Economia
I dati dell’Istat incoraggiano Meloni e Giorgetti: c’è il tesoretto per la manovra. Ma le tasse sono in crescita
Per il governo guidato da Giorgia Meloni ci sono due buone notizie, rese note ieri, che riguardano l’economia. La prima è che i conti pubblici italiani tengono, anzi migliorano leggermente. La seconda è che la conferma delle stime fatte dall’Istat per il 2024 consentiranno all’esecutivo di pensare e scrivere la prossima Legge di Bilancio con più tranquillità. Una cosa, però, appare subito chiara: non si potranno accontentare tutte le richieste dei partiti che sostengono la maggioranza. Sempre che non si decida di far crescere il debito pubblico, opzione che causerebbe non pochi problemi a tutto il sistema Paese. C’è comunque anche un elemento che deve far riflettere: cresce la pressione fiscale media italiana.
I numeri
Cominciamo con i valori positivi. La stima fatta lo scorso anno sul Prodotto interno lordo del 2024 è stata confermata dall’Istat. Il Pil è cresciuto dello 0,7%. Migliora invece quello del 2023, che è cresciuto di ben 11,2 miliardi di euro, portando il valore ad 1% pieno. Nel 2024 gli investimenti fissi lordi sono aumentati in volume dello 0,5%, i consumi finali nazionali dello 0,6%, le esportazioni di beni e servizi sono risultate stazionarie e le importazioni sono scese dello 0,4%.
Il deficit positivo
Per quanto riguarda l’indebitamento dello Stato – l’Istat parla di “indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche” – nel 2024 il rapporto deficit/Pil è stato pari al 3,4%. Un miglioramento enorme, considerando che l’anno precedente era al 7,2%. I numeri del debito sono positivi: il saldo primario, cioè l’indebitamento netto meno la spesa per gli interessi, è stato positivo dello 0,5%. Sono questi i numeri che giustificano anche il rating migliorato da parte dell’agenzia Fitch che, nella notte di venerdì 19 settembre, ha innalzato il livello di valutazione del debito pubblico italiano da BBB a BBB+.
Migliora il sistema di incasso da parte dello Stato. Le entrate correnti hanno registrato una crescita del 5,8%, attestandosi al 46,7% del Pil. In particolare, le imposte dirette sono aumentate del 6,7%, principalmente per l’aumento dell’Irpef (l’imposta sul reddito delle persone fisiche), dell’Ires (imposta sul reddito delle società) e delle ritenute sugli interessi e sui redditi da capitale. In aumento anche le imposte indirette, con una crescita anch’essa marcata (+6,1%) dovuta ad aumenti significativi dell’Iva, Irap e dell’imposta sull’energia elettrica, quest’ultima ritornata sui livelli precedenti la crisi energetica per il ripristino degli oneri generali del sistema energetico.
Le tasse in crescita
Tra le notizie non proprio positive c’è la crescita della pressione fiscale complessiva: è salita al 42,5% ed era pari al 41,2% nel 2023. Il dato risulta in crescita perché, come spiega proprio l’Istat, sono aumentate le entrate fiscali: “L’aumento è dovuto ad un aumento delle entrate fiscali e contributive (5,8%) superiore rispetto a quello del Pil a prezzi correnti”.
La Finanziaria
A questo punto il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, potrà pianificare una Finanziaria con maggiore serenità. Bisogna ancora aspettare per quantificare il “tesoretto”, ma il trend positivo dei conti è oramai acquisito. Proprio domenica scorsa, il leghista ha spiegato che “il taglio delle imposte sui redditi si potrà fare ma tenendo il Bilancio dello Stato in sicurezza”. Gli ha fatto eco il suo vice, Maurizio Leo. I dati Istat pubblicati ieri “sono sicuramente positivi” e sono “la dimostrazione che lavorare bene e con prudenza premia sempre”.
La prudenza invocata dagli esponenti dell’esecutivo mette in serio rischio la possibilità di attuare tutte le misure che vorrebbero le forze di maggioranza. Oltre al taglio dell’Irpef, infatti, la Lega si batte per una nuova “rottamazione” delle cartelle esattoriali. Senza contare la necessità di mantenere fede agli impegni con la Nato di aumentare le spese per la Difesa e andare incontro alle richieste di Confindustria, quantificate in 8 miliardi di euro. Il tutto deve essere fatto con prudenza per consentire al Paese di uscire dalla procedura di infrazione che l’Unione europea ha aperto per eccesso di debito. Insomma, le promesse vanno mantenute certamente, soprattutto quelle elettorali. Quando mantenerle, tocca alla politica deciderlo.
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