Accrescere l'influenza
La rimonta della Cina: mentre Trump aumenta i dazi, Xi Jinping li toglie all’Africa

Lo scorso 12 giugno, durante un incontro con alcuni Ministri africani nella città di Changsha, nella regione dell’Hunan, il Ministro degli Esteri cinese Wanh Yi ha annunciato l’intenzione del Governo di Pechino di eliminare le barriere doganali su una serie di prodotti in provenienza da 53 dei 54 Stati africani. L’unico Paese a non beneficiare dell’apertura di Pechino all’ingresso in esenzione delle merci dall’Africa sarà Eswatini (ex Swaziland), a causa delle sue relazioni privilegiate con Taiwan.
La rimonta della Cina
La decisione della Cina nei confronti del Continente africano è volutamente in contrapposizione rispetto all’introduzione in USA dei dazi generalizzati decisi dal Presidente Trump; per l’Africa essi sono fissati al momento al 10%, ma potranno crescere fino ad oltre il 50% verso alcuni Paesi in futuro. Pechino tenta quindi di profittare dello scarso interesse dell’Amministrazione Trump per l’Africa per accrescere la sua influenza commerciale (ma anche politica) nel Continente, anche se i prodotti africani in esenzione sono ancora da definire a seguito di negoziati bilaterali con ciascuno degli Stati africani. L’annuncio cinese sull’eliminazione delle tariffe doganali è stato accolto molto positivamente in Africa, anche perché può consentire di bilanciare un forte surplus commerciale di cui la Cina ha finora goduto nel Continente. L’import/export fra Cina ed Africa, valutabile intorno ai 14 miliardi di dollari nel 2000, è salito fino a toccare 250 miliardi di dollari nel 2024, ma con uno sbilanciamento complessivo a favore di Pechino di circa 62 miliardi di dollari.
Gli esportatori
Quello americano, prima delle tariffe trumpiane, era di circa 71 miliardi; quello dell’Ue con l’Africa di oltre 500 miliardi (di cui circa 57 miliardi relativi al trade Italiano). I principali Paesi esportatori del Continente verso Pechino sono il Kenya, il Sud Africa, la Nigeria, il Marocco, l’Angola e l’Egitto, con una forte componente di idrocarburi, carbone, e terre rare. Verso Paesi meno avanzati, come ad esempio quelli della fascia saheliana, la Cina ha promesso ulteriori misure di supporto, come speciali operazioni promozionali, formazione professionale, ed incentivi settoriali. D’altronde, l’interesse cinese verso il Continente africano è sempre stato prevalentemente orientato al lato economico-commerciale delle relazioni, dove oltre agli scambi di merci Pechino vanta la parte del leone anche per quanto riguarda la costruzione di infrastrutture come porti, aeroporti, dighe, strade, ferrovie, quartieri cittadini, stadi etc.
I calcoli
Si calcola che la Cina da sola abbia costruito circa il 33 per cento delle opere infrastrutturali realizzate nel Continente africano, e ne abbia finanziato almeno il 25%, contribuendo però in maniera determinante a far crescere il problema del debito africano, pari in media a circa il 75% del GDP Continentale. Se lo scopo degli Stati Uniti è di ridurre progressivamente l’influenza cinese in Africa, il favore di Trump per i dazi rischia di essere un clamoroso autogol, tanto più che all’orizzonte di delinea lo stop di Washington, il prossimo settembre, al Trattato AGOA (African Growth and Opportunity Act), che ha consentito dal 2000 l’introduzione in esenzione doganale in territorio americano di numerosi prodotti essenziali dei principali Paesi africani partner degli USA. Non c’è quindi da sorprendersi se l’Africa continua a guardare prevalentemente alla Cina per la sua crescita economica futura.
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