Il miglioramento delle competenze è entrato a far parte dell’evoluzione umana quando il primo uomo della storia scoprì che sbattendo due pietre, con forza e precisione, si generava una scintilla in grado di innescare una fiamma: il fuoco. La cui scoperta non avvenne affatto con la “prima grigliata” della storia dell’umanità ma fu, al contrario, un processo lento: quello che consentì ai primi uomini di imparare a controllare una fonte di luce e calore. Oggi, secondo la Banca Mondiale, sono circa 450 milioni i giovani, in tutto il mondo, a non possedere le competenze di base necessarie per trovare lavoro. E man mano che la digitalizzazione diventa sempre più pervasiva, la probabilità che rimangano “economicamente disimpegnati” non fa che aumentare. A ritmi vertiginosi. Sul documento redatto dalla World Bank, si legge: “Lo sviluppo delle competenze è al centro di tutti i cambiamenti globali e ne ridefinirà i paradigmi: i sistemi di istruzione e di sviluppo della forza lavoro devono diventare più personalizzati, accessibili e continui, durante l’intera carriera dei lavoratori, ponendo lo sviluppo delle competenze al centro di questi processi globali”.

Nel 2020, la Confederation of British Industry aveva già previsto che nove lavoratori su dieci, nel Regno Unito, avrebbero avuto bisogno di un miglioramento delle competenze entro il 2030. Ma alla luce dei veri e propri stravolgimenti che l’intelligenza artificiale, il cloud computing e l’apprendimento automatico hanno messo in moto, questa cifra appare fin troppo prudente.

I miglioramenti in produttività

Si calcola che i miglioramenti in produttività, innescati nelle amministrazioni pubbliche di tutto il mondo da sistemi di intelligenza artificiale generativa, potrebbero valere 1,75 trilioni di dollari, ogni anno entro il 2033: lo riferisce al Financial Times Marc Warner, co-fondatore e amministratore delegato di Faculty, una società con sede a Londra che fornisce software, consulenza e servizi di intelligenza artificiale. C’è un ma: per ottenere questi benefici sarà necessario investire attentamente nella riqualificazione.

La necessità di riqualificarsi

Ma secondo Khariton Matveev, imprenditore tecnologico e co-fondatore di Skyeng, – inserito dalla rivista Forbes tra le 30 persone più importanti sotto i 30 anni che stanno cambiando il mondo – non sarà l’intelligenza artificiale “a sostituire le persone”, ma sono i lavoratori “che hanno le competenze per lavorare, perché si sono riqualificati, che sostituiranno quelli che non sono in grado”. Il suo consiglio: “Considera l’intelligenza artificiale come un collaboratore, non evitarla” e raccomanda a tutti di provare a sperimentare gli strumenti di intelligenza artificiale integrandoli nella vita quotidiana. Per Christian Rebernik, berlinese, co-amministratore delegato e co-fondatore della Tomorrow University of Applied Sciences, esiste una “necessità più urgente” di riqualificarsi per l’intelligenza artificiale in alcuni settori che in altri: per esempio, la sanità, la mitigazione dei cambiamenti climatici e la sicurezza informatica. Ma avverte: competenze come “l’intelligenza emotiva” – riconoscere e regolare le proprie emozioni – e “l’intelligenza sociale” – comprendere e influenzare le emozioni degli altri in situazioni sociali – “garantiranno che l’integrazione dell’IA rimanga incentrata sull’uomo”.

Le competenze dei giovani

Ma il miglioramento delle competenze non riguarda solo la tecnologia. Competenze trasversali come il lavoro di squadra, la creatività e il pensiero critico contano ancora. Paradossalmente, oggi, contano di più tra i giovani neo-assunti, in quanto nativi digitali appena entrati nel mondo del lavoro. I più giovani preferirebbero di gran lunga inviare un’e-mail piuttosto che rispondere al telefono, osserva Jen Wu, vicepresidente del settore talenti presso la società di pubbliche relazioni Team Lewis, con sede anche a Milano. “Questi giovani sono bravissimi a integrare perfettamente l’uso dell’intelligenza artificiale, ad esempio, ma hanno davvero difficoltà negli eventi dal vivo come riunioni con i clienti e presentazioni di nuovi progetti”, osserva. Ecco che diventa cruciale insegnare loro a parlare in pubblico e a coltivare le abilità di networking. Tutto chiaro dal lato dei lavoratori. Ma cosa stanno facendo le organizzazioni per garantire che il personale abbia le giuste competenze?

La strategia

Un report del Financial Times racconta diverse storie di buone pratiche. Una riguarda il settore pubblico: si tratta di un ospedale vicino a Manchester, nel nord-ovest dell’Inghilterra che ha utilizzato la tecnologia della realtà virtuale (VR) per formare i propri infermieri di terapia intensiva su come utilizzare una macchina per il trattamento di pazienti con lesioni renali importanti. Gli infermieri, dotati di visori VR e “palette” manuali, imparano così a utilizzare questa preziosissima macchina, in corsi online che includono video e valutazioni delle loro conoscenze: il personale impara a impostare la macchina, inserire una prescrizione e le informazioni riguardanti il paziente, incluso cosa fare in caso di emergenza. Dal canto loro, i manager possono monitorare i progressi della formazione attraverso un hub online: la formazione tramite realtà virtuale consente di risparmiare tempo e denaro perché gli infermieri possono apprendere in modo più flessibile. E salvare la vita dei pazienti in un periodo di tempo più breve.

Ilaria Donatio

Autore