Cultura
I verbali segreti della conferenza antianarchica: una piccola ma preziosa scoperta storiografica
È una piccola ma preziosa scoperta storiografica quella dello studioso dell’anarchismo, nonché fine cultore del diritto, Giulio Saletti, che ha ritrovato materiali inediti relativi a un passaggio cruciale della storia italiana, quello di fine secolo – parliamo dell’Ottocento –, cioè il momento in cui si esprime a livello governativo il massimo della politica reazionaria poco prima della svolta dell’età giolittiana, che ne fu in un certo senso l’antitesi.
Bene, in questo contesto si tenne a Roma (24 novembre-21 dicembre 1898) la Conferenza internazionale per la difesa contro gli anarchici, di cui Saletti pubblica i verbali segreti. Il grosso volume, intitolato appunto «I verbali segreti della conferenza antianarchica – Il primo vertice internazionale contro il terrorismo» (edizioni Malamente), colma una lacuna nella pur vastissima storiografia sull’anarchismo e pone una serie di problemi non solo di carattere storico ma anche giuridico. Dunque, per quasi un mese, riuniti a palazzo Corsini a Roma, 54 delegati in rappresentanza di 21 Paesi discussero e si confrontarono su misure repressive e di controllo sovranazionali per contrastare gli attentati e la propaganda anarchica. I lavori, presieduti dal ministro degli Esteri italiano, l’ammiraglio Felice Napoleone Canevaro, si svolsero a porte chiuse e gli atti furono segretati.
Interessante la notazione del curatore dell’opera sulla centralità dell’anarchismo come principale soggetto sovversivo: «È principalmente attorno all’anarchismo che si va concentrando, ritagliando e raffinando una “giurisdizione penale del nemico” attraverso l’invenzione del delitto sociale (in realtà coincidente con il “delitto anarchico”) quale stabile e organico stato di eccezione che ingloba e va oltre il “duplice livello di legalità” – norme del fatto e della colpevolezza/norme del sospetto e della pericolosità – alla base degli ordinamenti penali». Di qui la conclusione criminologica secondo la quale gli anarchici sono considerati «ennemis du genre humain», un giudizio che va oltre la “politicità” del fenomeno anarchico. Con queste premesse è chiaro che la Conferenza di Roma segnò un punto a favore dell’idea e dell’azione ultrareazionaria, fu cioè «una occasione di rilancio e nuovo impulso – nel gioco d’intreccio e di reciproca influenza tra politica interna e politica estera – a quell’organico disegno reazionario contro le masse operaie e contadine» che l’Italia conosceva già da qualche anno.
Il volume di Saletti pertanto offre agli studiosi nuovo materiale per cogliere un punto importante prima della svolta che avvenne un anno e mezzo dopo a Monza, quando Umberto I cadde sotto i colpi proprio di un anarchico, Gaetano Bresci: «La morte del re, che ha la forza simbolica della cesura epocale, e l’inversione decisa di indirizzo impressa dal successore Vittorio Emanuele III rendono inagibile qualsiasi tentativo di ritorno alla reazione. È cambiato il clima politico, l’età giolittiana e la svolta liberale sono alle porte».
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