra il Nord e il Sud. La stessa differenza la troviamo a secondo le fasce sociali e i livelli formativi. Insomma abbiamo la diseguaglianza in forte crescita, basti ricordare solo un dato, oltre 40 miliardi di spesa out of pocket ovvero totalmente privata solo nell’ultimo anno affrontata dalle famiglie italiane per sopperire alle carenze del sistema. Una spesa in crescita del 5% annuo che segna la spia più rilevante del collasso del sistema. Oggi curarsi non è più un diritto fondamentale ma è legato alla capacità reddituale e di conoscenza.
Sarebbe necessaria una vera e profonda discussione pubblica anziché il tifo da stadio. Una discussione con un forte impianto riformista come avvenne nel 1978 in cui la ministra democristiana Tina Anselmi rese esplicito il fatto che la riforma era frutto di un ampio sentire nel Paese e trovò nel ministro ombra dell’allora partito comunista italiano Giovanni Berlinguer, relatore del testo al Senato, il suo interlocutore privilegiato e insieme costruirono l’accordo che diede vita al Servizio sanitario nazionale, basato su quattro cardini fondamentali: globalità delle prestazioni, universalità dei destinatari, eguaglianza di accesso e libertà della persona .
Ecco oggi tutti e quattro questi cardini sono messi in discussione e senza una reale spinta riformista che guardi anche alle potenzialità della innovazione tecnologica e della intelligenza artificiale il nostro sistema è destinato al collasso.
© Riproduzione riservata






