La procura dei veleni
Greco lascia la toga, e Storari se la gode: è sua l’inchiesta sul reddito di cittadinanza
Francesco Greco nel giorno in cui ha dato l’addio alla mitica procura di Milano per andare in pensione ha finito per prendere in giro tutti, e a cominciare da se stesso. «Lascio una procura organizzata e efficace» in effetti è l’ultima cosa che poteva dire. Greco non può non sapere di lasciare un ufficio allo sbando dopo che 59 sostituti lo avevano mandato letteralmente a quel paese firmando un documento che con l’occasione della solidarietà a Paolo Storari era soprattutto un esplicito disaccordo per il modo in cui negli ultimi cinque anni è stata gestita la procura.
E paradossalmente come se dovesse per forza piovere sul bagnato il giorno dopo le parole del procuratore nell’aula magna del triplice resistere di Borrelli campeggia sui siti dei giornaloni l’inchiesta coordinata proprio da Storari. In sintesi una banda di italiani e di romeni con una facilità impressionante accedevano al reddito di cittadinanza, truffando una ventina di milioni di euro e con la prospettiva di arrivare irrisoriamente a sessanta se non fosse intervenuta la guardia di finanza di Cremona. Ennesima dimostrazione che la legge sul reddito di cittadinanza era stata fatta senza prevedere anticorpi e controlli. Però Storari si gode il trionfo dopo aver evitato per il rotto della cuffia, il capo dell’ufficio stava sulle balle a quasi tutti i pm, il trasferimento in altra sede per aver consegnato a Piercamillo Davigo i verbali dell’avvocato Piero Amara.
E qui stiamo a parlare della goccia che ha fatto traboccare il vaso. Si illude non poco chi dice che il procuratore Greco non può essere giudicato solo per gli ultimi mesi del suo mandato e per il processo Eni dove l’ufficio dell’accusa aveva cercato di vincere puntando sulle dichiarazioni di Amara e Armanna cavalli più che azzoppati. I processi si possono anche perdere, è fisiologico, ma nel caso specifico c’era il veleno di aver mandato le carte a Brescia con l’obiettivo di indurre il presidente del collegio Marco Tremolada a astenersi perché Amara sosteneva che sarebbe stato “avvicinabile” da due avvocati della difesa, Nerio Diodà e l’ex ministro Paola Severino. Manovra sporca.
Greco comunque continua a godere di buona stampa. Viene incensato per aver recuperato un sacco di soldi a favore dell’orario dai colossi del web, ma senza spiegare che il magistrato si era sostituito all’Agenzia delle entrate trattando al suo posto. E ottenendo il versamento di somme largamente inferiori a quelle che sarebbero arrivate alla fine di un processo. Perché il compito dei procuratori resta quello di portare le persone davanti ai giudici non quello di recuperare denari per lo Stato.
Il Corriere della Sera ribadisce che la procura di Milano è stata un baluardo dell’indipendenza della magistratura, facendo riferimento soprattutto a Mani pulite. I padroni del Corriere allora sotto schiaffo del pool per altre loro attività appoggiarono l’inchiesta ottenendo in cambio di farla franca, tanto per usare un concetto caro a Davigo. Che nell’aula magna a sentire l’autoincensamento di Greco non c’era. I due se le sono date di santa ragione sui giornali e a verbale davanti ai pm di Brescia. Si sono minacciati a vicenda di querela. Greco ha detto che Davigo prendeva i verbali di Amara dalle mani di Storari perché voglioso di vendicarsi dell’ex alleato al Csm Ardita. Davigo ha ribadito le accuse a Greco di non aver proceduto con le iscrizioni tra gli indagati delle persone chiamate in causa da Amara. Probabilmente hanno ragione entrambi. Ma non sono i risvolti penali della vicenda gli aspetti più interessanti.
Finisce un’epoca mentre a grandi passi si avvicina il trentesimo compleanno di Mani pulite. Nell’aula magna Antonio Di Pietro e Gherardo Colombo hanno affermato che allora si limitarono a fare il loro dovere, “pagandone le conseguenze” “e quante ce ne hanno fatte”. Fu una una guerra tra le classi dirigenti del paese. La magistratura saltava al collo di una politica indebolita per riscuotere il credito acquisito ai tempi della madre di tutte le emergenze. Quando Greco giovanissimo sostituto faceva parte di una pattuglia minoritaria ma combattiva che dall’interno di Md si opponeva alle leggi e alla pratica dell’emergenza mentre il suo ufficio ignorava l’allarme dei giovani del collettivo autonomo della Barona che sostenevano di aver subito torture in questura. Poi l’emergenza diventava infinita oltre che prassi normale di governo. E Francesco Greco uomo di potere. Con un fine carriera “un po’ così” diciamo eufemisticamente.
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