Nel pieno del clima festivaliero veneziano, tra tappeti rossi, première internazionali e riflettori puntati sul cinema d’autore, c’è una notizia che passa quasi sottotraccia ma che meriterebbe ben altra attenzione: la straordinaria crescita e consolidazione della produzione cinematografica nigeriana, meglio conosciuta con il nome di Nollywood. Un fenomeno che, a dispetto della relativa marginalità nei grandi circuiti festivalieri europei, rappresenta oggi la seconda realtà culturale e industriale al mondo, con un impatto sociale ed economico che non ha eguali nel continente africano.

Nollywood: seconda solo all’India, terza per fatturato

La Nigeria con una media che oscilla tra i 2.000 e i 2.500 titoli realizzati ogni anno è seconda solo all’India ed è terza per fatturato dopo Usa e Bollywood. Un ritmo produttivo impressionante, che genera un fatturato superiore al miliardo di dollari e garantisce occupazione a oltre un milione di persone, tra attori, registi, tecnici e maestranze. Paese dalle contraddizioni sociali profonde, dove la disoccupazione giovanile è una piaga diffusa, il cinema è diventato un motore di sviluppo economico oltre che culturale, contribuendo a formare nuove competenze e a dare voce a una generazione di autori e spettatori che si riconosce in storie capaci di parlare tanto al locale quanto al globale. L’assenza di grandi capitali è stata compensata, nel tempo, da un forte spirito di adattamento, dall’uso di tecnologie digitali accessibili e da una filiera corta che consente di ridurre tempi e costi. Questo approccio, lontano dagli standard hollywoodiani basati su mega-produzioni e special effects, ha favorito una narrazione più diretta, ancorata al vissuto quotidiano, e ha permesso al pubblico di riconoscersi nei personaggi e nelle dinamiche rappresentate.

La popolarità

La forza di Nollywood non risiede soltanto nei numeri ma nella capacità di raccontare storie universali attraverso la lente della cultura nigeriana e africana. Commedie, drammi, thriller e melodrammi attingono a piene mani alla tradizione orale del Paese, alle sue musiche, alle danze, ai canti popolari e a quella vivacità artistica che da sempre caratterizza la Nigeria. Questi elementi tradizionali si intrecciano con tematiche contemporanee – dalla vita urbana alle questioni politiche, dai conflitti familiari ai dilemmi generazionali – generando un linguaggio ibrido che risuona profondamente non solo in Africa ma anche in America Latina e nel Sud-Est asiatico, regioni con contesti sociali e culturali affini per complessità e dinamiche. Il titolo di maggior successo è “The Black Book”, diretto da Editi Effiong, che nel 2023 ha scalato le classifiche di Netflix fino a diventare, per quasi una settimana, il film più visto a livello mondiale. Un risultato straordinario che ha visto la pellicola imporsi non solo in Africa, ma anche negli Stati Uniti, in Brasile, in Corea del Sud e in tanti altri Paesi, dimostrando che le storie nigeriane sono perfettamente in grado di dialogare con sensibilità e pubblici lontani.

Una delle industrie creative più dinamiche del pianeta

Questo successo non è casuale: è il frutto di un percorso che ha radici lontane. Nollywood nasce negli anni ’90, quando la diffusione delle videocassette a basso costo rese possibile una produzione artigianale ma capillare di film destinati al mercato interno. Quello che inizialmente sembrava un fenomeno marginale si è trasformato in pochi decenni in una delle industrie creative più dinamiche del pianeta. La capacità di sfruttare tecnologie economiche e facilmente reperibili ha permesso al cinema nigeriano di crescere senza dipendere da grandi infrastrutture e, soprattutto, di mantenere una relazione stretta con il pubblico locale. Questo legame diretto ha consolidato una domanda costante di contenuti, alimentando un circolo virtuoso di produzione e consumo.

L’immaginario collettivo

Ma Nollywood non è solo economia: è anche e soprattutto cultura, identità, soft power. Attraverso i suoi film, la Nigeria ha saputo costruire un immaginario collettivo che rafforza il senso di appartenenza nazionale e, al tempo stesso, contribuisce a diffondere all’estero un’immagine diversa del Paese, lontana dagli stereotipi legati esclusivamente a povertà e conflitti. In questo senso, il cinema diventa un vero e proprio strumento di diplomazia culturale, capace di raccontare la vitalità e la complessità della società nigeriana a un pubblico internazionale.

La sfida che attende la Nigeria nei prossimi anni è duplice. Da un lato, continuare a crescere industrialmente, migliorando la qualità tecnica e narrativa delle produzioni senza perdere quella freschezza e immediatezza che hanno conquistato milioni di spettatori. Dall’altro, consolidare la propria presenza nei circuiti festivalieri e nei mercati internazionali più prestigiosi, guadagnando lo spazio che merita anche a fianco delle cinematografie tradizionalmente più celebrate. Se la Mostra di Venezia e gli altri grandi festival europei riusciranno a dare maggiore visibilità a queste opere, sarà possibile arricchire ulteriormente il panorama culturale globale con voci nuove e originali.

In definitiva, Nollywood non è più soltanto un fenomeno “locale” o una curiosità statistica per la sua straordinaria capacità produttiva: è un laboratorio vivo, un’industria che mescola tradizione e modernità, artigianato e ambizione internazionale. È la dimostrazione che il cinema, quando sa parlare in modo autentico alle persone, può diventare non solo un intrattenimento, ma anche una forza economica e culturale di trasformazione. E se oggi a Venezia e negli altri festival europei si raccontano i successi del cinema globale, forse è arrivato il momento di riconoscere che una parte importante di quel futuro parla con accento nigeriano.