Fiducia sul negoziato ma anche sano realismo. Gli incontri di Berlino non hanno avuto (né dovevano avere) come effetto quello di arrivare alla pace in Ucraina. Tuttavia, i due vertici, quello tra Volodymyr Zelensky e gli inviati americani e quello con i leader europei alleati di Kyiv, hanno rafforzato l’idea che questo percorso può essere fatto assieme. Un Occidente che non si è spaccato, come non è naufragata la partnership tra Stati Uniti e Ucraina. E i commenti giunti dopo il primo summit, cioè quello tra Zelensky, Steve Witkoff e Jared Kushner, hanno dimostrato che, ancora una volta, esiste lo spazio per trattare un’intesa che non sia una resa senza condizioni alla Russia.

Dai membri dell’amministrazione Usa sono stati lanciati segnali di forte ottimismo. Forse eccessivi, per qualche osservatore, ma utili a rafforzare l’idea del presidente Donald Trump di una pace raggiungibile in tempi rapidi. Alcuni funzionari che hanno parlato alla stampa hanno annunciato addirittura che tra Russia e Ucraina sarebbe già stato risolto il “90%” delle questioni. Sempre gli stessi funzionari hanno piegato che il summit tra delegati ucraini, statunitensi ed europei è stato “realmente positivo sotto ogni aspetto”, al punto da avere raggiunto il “consenso” su diverse “questioni critiche”. Ma lo slancio di Washington deve essere messo a sistema con le dichiarazioni da parte di Zelensky e le indiscrezioni della stampa internazionale che confermano la necessità di una certa cautela.

Il presidente dell’Ucraina ha sottolineato che le posizioni tra Kyiv e Washington sulle concessioni territoriali (cioè su Donbass e centrale nucleare di Zaporizhzhya sono “diverse”. “Ci sono questioni complesse, in particolare quelle relative ai territori. Francamente, abbiamo ancora posizioni diverse”, ha dichiarato Zelensky a Berlino. La stessa Reuters ha sottolineato come nelle oltre otto ore di negoziati si sono riaffermati diversi punti critici, anche se Trump sembra sia rimasto particolarmente soddisfatto dai resoconti giunti dalla capitale tedesca. E l’impressione è che i passi in avanti siano stati realizzati anche per un maggiore impegno da parte della Casa Bianca sulle garanzie la sicurezza per l’Ucraina. Rassicurazioni che dovranno essere formalizzate, ma che appaiono molto simili a quelle dell’articolo 5 della Nato pur senza una formale adesione di Kyiv all’Alleanza atlantica. E che sono state sottolineati anche da Friedrich Merz.Abbiamo la possibilità di una vera pace in Ucraina” ha detto il cancelliere tedesco, che ha definito le garanzie di sicurezza offerte dagli Stati Uniti come “un importante passo in avanti”.

Da Berlino, che ha visto tra i leader presenti anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, gli indizi sono quindi positivi. Almeno sulla tenuta del blocco occidentale e dell’asse triangolare tra Washington, “volenterosi” e Kyiv. Ma tutto passa anche dalle decisioni della Russia e dalla sua volontà di continuare a premere a livello militare. I funzionari statunitensi hanno detto che ieri “Trump è molto concentrato sul raggiungimento di una soluzione a questo conflitto che impedisca definitivamente ai russi di avanzare verso ovest”. Ma per frenare l’allargamento della sfera di influenza russa, tutto dipende da come sarà definita la pace in Ucraina. Da Kyiv hanno ribadito che continuano a esserci forti pressioni degli Stati Uniti affinché Zelensky ceda il Donbass.

Il Consigliere per la politica estera di Vladimir Putin, Yuri Ushakov, ha ricordato in una intervista che Mosca si basa sul piano in 28 punti e non accetterà alcuna modifica. E che “sulle questioni territoriali” o su una trattativa su unazona cuscinetto” nel Donbass non saranno accettati emendamenti. Ma l’Alta Rappresentante Ue per la Politica estera dell’Unione europea, Kaja Kallas, ieri è stato chiara. “Se Putin conquista il Donbass, la fortezza crolla e allora sicuramente passerà alla conquista dell’intera Ucraina. E sapete, se l’Ucraina cade, anche altre regioni sono in pericolo” ha ammesso Kallas. E questo, per l’Europa, è un tema cruciale.