Prende oggi il via uno spazio di osservazione sul mondo della scuola. È il punto di vista di un insegnante che quotidianamente la vive, provando anche a “pensarla”. Il titolo, Scuola Mobile, è più che altro un augurio. Anche un ossimoro, per la verità. Lo schema di gioco di un’aula (l’adulto al centro che parla, gli altri di fronte in ascolto, libri, quaderni e scrittura a mano) è più o meno la stessa di cento anni fa, e anche il digitale ha avuto un impatto di gran lunga inferiore rispetto ad altri contesti.

La scuola non si muove ma non è detto che sia un male in ogni senso. Loredana Perla è ordinario di Didattica e Pedagogia speciale all’Università di Bari. A lei il ministro Valditara ha appena affidato un compito importante, il coordinamento scientifico della Commissione di revisione delle Indicazioni Nazionali, il gruppo incaricato di rivedere i cosiddetti “programmi ministeriali”. Su di lei ha espresso preoccupazione Christian Raimo, collega professore e candidato alle europee con Avs, che nei giorni scorsi sui social ha segnalato alcuni contenuti del suo libro scritto a quattro mani con Ernesto Galli della Loggia, “Insegnare l’Italia. Una proposta per la scuola dell’obbligo”, cogliendo elementi di “distopia razzista e suprematista” nella centratura su una proposta educativa identitaria.

Il possibile cambio di paradigma

Noi abbiamo pensato invece di conversarci utilmente, incontrando una persona che pone al centro una domanda discutibile ma sensata, che ci interroga su un possibile cambio di paradigma: la scuola è per forza obbligata a seguire ciò che è fuori di sé, il mercato, il lavoro e il progresso, come ha fatto negli ultimi anni? E se il suo compito fosse proprio quello di isolarsi, creare un costante altro rispetto a ciò che succede fuori? Salvare il fuoco, nel turbine del cambiamento. Ma cosa è da salvare? È la domanda chiave su cui torneremo a discutere, che ne implica un’altra non meno importante, anzi la più sentita, per distacco, da tutti gli insegnanti italiani stremati in questo mese di maggio: cosa togliere?

Di questo e di altro diremo intorno alla scuola, questo immobile chiamato a essere motore per vocazione. Potenziare vite, superare limiti e schemi, formare e riformare è infatti il senso stesso dell’educare. Il giornalista Nicola Mirenzi – in un suo libro di qualche anno fa, “Pasolini contro Pasolini” – ha ripreso un botta e risposta polemico tra Pasolini e Calvino.

La mente mobile

Calvino, nel giugno del 1974, in un articolo sul Messaggero aveva scritto: “I giovani fascisti di oggi non li conosco e spero di non aver occasione di conoscerli”. Pasolini rispose pochi giorni dopo. “Augurarsi di non incontrare mai dei giovani fascisti è una bestemmia, perché, al contrario, noi dovremmo far di tutto per individuarli e per incontrarli. Essi non sono i fatali e predestinati rappresentanti del male: non sono nati per essere fascisti”. Non sono destinati a essere ciò che sono. Eccola, la “mente mobile” di un educatore. Pasolini era stato insegnante.

Pino Suriano

Autore